Alfred Hitchcock: il maestro della suspense a nudo

Alfred Hitchcock è indubbiamente uno dei più grandi e importanti registi della storia; siete pronti a riscoprirlo insieme a noi?

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a cura di Nicholas Massa

Da sabato 1 a mercoledì 5 aprile un brivido di paura scorre su Sky Cinema Collection e in streaming on demand su NOW grazie ad una programmazione interamente dedicata al “Master of Suspense” Alfred Hitchcock, il regista premio Oscar alla memoria nel 1968 e vincitore del Golden Globe alla carriera nel 1972. Quando si parla di cinema e di Storia del cinema (con la S maiuscola) non si può evitare di nominare Alfred Hitchcock. Il suo contributo al medium ha portato a uno dei più indelebili e sperimentali approcci che l’arte cinematografica abbia mai visto. Ricordato soprattutto per il modo in cui ha approfondito le pieghe oscure del cinema di genere, stiamo parlando di uno dei registi più importanti mai esistiti.

All’epoca più volte sottovalutato per via delle storie che amava raccontare attraverso i suoi film, in molti non colsero il fatto che lui stesso le sfruttava per accedere, di volta in volta, a ragionamenti più ampi e in grado di analizzare la realtà stessa strettamente connessa con il pubblico che andava nei cinema per vedere i suoi lavori. Il genere con Alfred Hitchcock diventa un vero e proprio mezzo antropologico attraverso cui si ritroverà più volte a costruire le rappresentazioni di determinati archetipi sociali e soprattutto umani, in funzione di un linguaggio che parlerà sempre e direttamente agli spettatori in sala, instaurando con loro un rapporto parecchio ludico in moltissimi casi.

I film di Hitchcock non si sono mai solamente limitati a raccontare delle storie, prediligendo una narrazione, soprattutto per immagini, con un connotato fortemente psichico e simbolico che si può rintracciare in tantissimi elementi ricorrenti che, negli anni, sono diventati il marchio di fabbrica di questo regista. Nella sua poetica, quindi, si rintracciano due facce piuttosto evidenti, fra le tante: quella strettamente connessa con l’intrattenimento e il divertimento del prossimo, le immagini di Hitchcock sono, al tempo stesso, pregne di tantissimi elementi onirici e simbolici, e strettamente connesse con la dimensione del racconto, dimensione che non abbandonerà mai veramente; e quella connessa con il potere delle inquadrature, della manipolazione degli angoli di visuale, del montaggio e soprattutto della scansione temporale.

Tutti ricordano o hanno sentito parlare di questo regista, almeno una volta nella vita, per via di alcuni suoi capolavori immortali come: Psyco, La finestra sul cortile o La donna che visse due volte. Il titolo di “Maestro della suspence” descrive perfettamente una delle maggiori attrattive che negli anni ha ispirato nel grande pubblico, generando lavori memorabili per il modo in cui hanno saputo tenere incollate le persone alle poltrone.

Solitamente si tende a dividere la storia di Alfred Hitchcock partendo da un momento fondamentale della sua vita: il trasferimento da Londra a Hollywood nel 1940. Da tutto ciò la fredda scissione in “periodo britannico” (che va dal 1925 al 1939) e “periodo statunitense” (dal 1940 a 1976).

Alfred Hitchcock: il maestro della suspense a nudo

Il periodo britannico di Alfred Hitchcock

Come tantissimi altri registi dell’epoca, anche la carriera di Alfred Hitchcock inizia nei cosiddetti Anni Venti. Diversamente dagli altri sul suolo britannico, però, in questo caso ci troviamo davanti a un artista che cerca, fin dall’inizio, di sfruttare e studiare il mezzo cinematografico per intessere un ragionamento formale che andasse oltre i confini inglesi. Lo sguardo di Hitchcock  si è spostato immediatamente in direzione dell’avanguardia russa e dell’espressionismo tedesco che, fin dagli albori dello stesso mezzo cinematografico, avevano cominciato a studiarne le proprietà artistiche in termini strettamente figurativi (quindi di montaggio e manipolazione delle immagini tramite set e altri elementi). L’obiettivo del regista era quello di applicare queste sperimentazioni anche al cinema inglese, evitando di scompaginare la struttura narrativa dei film.

La sua carriera inizia con il cinema muto, come scrittore di didascalie e disegnatore di locandine. Approda sui set partendo da lontano, per poi avvicinarsi sempre di più al mezzo fino al 1925, l’anno in cui uscì il suo primo film: Il labirinto della passione (The Pleasure garden), anche se i primi germogli del suo stile dietro alla macchina da presa cominceranno a fare capolino a partire da Il Pensionante (The lodger), il suo terzo film. In questo, infatti, troviamo per la prima volta una delle tematiche centrali e ricorrenti nella sua carriera: quella dell’innocente che viene scambiato per colpevole o accusato ingiustamente. Hitchcock tende a sfruttare più volte questa specifica dinamica narrativa proprio con l’obiettivo di rappresentare la conflittualità alla base del rapporto fra individuo e società.

La storia de Il Pensionante è abbastanza semplice, presentando un uomo che alloggia in una pensione e che, per ragioni particolari, viene sospettato essere un serial killer. Uno dei tratti distintivi di questo lungometraggio risiede anche nel modo in cui è stato girato, anche perché Alfred non si serve troppo delle didascalie in favore di un’atmosfera scandita dalla scelta degli obiettivi, dall’utilizzo delle luci e dalla composizione formale generale. Il suo approccio alla dimensione figurativa rappresenta la parte più prolissa della pellicola, che tenta di parlare servendosi solamente delle inquadrature, quasi a discapito di tutto il resto.

I film successivi, come Il declino (Downhill) del 1927. Tabarin di lusso (Champagne) del 1928, o L’isola del peccato (The Manxman) del 1929, rappresentano nuovi tentativi per Alfred Hitchcock di trovare la propria strada, sperimentando con generi e soprattutto immagini, prima ancora di trovare la sua via maestra. L’avvento del sonoro impatterà in maniera contrastante sul suo lavoro, trovando un artista inizialmente guardingo che cercherà di fondere insieme lo sperimentalismo delle immagini alle nuove possibilità espressivo-sonore.

Il primo tentativo col sonoro lo troviamo in Ricatto (Blackmail) del 1929, film girato inizialmente muto per poi essere sonorizzato. La pellicola, un poliziesco apparentemente classico nel suo insieme, gioca moltissimo con l’ambiguità dei vari personaggi in gioco, strizzando continuamente l'occhio agli spettatori attraverso un montaggio piuttosto complesso che vuole evidenziare gli elementi più marginali della storia così da smontarne sempre i contenuti più logici. In questo film Alfred Hichcock comincia a sperimentare con la struttura del film e della storia, introducendo una serie di rimandi narrativi che spezzano la continuità formale a favore di nuovi e inaspettati rimandi concettuali.

Importantissimo per la sua carriera, in questo periodo, è Omicidio! (Murder!) del 1930, in cui inserisce per la prima volta la voce fuori campo, giocando con la dimensione del narratore onnisciente, e plasmando il ruolo che la macchina da presa assume in relazione degli eventi proposti. Un dettaglio importante da ricordare resta anche l’utilizzo del sonoro, che qui diventa parte integrante della narrazione, delineando uno degli aspetti strettamente connessi con la figura della protagonista: i suoi possibili problemi mentali. Il film racconta la storia di un’attrice teatrale accusata, ingiustamente, di aver ucciso un suo collega.

Nel 1939 Alfred Hitchcock si dedica nuovamente al thriller con L’uomo che sapeva troppo (The man who knew too much), al cui centro troviamo una coppia di inglesi in viaggio in Svizzera che si ritrova invischiata indirettamente in un omicidio, come testimoni, per poi scoprire l’esistenza di un complotto per uccidere un ambasciatore a Londra. Con questa pellicola il regista trasforma alcuni elementi ricorrenti della sua poetica amplificandoli ulteriormente. Un esempio di ciò lo troviamo nel rapporto fra individuo e società che qui non è solamente conflittuale ma anche paranoide nel suo insieme, sfruttando il sonoro e la regia per costruire una narrazione che si centralizza sul sospetto e soprattutto sull’attesa di qualcosa d'imprevedibile (la Suspence Hitchockiana è un altro tratto tipico della sua poetica).

Nei film successivi vediamo Hitchock sperimentare di più con i suoi personaggi e con quello che potrebbero trasmettere e rappresentare agli occhi del pubblico. Famoso è l’approccio con le spy stories come Il club dei 39 (The 39 steps) del 1935, o Sabotaggio (Sabotage) del 1936, in cui troviamo il tema del doppio e dello scambio d’identità che verranno ampiamente approfonditi molti anni dopo con film molto più celebri al grande pubblico.

In questi anni, inoltre, la sperimentazione del regista comincia a riformulare anche la struttura stessa delle sue storie, prediligendo una sorta di caos in cui solamente la macchina da presa riesce a muoversi in modo da generare un filo conduttore coerente con quanto rappresentato. Molto interessante, in questo senso, è La signora scompare (The Lady Vanishes), del 1939, l’ultimo film del suo periodo britannico, di cui così parlo François Truffaut:

lo danno molto spesso a Parigi e capita che lo vada a vedere due volte nella stessa settimana; ogni volta mi dico: siccome lo conosco a memoria, non seguirò la trama, osserverò attentamente il treno... se si muove... come sono i trasparenti... se ci sono dei movimenti di macchina dentro gli scompartimenti, ma ogni volta sono talmente avvinto dai personaggi e dall'intreccio che non riesco mai a sapere come il film è costruito.

Il periodo americano

Gli anni ’40 vedono Alfred Hitchcock approdare in America tramite una collaborazione con David O. Selznick (produttore di Via col vento). Fra le prime proposte per nuovi lungometraggi il regista rinuncia all’idea di girare una tragedia basata sulla reale storia del Titanic, preferendo trarre un film dal bestseller di Daphne du Maurier: Rebecca - La prima moglie (Il film che ne derivò ebbe un gigantesco successo sia in termini di pubblico che di critica. Venne scelto come film di apertura al primo Festival internazionale del cinema di Berlino nel 1951, e vinse un premio Oscar per la produzione e uno per la fotografia). A questa pellicola seguiranno altri lavori interessanti come Il sospetto (Suspicion) del 1941, che segnerà il primissimo incontro artistico con Cary Grant.

Durante la seconda guerra mondiale Alfred Hitchock si concentrerà principalmente su una serie di lavori molto impegnati e strettamente connessi con gli eventi storici in corso. Ecco che la macchina da presa si trasforma ulteriormente in testimonianza e soprattutto voce antirazzista e patriottica, attraverso una serie di lavori (documentari e film) che continuano a portare avanti i ragionamenti stilistici precedenti, asservendoli però a una serie di ragionamenti che si allineano con quello che sta succedendo all’umanità fuori dai cinema.

Un esempio di ciò lo abbiamo con Il prigioniero di Amsterdam (Foreign Correspondent), del 1940, e Prigionieri dell’oceano (Lifeboat) del 1944, o con documentari come Bon Voyage del 1944. Nei due anni successivi il regista instaurerà il suo rapporto artistico anche con Ingrid Bergman sul set di Io ti salverò (Spellbound) del 1945 e Notorioius - L’amante perduta (Notorious) del ’46.

Uno dei suoi documentari che merita certamente di essere ricordato è Memory of the camps. Si tratta di un’insieme di testimonianze dirette provenienti da riprese dell’armata inglese e dell’Armata Rossa, nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Il forte materiale catturato dalle immagini ha fatto sì che non venisse diffuso dagli eserciti alleati per paura che avrebbe potuto inficiare sui sentimenti post-bellici. Venne, infatti, riscoperto successivamente e proiettato nel 1984 al festival di Berlino.

Gli anni ’50 sono stati il periodo più fiorente per Alfred Hitchcock, con l’uscita dei suoi film più celebri in assoluto. Questo periodo rappresenta un momento di crescita enorme sia in termini artistici che di fama, delineando anche il suo sodalizio sul set con Grace Kelly, che ritroviamo in pellicole come: Il delitto perfetto (Dial M for Murder) del 1954, La finestra sul cortile (Rear Window) dello stesso anno e Caccia al ladro (To Catch a Thief) del 1955. Sempre nel ’55 ritroviamo Alfred Hitchcock anche sul piccolo schermo con Alfred Hitchcock presenta (da noi Hitchcock presenta Hitchcock), una serie episodica in cui Alfred stesso parla del crimine in tutte le sue forme.

Negli anni ’60 escono i suoi film di maggior successo come Il ladro (The Wrong Man) uscito nel 1956, La donna che visse due volte (In originale Vertigo. È considerato uno dei capolavori del cinema mondiale e un punto di riferimento per il genere thriller psicologico. Ricordato anche per il suo impatto sullo stesso mezzo cinematografico con tecniche innovative come il dolly zoom o Vertigo effect, stiamo parlando di una pellicola che ha saputo distinguersi anche in termini di storia. Nella trama vengono affrontati temi come l'ossessione, la perdita, la morte e la follia, e offre una riflessione profonda sull'identità e sulla percezione della realtà.

Il tutto accompagnato dalla straordinarie interpretazioni di James Stewart e Kim Novak) del 1958, Intrigo Internazionale (North by Northwest, uno dei suoi film più famosi e importanti sia per le innovazioni tecniche che all’interno del genere stesso. È stato definito un classico del genere thriller e avventura e viene ricordato soprattutto per una sequenza nello specifico: quella in cui vediamo un’aereo inseguire il protagonista in un campo) del 1959, Psyco (Questo film è noto per le sue innovative tecniche di ripresa, che vediamo, ad esempio, nella scena della doccia diventata una delle sequenze più famose della storia del cinema. Psyco è stato un grande successo al botteghino e ha ricevuto quattro nomination agli Oscar, tra cui quella per il miglior regista per Hitchcock. Si tratta di un lavoro che ha avuto un impatto duraturo sulla cultura pop e ha ispirato molte opere successive, tra cui una serie televisiva omonima e un remake del 1998 diretto da Gus Van Sant; un film innovativo e influente, quindi, che ha ridefinito il genere del thriller psicologico e ha consolidato la reputazione di Alfred Hitchcock come uno dei più grandi registi della storia del cinema) del 1960, Gli uccelli (The Birds) del 1963 e Marnie uscito nel 1964. (se interessati a recuperare i film di Alfred Hichcock, li trovate comodamente su Amazon)

Gli ultimi anni della sua vita non sono troppo memorabili dal punto di vista della carriera, anche perché scanditi da qualche tentativo di confermare gli enormi successi precedenti, senza però mai riuscirci del tutto. In quel periodo Hitchcock tornò nei cinema con film come Il sipario strappato (Torn Curtain) del 1966 e Topaz del 1969. Pur trattandosi di lungometraggi estremamente curati come in passato, questa volta il grande pubblico non ha risposto come ci si aspettava. Nel 1980, comunque, ottenne, dalla regina Elisabetta II d’Inghilterra, il titolo di baronetto.

Il rapporto fondamentale con Alma Reville

Non si può parlare di Alfred Hitchcock senza nominare Alma Reville, sua moglie. I due si conobbero durante il periodo del cinema muto e lei, differentemente da Alfred, aveva già una carriera ben avviata come sceneggiatrice e montatrice. Storia vuole che si conobbero sul set de L’ultima danza (Woman to Woman), film del 1923 diretto da Graham Cutts, con Hitchcock sul posto come aiuto regista e sceneggiatore. Nel 1926 si uniscono in matrimonio, suggellando non solamente un rapporto sentimentale che proseguirà fino alla fine, ma una vera e propria collaborazione artistica che ha influito su moltissime delle opere più celebri del regista, e sulla sua carriera in generale.

Innovare e lasciare il segno

Alfred Hitchcock è considerato uno dei più grandi registi della storia del cinema e il suo stile unico e distintivo è stato una delle caratteristiche a renderlo iconico e indimenticabile sotto diversi punti di vista, sia artistici che tecnici. Hitchcock ha diretto oltre 50 film in una carriera che ha coperto quasi 6 decenni, dal periodo muto degli anni '20 fino alla fine degli anni '70. Partendo dalle origini del mezzo cinematografico, ha gradualmente sviluppato uno stile unico e del tutto proprio, che è diventato immediatamente riconoscibile e immortale.

Uno dei tratti distintivi dello stile di Hitchcock è l'uso di tecniche di ripresa innovative e audaci, come il dolly zoom e il piano sequenza. Il dolly zoom, o vertigo effect, consiste in un movimento di camera in cui l'obiettivo viene spostato avanti o indietro mentre la macchina da presa si muove nella direzione opposta. Questa tecnica può creare un effetto di vertigine nel pubblico, come nel celebre primo piano di Kim Novak in Vertigo del 1958 (si tratta di una pratica che è stata resa memorabile anche in altre pellicole come Lo Squalo di Steven Spielberg, per fare un esempio esterno). Il piano-sequenza, invece, è una metodo di ripresa in cui una scena viene ripresa in un'unica inquadratura continua senza tagli, come hanno tentato di fare in Birdman del 2014 (anche questa è una tecnica che ha preso largo utilizzo e sviluppo all’interno del settore, venendo di volta rielaborata e sfruttata dai registi in base alle proprie esigenze artistiche).

Un altro tratto importante dello stile di Hitchcock è l'uso dell'illuminazione e della composizione per creare un'atmosfera di tensione e suspense. Come regista era noto per la sua abilità nell'utilizzare la luce e l'ombra così da creare un senso di mistero e anticipazione, come si vede in molte delle sue sequenze più famose (lo possiamo vedere in quella di Norman Bates che si avvicina alla doccia in Psyco).

Ricordiamo, inoltre, che il regista ha impiegato innovativamente anche il sonoro nei suoi film. Famosissimo l'impiego di un melone trafitto da un coltello per rappresentare la violenza sempre all'interno di Psyco.

Un vezzo quasi sempre presente e centrale nella sua poetica risiede nella predilezione per i dettagli del thriller psicologico, come la paranoia, la colpa e l'ossessione. Molti dei suoi personaggi sono emotivamente complessi e spesso si ritrovano in situazioni in cui le loro vite sono in pericolo o proiettate all’interno di qualche dubbio o paranoia potenzialmente mortale. Hitchcock ha sempre sottolineato l'importanza della psicologia dei suoi personaggi e ha lavorato in stretta collaborazione con gli attori per creare interpretazioni realistiche e credibili (anche se il suo rapporto con loro non è sempre stato dei migliori, con collaborazioni che in alcuni casi hanno cercato di controllare in tutto e per tutto il lavoro sul set).

In sintesi, il tocco di Alfred Hitchcock, e il suo impatto sulla storia del cinema mondiale e successiva alla sua carriera, è stato caratterizzato da una serie di tecniche visive e sonore innovative, strettamente connesse con la crescita espressiva di un mezzo che lo stesso regista ha sempre cercato di spingere oltre i propri limiti . Questi tratti hanno contribuito a creare un'esperienza cinematografica unica e hanno influenzato tantissime generazioni di registi successivi.

Ricordiamo ancora una volta che da sabato 1 a mercoledì 5 aprile Sky Cinema Collection ha costruito una programmazione interamente dedicata ad Hitchcock, il regista premio Oscar alla memoria Irving G. Thalberg nel 1968 e con il Golden Globe alla carriera nel 1972.

Gli appassionati troveranno a loro disposizione una selezione di 12 film accuratamente selezionati dalla sua carriera: si parte con Paura in palcoscenico del 1950 in cui a una diva teatrale, interpretata da Marlene Dietrich, viene ucciso il marito e i sospetti ricadono sull’amante della donna; per poi proseguire con L’altro uomo, la pellicola del 1951 tratta da un romanzo di Patricia Highsmith dove un uomo avvicina su un treno il campione di tennis Guy Haines e propone uno sconcertante scambio: gli ucciderà l’odiata consorte se lui eliminerà suo padre; Io confesso, il film 1953 che vede Montgomery Clift nei panni di un sacerdote accusato ingiustamente di omicidio che non può rivelare il nome del vero colpevole a causa del segreto confessionale; dal capolavoro del 1954, Il delitto perfetto, che segna la collaborazione sul grande schermo tra il regista e Grace Kelly; dal celebre Caccia al ladro, premiato con l’Oscar per la miglior fotografia a colori; da Il ladro del 1956 con Henry Fonda nei panni di un uomo che viene scambiato per un ladro che ossessiona un’intera città con i suoi furti; da Intrigo internazionale del 1959, con Cary Grant vincitore del David di Donatello nel 1960, che interpreta un pubblicitario che, scambiato per un agente segreto, viene rapito; dal cult con Anthony Perkins e Janet Leigh, Psyco del 1960, che l’anno successivo ottenne 4 candidature agli Oscar tra cui quella per la miglior regia, mentre la Leigh ottenne il Golden Globe come miglior attrice non protagonista.

Poi si arriva al 1963, l’anno del 50°, e tecnicamente più spettacolare, film di Hitchcock, Gli uccelli con Tippi Hedren, Rod Taylor e Jessica Tandy; seguito da Mrnie, del 1964; Il sipario Strappato del 1966, spy-thriller ambientato durante la Guerra Fredda con Paul Newman e Julie Andrews; e Frenzy del 1972, per cui Hitchcock fu candidato per la miglior regia ai Golden Globe nel 1973 e dove un ex pilota, incriminato ingiustamente per una serie di omicidi, deve smascherare il vero colpevole.