Antebellum, recensione in anteprima del thriller su Prime Video

La recensione in anteprima del film Antebellum, il thriller horror in arrivo su Amazon Prime Video dal 14 dicembre 2020.

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a cura di Francesca Sirtori

Il razzismo è un orrore nella sua etimologia più profonda. Possiamo solo immaginare cosa possa diventare se questo diventa l'elemento principale alla base di un horror, che però vero horror non è. Se dunque la violenza, la paura e il terrore vengono esposti al quadrato, ci si aspetta che il filo conduttore di questa narrazione sia davvero robusto, sostanzioso, segnante. A maggior ragione se un film come Antebellum viene lanciato su Amazon Prime Video in un anno caratterizzato dal movimento Black Lives Matter e dall'annuncio degli Oscar "inclusivi" nelle prossime edizioni. Dal 14 dicembre dunque, avremo la possibilità di prendere atto di una storia graffiante, pesante e dal sapore storico, ambientata, almeno parzialmente, al tempo dei lavori forzati nelle piantagioni di cotone. 100 minuti di storia trasudante dolore e lotta che abbiamo visto per voi in anteprima, che ci attende con un incredibile finale e ricco di plot twist, di cui vi restituiamo un resoconto perlopiù privo di spoiler nella nostra recensione.

https://www.youtube.com/watch?v=mXcZ7WDsVwk

Antebellum, tra guerra civile ed empowerment femminile contemporaneo

Si apre il sipario in una piantagione di cotone confiscata dall'esercito confederato, dove i militari comandano con fare spietato condannando a morte gli schiavi di colore che non obbediscono alle regole ferree. Tra questi c'è anche una giovane, Eden, che non è riuscita a fuggire dal dominio dei bianchi, marchiata a fuoco vivo sulla pelle dal comandante della guarnigione. Nuovi schiavi arrivano e vengono destinati al lavoro forzato. Tra loro, Julia cerca un aiuto in Eden per ribellarsi, per fuggire, ma la donna sa che non è facile; la situazione si fa sempre peggiore e le sofferenze più crudeli.

Un incubo, realmente, o forse no. Ancora non lo sappiamo. Eden infatti si sveglia, ha avuto un brutto sogno, e soprattutto non si chiama Eden. In questo film, la cantante Janelle Monáe veste i panni di una scrittrice ed attivista per le pari opportunità, Veronica Henley, con un marito e una figlia adorabili, e si occupa proprio della questione razziale, con particolare riferimento alle donne di colore.

Il legame con gli schiavi che abbiamo osservato per i primi quaranta minuti circa di film però non è casuale. Se Veronica si lascia andare a una serata con amiche dopo la giornata di lavoro impegnativa, l'auto che la attende fuori dal ristorante non è l'Uber che ha prenotato. Il legame assurdo che va a unire le due dimensioni, quella contemporanea delle luci della metropoli e quella del diciannovesimo secolo che tanto ci ricorda film del calibro di 12 anni schiavo, verrà spiegato solo negli ultimissimi minuti di film, in un finale che ci ha lasciato con un retrogusto amaro.

Solo il dispiegarsi della trama renderà atto agli eccessi e alla recitazione quasi surreale e macchiettistica di situazioni e personaggi presenti sin dagli esordi del film, grazie a una sequela di svolte realizzate nella trama. Sono sicuramente cambi di direzione che ci sorprendono, ci lasciano a bocca aperta e ci richiedono un po' di tempo per elaborare il tutto.

Una cosa è certa: abbiamo bisogno di tempo per elaborare quanto vediamo come spettatori e soprattutto dobbiamo prestare spesso attenzione ai dettagli, anche minimi. La fase centrale del film è quella decisiva, dove la vicenda cambia sì registro, ma solo con il tempo capiamo la verità. Forse.

L'orrore del passato

Ci lascia in generale molto perplessi l'elemento horror inserito in questo film, quasi messo forzatamente in una storia che non necessita di un tratto di questo tipo, ma che solo poteva vivere come il thriller che è di fatto. Una confusione forse dovuta al lavoro di un lungometraggio, dopo che Gerard Bush e Christopher Renz hanno prodotto una serie di cortometraggi, una coppia che porta sullo schermo della piattaforma streaming un film a tema, dall'esito sicuramente buono e in grado di suscitare suspence e attesa, ma con una risoluzione forse abbastanza repentina e che ci lascia di stucco.

Il tema a cui accenniamo è sicuramente attuale: tra rinnovate tensioni razziali che abbiamo vissuto di recente, si calca un po' la mano anche con la presenza quasi totalmente femminile nella pellicola, dove le donne riescono a dimostrarsi sia amiche, sia nemiche acerrime e mortali. Dunque, il modo di occuparsi della problematica sociale in questione è forse da un punto di vista diverso, con qualche buona idea di fondo.

Gli orrori del passato fanno sempre capolino nel presente, si riverberano su una situazione attuale che viene proprio anticipata dalla citazione di William Faulkner in apertura al film, pronunciata anche dalla protagonista e da una comprimaria nel corso della vicenda: "Il passato non muore mai. Non è neanche passato". Un fil rouge che tiene salda la trama intera, forse in maniera particolare, ma originale e in grado di tenerci incollati allo schermo fino alla fine, arrovellandoci su come potrà giungere a esaurire la questione.

In conclusione

Antebellum si riferisce alla guerra civile, forse al periodo prima della guerra, una condizione che si reitera ancora oggi ogniqualvolta si presenta la situazione di tensione e difficoltà dettata dal presente. Così torna a ripetersi la Storia, così impone ancora oggi i suoi dettami, come un ciclo infinito che attraversa il cuore dell'uomo, generazione dopo generazione. Le interpretazioni dei personaggi in atto sono decisamente buone, in particolare quella della Monnàe, tra qualche inquadratura dettata dalla volontà di spettacolarizzare le scene più significative e una serie di dettagli disseminati nel corso della trama che sanno essere puntualmente ripresi.

Il film in arrivo su Prime Video saprà conquistare chiunque sia alla ricerca di una storia non troppo complessa, ma che sa offrire qualche breve spunto di riflessione. Il vero cuore di Antebellum è ancora una volta l'azione, la tensione, il dramma. Senza questa fibra, il filo non starebbe in piedi.

In buona sostanza, un prodotto che anela alla perfezione, ma che forse avrebbe trovato un migliore compimento in un formato più simile alla miniserie, soprattutto per non bruciare in fretta la sua miccia sul finale, momento di massima tensione che però si esaurisce davvero frettolosamente. Se la guerra è sempre dietro l'angolo, è bene ricordare il passato per affrontarla con una strategia diversa e migliorare il futuro.

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