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Sorvegliati alla guida: un prezzo troppo alto per la sicurezza stradale?

L’uso di telecamere intelligenti per la sicurezza stradale solleva dubbi sulla privacy: serve un equilibrio tra prevenzione, legalità e tutela dei diritti nello spazio pubblico digitale.

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a cura di Avv. Giuseppe Croari

avv.

Pubblicato il 27/03/2025 alle 18:00

L’uso del telefono alla guida è tra le principali cause di incidenti stradali, spesso con esiti gravi o letali. Per contrastare questo fenomeno, l’Italia si prepara a introdurre sistemi di sorveglianza automatizzati: telecamere intelligenti in grado di rilevare chi utilizza il cellulare al volante.

Tecnologie simili sono già operative sia in Italia sia in altri Paesi, come il caso del progetto Cerbero a Roma. In poche parole, le videocamere osservano gli automobilisti e rilevano in modo automatico le infrazioni, in particolare l’uso del cellulare. In un secondo momento un agente verifica l’infrazione ed eleva la multa. Altri esperimenti sono in corso in Toscana, 

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Un sistema molto efficiente per assicurarsi di intercettare tutte le infrazioni, ma anche una visione che solleva interrogativi legittimi sul rispetto della privacy e sulla protezione dei dati personali. Fino a che punto può spingersi l’osservazione elettronica per tutelare la sicurezza stradale? E qual è il limite, se ce n’è uno, dove bisogna fermarsi per non ledere altri diritti individuali? 

Telecamere intelligenti: quali sono i rischi per la privacy?

L’impiego di telecamere con algoritmi di riconoscimento automatico solleva alcune criticità giuridiche. In particolare, bisogna valutare:

  • Base giuridica del trattamento: Secondo il GDPR (Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati), per raccogliere immagini dei conducenti è necessaria una chiara base giuridica. Il trattamento dei dati biometrici, se presente, richiederebbe il consenso esplicito o una giustificazione adeguata da parte delle autorità competenti.
  • Principio di proporzionalità: La videosorveglianza stradale deve rispettare il principio di necessità e proporzionalità. Se l'obiettivo è migliorare la sicurezza, l’uso della tecnologia deve essere bilanciato con il diritto alla riservatezza degli automobilisti.
  • Conservazione e gestione dei dati: Quali immagini verranno archiviate? Per quanto tempo? Chi avrà accesso ai dati e con quali garanzie di sicurezza? Sono domande essenziali per valutare la conformità del sistema alle normative sulla protezione dei dati.

Diversi esperti in materia di diritto delle tecnologie e tutela dei diritti digitali hanno sollevato preoccupazioni crescenti circa il rischio di normalizzazione della sorveglianza algoritmica. In assenza di un quadro normativo puntuale e di meccanismi effettivi di controllo, l’adozione di tecnologie intelligenti per il monitoraggio stradale potrebbe rappresentare un pericoloso precedente, legittimando pratiche di sorveglianza generalizzata in spazi pubblici. 

 

Se non adeguatamente regolato, questo tipo di monitoraggio può trasformarsi in uno strumento eccessivamente invasivo, in grado di raccogliere informazioni su milioni di cittadini in modo indiscriminato, senza un controllo democratico effettivo né una possibilità reale per gli interessati di opporsi o chiedere chiarimenti.

Non va trascurato il fatto che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha più volte ribadito, in sentenze relative alla conservazione dei dati e alla videosorveglianza, che ogni ingerenza nel diritto alla privacy deve essere strettamente necessaria e proporzionata, anche se motivata da finalità di sicurezza. Di conseguenza, in mancanza di garanzie forti – come la trasparenza delle tecnologie utilizzate, la supervisione da parte di autorità indipendenti e la possibilità per i cittadini di conoscere e contestare i trattamenti subiti – il ricorso a telecamere intelligenti potrebbe rivelarsi non solo discutibile sul piano etico, ma anche vulnerabile dal punto di vista giuridico, fino a essere impugnabile in sede amministrativa o costituzionale.

Privacy a rischio anche dentro l’automobile

Le preoccupazioni sulla privacy non riguardano solo i dispositivi di monitoraggio stradale, ma anche le nuove tecnologie dentro alle auto stesse. Un caso emblematico è Tesla, le cui auto elettriche sono dotate di videocamere interne che monitorano il conducente e i passeggeri.

Secondo diverse indagini, Tesla utilizza queste videocamere per:

  • Verificare il livello di attenzione del conducente mentre è attivo l’Autopilot.
  • Registrare immagini senza il consenso esplicito dell’utente.
  • Potenzialmente raccogliere dati per scopi di miglioramento dell’intelligenza artificiale o di sicurezza.

Nel 2023, l’Autorità olandese per la protezione dei dati ha richiamato Tesla, evidenziando il rischio che le immagini registrate dalle auto potessero violare la normativa europea sulla privacy. Inoltre, un’indagine di Reuters ha rivelato che alcuni dipendenti Tesla avevano condiviso internamente video registrati dalle auto, sollevando gravi preoccupazioni sull’uso improprio delle informazioni raccolte.

Anche Volkswagen è finita al centro di polemiche per violazioni della privacy. Secondo un’indagine recente, un database contenente dati sensibili di clienti e concessionarie Volkswagen è stato lasciato esposto online senza protezione, mettendo a rischio le informazioni personali di milioni di utenti.

Tra i dati compromessi ci sarebbero:

  • Nomi, indirizzi e contatti personali.
  • Dati di identificazione delle auto e numeri di targa.
  • Informazioni finanziarie sui pagamenti e sui leasing.

In questo caso il problema è diverso da quello di Tesla, perché nel caso del brand tedesco si tratta di una gestione non attenta dei dati, con la conseguente esposizione di dati sensibili. I produttori di auto, come qualunque altra azienda in Europa, dovrebbero trattare i dati con grande attenzione e nel rispetto della normativa. 

Tuttavia cose del genere a volte accadono e a farne le spese sono proprio quei consumatori che hanno affidato i propri dati a un’azienda di cui si fidavano. Volkswagen ha dichiarato di aver risolto la vulnerabilità, ma il danno alla fiducia dei clienti rimane significativo. 

Resta quindi evidente che anche le case automobilistiche devono necessariamente adottare misure rigorose per proteggere i dati dei propri utenti, specialmente in un’epoca in cui le auto sono sempre più connesse a internet e ai servizi digitali.

Il difficile equilibrio tra tecnologia e diritti individuali

Quando si parla di sicurezza stradale (e non solo), l’uso della tecnologia appare sempre più spesso come una risposta inevitabile - in particolare soluzioni di sorveglianza. Dispositivi capaci di riconoscere comportamenti pericolosi, come l’uso del cellulare alla guida, promettono di ridurre gli incidenti e di salvare vite. Ma c’è una domanda che raramente viene posta con chiarezza: che cosa intendiamo per “sicurezza”? E in che misura possiamo accettare di ledere altri diritti - come quello alla privacy - in favore di una maggiore sicurezza? E come si misura il miglioramento della sicurezza? 

Una sicurezza costruita a scapito di altri diritti fondamentali rischia di non essere vera sicurezza, ma piuttosto un equilibrio instabile tra controllo e rinuncia.

Il problema, dunque, non è solo giuridico o tecnico, ma profondamente politico e culturale: come possiamo stabilire quando una misura è davvero efficace? Quali sono i criteri oggettivi per misurare il miglioramento della sicurezza? E in che modo possiamo confrontare, in modo trasparente e democratico, l’efficacia di un sistema con il costo in termini di diritti individuali?

La privacy non è un lusso o un ostacolo alla sicurezza: è una condizione strutturale della libertà. In uno Stato di diritto la decisione su quale diritto sia più importante, in un dato momento storico, si può prendere solo con un dibattito pubblico, e un processo decisionale basato su evidenze e fondato sulla legalità. Il rischio, altrimenti, è che la logica dell’emergenza diventi permanente, e che la sorveglianza tecnologica, da strumento, si trasformi in fine.

Una politica pubblica che ambisca alla legittimità – non solo all’efficienza – deve interrogarsi non solo su cosa la tecnologia può fare, ma anche su quali condizioni deve rispettare per non compromettere l’equilibrio tra sicurezza collettiva e dignità individuale.In gioco non c’è solo il modo in cui attraversiamo la strada, ma il modo in cui scegliamo di vivere nello spazio pubblico: se come cittadini tutelati nei propri diritti, o come soggetti continuamente osservati.

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