Lo stato di New York ha introdotto il primo obbligo al mondo di dichiarare esplicitamente quando i prezzi vengono determinati attraverso algoritmi che utilizzano dati personali dei consumatori. Da luglio, chi acquista online o prenota un servizio di trasporto nella Grande Mela potrebbe trovare accanto al prezzo un avviso che recita: "Questo prezzo è stato stabilito da un algoritmo utilizzando i tuoi dati personali". Si tratta di una svolta che promette di ridefinire il rapporto tra aziende e consumatori nel delicato equilibrio tra efficienza tecnologica e fiducia del mercato.
Il paradosso della fiducia nell'era digitale
La questione che emerge da questa nuova normativa tocca il cuore stesso del commercio moderno: la trasparenza genera davvero fiducia o finisce per allontanare i clienti? Gli studi sul comportamento dei consumatori rivelano una contraddizione affascinante nel mondo del pricing dinamico. Molti acquirenti percepiscono i prezzi personalizzati come intrinsecamente ingiusti, anche quando questi riflettono semplicemente le dinamiche reali di domanda e offerta del mercato.
Le app di ride-hailing hanno già sperimentato questa resistenza durante le emergenze, quando i prezzi aumentano drasticamente per gestire la domanda. Analogamente, i passeggeri delle compagnie aeree si mostrano spesso infastiditi dalle oscillazioni quotidiane dei biglietti, mentre gli acquirenti online sospettano manipolazioni quando i prezzi cambiano dopo aver abbandonato il carrello della spesa.
Dalla sala giudiziaria alle etichette digitali
Il pricing algoritmico è già finito nel mirino dei tribunali americani, con casi che spaziano dall'antitrust alla discriminazione. Il Dipartimento di Giustizia ha accusato RealPage, software per la determinazione dei prezzi degli affitti, di aver permesso ai proprietari di coordinare illegalmente i canoni di locazione. Anche il settore alberghiero affronta class action simili riguardo agli strumenti di revenue management utilizzati per ottimizzare le tariffe.
Delta Air Lines rappresenta un caso emblematico in questo dibattito. La compagnia aerea ha respinto le accuse di utilizzare l'intelligenza artificiale per stabilire tariffe individualizzate, specificando di affidarsi esclusivamente a dati aggregati per analizzare rotte, domanda e concorrenza, senza collegare informazioni personali ai singoli clienti.
Una competizione dalle regole inedite
Mentre molte aziende considereranno la disclosure come un semplice adempimento burocratico, altre potrebbero trasformarla in un'opportunità strategica. La National Retail Federation, pur contestando la legge newyorkese, ha sostenuto che gli algoritmi di pricing aiutano i membri a offrire costi più bassi ai consumatori, essenzialmente promuovendo il messaggio "i nostri algoritmi ti fanno risparmiare in tempo reale".
All'estremo opposto, alcune imprese potrebbero scegliere di posizionarsi come "algorithm-free" o "fair-priced", puntando su clienti che valorizzano la prevedibilità e la trasparenza rispetto alle continue fluttuazioni. Questi due approcci suggeriscono che la disclosure algoritmica potrebbe scatenare una nuova forma di concorrenza, non solo sui prezzi, ma sulla modalità stessa con cui il pricing viene presentato ai consumatori.
L'eco globale di una rivoluzione locale
L'iniziativa newyorkese non è un fenomeno isolato. Seattle ha già valutato di vietare completamente gli algoritmi per la determinazione degli affitti, mentre il Canada dibatte se applicare regole anti-cartello agli strumenti di pricing algoritmico. L'Europa, con il suo AI Act, potrebbe stabilire standard ancora più rigorosi, creando un panorama normativo globale in rapida evoluzione.
La questione che le aziende devono affrontare non riguarda più soltanto la conformità legale nell'uso degli algoritmi di pricing. Il vero interrogativo è se i clienti, una volta informati che i loro dati influenzano i prezzi, continueranno ad acquistare, e se alcuni concorrenti sapranno trasformare la trasparenza stessa in un punto di forza competitivo. In un mercato dove la disclosure diventa obbligatoria, il elemento differenziante potrebbe risiedere proprio nel modo in cui le aziende presentano l'uso degli algoritmi: come una caratteristica vantaggiosa o come un difetto da nascondere.