L'onirico e violento esordio DC di Neil Gaiman: Black Orchid, recensione

Neil Gaiman prima di The Sandman: l'onirico e violento esordio con la rivisitazione di Black Orchid insieme a Dave McKean.

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a cura di Domenico Bottalico

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Qual è stato il percorso che ha portato Neil Gaiman a scrivere quel capolavoro della letteratura mondiale che è The Sandman? La prima tappa del suddetto percorso è rappresentata da Black Orchid, miniserie di 3 numeri formato prestige, con cui lo scrittore britannico esordì per DC alla fine del 1988 insieme all'illustratore Dave McKean. I due avevano realizzato un trittico di graphic novel cult (Violent Cases, Signal to Noise e The Tragical Comedy or Comical Tragedy of Mr. Punch) con le quali attirarono le attenzioni di Jenette Kahn, Dick Giordano e Karen Berger che poi approvarono il pitch dei due autori (seppur con molte riserve dettate dal tono della miniserie e dal fatto che avesse una protagonista femminile all'epoca commercialmente difficile da vendere al pubblico) per rilanciare il personaggio apparso originariamente su Adventure Comics #428 (data di copertina giugno 1973) e creato da Sheldon Mayer e Tony DeZuniga.

Black Orchid: dalle violente strade di Metropolis alla foresta Amazzonica

L'eroina Black Orchid è riuscita ad infiltrarsi nella riunione di un pericoloso cartello criminale ma il suo travestimento l'ha tradita, scoperta viene brutalmente uccisa. Al momento di disfarsi del cadavere però il signor Sterling avverte il suo Capo che quella che hanno eliminato non è una donna qualsiasi ma ha tutte le fattezze di una sorta di pianta. Il Capo è Lex Luthor e la scoperta ovviamente lo affascina.

Dall'altro lato della città intanto una ragazza, priva di ricordi, si sveglia in una serra annessa alla casa del ricercatore Philip Sylvian. Philip le conferma che lei è Black Orchid e inizia a raccontarle della vita della sua predecessora: Susan Linden. Sylvain le racconta dell'infanzia di Susan, del suo legame con lei, degli abusi subiti dal padre ma anche delle sue ricerche in campo bio-botanico condotte insieme a Jason Woodrue (l'Uomo Floronico), Pamela Isley (Poison Ivy) e Alec Holland (Swamp Thing) alle quali Susan partecipò molti anni dopo quando trovò rifugio da lui dopo un matrimonio fallito con un violento gangster di nome Carl Thorne. Sylvain conclude il suo racconto sostenendo che lei, Flora, e Susan possono essere definite sorelle.

Proprio Thorne è uscito di prigione e cerca di contattare il suo ex-datore di lavoro: Lex Luthor. Incassato un secco rifiuto, Thorne si mette sulle tracce della sua ex-moglie per vendicarsi della sua fuga e di aver testimoniato contro di lui. Giunto a casa di Sylvian, Thorne distrugge la serra ma non riesce ad impedire la fuga di Flora e di un'altra piccola "pianta" Suzy. Thorne si è messo per l'ultima volta sulla strada di Luthor che, scoperto del disastro combinato, ordina ai suoi di ucciderlo.

Senza risposte sulle loro identità e sulle loro origini, Flora e Suzy salvano prima Thorne per poi dirigersi a Gotham sperando di poter parlare con Jason Woodrue o Pamela Isley. Sarà il Cavaliere Oscuro a permettere a Flora di parlare con Poison Ivy, la nuova identità della Dottoressa Isley. Il colloquio non è positivo inoltre Flora perde Suzy che viene rapita ma acquisisce una importantissima informazione proprio da Batman: Alec Holland è "vivo" ma bisogna cercarlo nelle paludi della Lousiana.

Sarà proprio Swamp Thing, grazie alla sua connessione con il Verde, a spiegare a Flora che Thorne aveva ucciso Susan e Sylvian aveva usato del materiale genetico per creare un ibrido umano-vegetale (una orchidea) per creare Black Orchid, una eroina "immortale" perché ogni volta che veniva uccisa, un nuovo ibrido si destava dal suo sonno prendendone il posto. Scoperte le sue origini Flora chiede a Swamp Thing di rintracciare Suzy per trarla in salvo.

Le due fuggono quindi nella foresta Amazzonica in cerca di pace e ristoro ma sulle loro tracce ci sono sia Sterling e gli uomini di Luthor che Thorne il quale intanto aveva recuperato un carico di armi tenuto nascosto persino a Luthor. Thorne e Sterling sono pronti allo scontro ma Flora troverà degli insospettabili alleati pronti ad aiutarla.

Black Orchid: dimensioni dissonanti, dal reale all'onirico in cerca di identità

Black Orchid è effettivamente la prima tappa che porterà Neil Gaiman a maturare quello stile che verrà perfezionato in The Sandman, anticipandone stile e alcune tematiche ma non solo. Questa miniserie infatti vede Gaiman ripercorrere le orme del suo nume tutelare Alan Moore, dal quale aveva aveva "ereditato" qualche anno prima la guida di Miracleman, recuperandone, nello specifico, quello stesso espediente narrativo che il Bardo di Northampton aveva utilizzato in Swamp Thing e che prevedeva di uccidere il protagonista (figurativamente o realmente così come poi verrà portato all'estremo negli anni 90) di modo da applicare una decostruzione radicale del personaggio.

Quello che Gaiman però compie con Black Orchid non è una decostruzione atta ad effettuare un mero soft reboot del personaggio stesso ma una decostruzione ad un livello più profondo e intimo. L'autore britannico infatti inizia a sollevare quel Velo di Maya che permea tutti i suoi racconti per svelare come, al di sotto della dimensione del reale, vi sia una dimensione magico-onirica. È interessante notare, in questo senso, quanto questa dicotomia sia marcata in Black Orchid anche rispetto ad alcuni dei suoi lavori successivi. Non solo perché gli eventi si snodano attraverso luoghi ben definiti dell'Universo DC e spiccatamente urbani (Metropolis, Gotham City, l'Arkham Asylum) ma anche perché sono profondamente ancorati a quel gusto per il realismo e per il grim'n'gritty tipico della produzione di fine anni 80, influenzata da Il Ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller, vedasi l'utilizzo di Lex Luthor, qui versione ovviamente in versione magnate e non più mad doctor, e dell'antagonista Carl Thorne.

È proprio qui che Gaiman mostra una qualità diversa nella sua scrittura. Attraverso il filtro di una narrazione proto-supereroistica, e alla luce del rapporto fra reale e onirico, irrompono nel racconto, diventandone preponderanti, tematiche estremamente adulte come gli abusi fisici e psicologici, sia in infanzia che in età adulta, relazioni tossiche, ricerca dell'identità e riflessione sull'esistenza stessa grazie alla metafora, seppur appena sfiorata, dell'ecologismo. Amore, che diventa possessivo e violento, e morte, o meglio desiderio di immortalità, e corporeità trovano in Flora, la nuova Black Orchid, un viatico per una riflessione sicuramente il linea con lo zeitgeist dell'epoca della pubblicazione della miniserie ma ancora oggi decisamente attuali se rimessi in prospettiva.

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Sin dalla primissima pagina, risulta lapalissiano come a concorrere al fasciano di Black Orchid contribuiscano in maniera fondamentale le illustrazioni pittoriche di Dave McKean. È già la tecnica preferita dell'illustratore a rappresentare molto bene il paradigma narrativo di Gaiman. La pittura infatti permette una modulazione dei registri molto efficace ed immediata grazie ad un uso impressionista del colore, alla presenza del segno a matita lasciato più o meno grezzo e più in generale di un approccio al realismo sempre idealizzato e mai troppo foto-realistico. McKean sfuma la realtà, dissolvendo le barriere fra le dimensioni per una narrazione spesso sospesa in una temporalità davvero onirica.

Pur padroneggiando con maestria l'illustrazione pittorica, McKean non rinuncia alla sequenzialità. Il suo è un racconto per immagini chiaro. Al netto della potenza in sé di alcune illustrazioni e degli evocativi layout retorico-decorativi infatti l'illustratore britannico declina in maniera personale soprattutto la gabbia a 6 o 9 vignette. Da notare però come tutto sia sviluppato in senso verticale: i riquadri infatti sono rettangolari e ricordano per disposizione e divisione della sequenza l'arte sacra e la pale d'altare. Di contro, allargando il nostro punto di vista e l'artrologia, ci accorgiamo, soprattutto nella seconda meta del racconto, come la composizione è sì organizzata verticalmente ma pensata orizzontalmente cioè su doppie splash-pages in cui spesso e volentieri il bianco svanisce in favore di sfondi dai colori primari dalla forte carica umorale e d'atmosfera.

Il volume

Panini DC Italia ripropone Black Orchid nella sua collana DC Library - DC Black Label. Si tratta di un volume cartonato nel classico formato 17x26 cm, la resa di stampa è ottima con una carta patinata spessa e lucida che rende davvero giustizia alle tavole pittoriche di Dave McKean seppure qui "ridotte". Ottima anche la rilegatura e la rifilatura delle pagine che permette una lettura agevole così come da segnalare l'ottimo lavoro in fase di lettering e adattamento di un testo non facilissimo.

Dal punto di vista editoriale e redazionale invece da segnalare un breve contributo della editor italiana del volume mentre ricchissima è la sezione degli extra che comprende l'introduzione alla edizione in volume originariamente pubblicata nel 2001 firmata dal giornalista Mikal Gilmore, le note originali e bozze di sceneggiatura di Neil Gaiman e altro materiale legato alla preparazione e al lancio della miniserie. Un tesoretto soprattutto per coloro che vogliono comprendere come lo scrittore si interfaccia alla narrazione sequenziale.