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Safe Harbor: e ora come proteggere i dati?

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IT Pro

Safe Harbor: e ora come proteggere i dati?

di Giuseppe Saccardi giovedì 4 Febbraio 2016 17:41
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Il termine "Safe Harbor" si riferisce a un accordo tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti. L'accordo era stato adottato dalla Commissione Europea già nel 2000 e consentiva alle aziende di trasferire i dati personali da un paese dell'Unione Europea agli Stati Uniti in conformità con la Direttiva UE sulla protezione dei dati.

All'inizio dello scorso ottobre, dopo che i dubbi crescevano continuamente, la Corte di Giustizia europea ha stabilito che Safe Harbor non garantiva un'adeguata protezione ai trasferimenti di dati tra Europa e Stati Uniti e ha dichiarato l'accordo nullo. L'invalidazione di Safe Harbor, osserva Acronis, solleva interrogativi e problemi a molte aziende per quanto riguarda la protezione e la condivisione dei dati nel cloud.

Acronis it manager alone
Che fare senza un porto sicuro?

Esistono due modi, continua Acronis, per memorizzare i dati senza rischi e, se necessario, utilizzare i dati nel cloud. Una possibilità è che l'utente – privato o azienda che sia – individui un provider di cloud i cui centri dati siano gestiti in Europa. In alternativa, le aziende hanno la possibilità di creare propri cloud privati ​​e utilizzarli per fornire dati nonché risorse e applicazioni informatiche ai propri dipendenti. Il mercato presenta diverse scelte nel caso di entrambi gli approcci.

Se una società sceglie di utilizzare un'architettura di cloud pubblico, sarà necessario un provider di servizi cloud adeguato e affidabile. La massima priorità in tal caso è di garantire che le risorse dei centri dati del provider siano situate in Europa.

Acronis per esempio, spiega la società, gestisce centri dati a Francoforte, Strasburgo e Londra, a supporto di imprese europee dotate di servizi di protezione dei dati molto flessibili. I dati non escono dall'Europa e gli utenti hanno la possibilità di scegliere tra un'ampia gamma di servizi cloud. I servizi includono il backup dei dati, il ripristino in caso di disastro nonché la sincronizzazione e condivisione dei file, tutti basati su un'architettura cloud ibrida in grado di garantire una doppia protezio-ne agli utenti finali.

Gli accordi sul livello di servizio che riguardano come e quando i dati sono memorizzati e le condizioni secondo cui sono ritrasferiti dovrebbero essere le considerazioni chiave nella scelta di un provider di servizi di protezione dati su cloud. L'utente finale dovrebbe anche tener conto del livello di codifica (encryption) del provider al fine di impedire eventuali abusi accidentali o mirati dei dati.

La seconda opzione per garantire la sicurezza della protezione dei dati, nonché del loro accesso e condivisione in una struttura su cloud è effettivamente più complessa, tuttavia assicura alle aziende un maggiore controllo sui dati aziendali e le informazioni digitali sensibili: un'architettura di cloud privato.

Il cloud privato non è influenzato dalle implicazioni di Safe Harbor e permette l'utilizzo di una vasta gamma di servizi su base cloud come Acronis Advanced Access, in sostituzione di applicazioni come Box o Dropbox, che probabilmente non dovrebbero essere utilizzate in considerazione delle variazioni riguardanti Safe Harbor.

I dipendenti possono utilizzare in modo sicuro qualsiasi dispositivo per accedere, sincronizzare e condividere file con altri dipendenti, clienti, partner e fornitori. Le sorgenti di dati supportate includono file server, NAS, SharePoint e sistemi CMIS compatibili come Alfresco o EMC Documentum.

di Giuseppe Saccardi
giovedì 4 Febbraio 2016 17:41
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