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Blame! Master Edition, recensione: l'edizione ideale per conoscere un cult

Blame! Master Edition, l'edizione definitiva del manga cult di Tsutomu Niehi

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a cura di Manuel Enrico

In sintesi

Blame! Master Edition, l'edizione definitiva del manga cult di Tsutomu Niehi

Un uomo solitario vaga per un incubo tecno-organico, in una cerca disperata con in palio la salvezza della razza umana. In queste poche parole, si racchiude l’essenza di Blame!, manga dalle forti ispirazioni cyberpunk partorito dalla genialità di Tsutomu Nihei, divenuto un cult e che oggi, a venticinque anni dalla sua uscita, preserva la sua disarmante forza narrativa. Recuperare l’opera di Nihei oggi è possibile grazie alla Blame! Master Edition, raccolta in sei volumi, disponibili anche in un accattivante cofanetto, che Panini Comics, sotto l’etichetta Planet Manga, ha voluto dedicare a questo classico del manga.

L’idea di recuperare un classico come Blame! non deve esser sottovalutata. Come un buon romanzo, anche un fumetto preserva la propria vis narrativa, il proprio cuore, con il passare degli anni, ma corre il rischio di venire dimenticato dalle generazioni successiva, complice una varietà di contenuti e proposte che spesso satura oltremodo il mercato, relegando i grandi classici all’oblio. Considerate le proposte del catalogo Planet Manga degli ultimi mesi, dobbiamo riconoscere a Panini la lungimiranza di volere offrire a un nuova generazione di lettori dei simboli del manga d’autore, considerato che nel corso dell’ultimo anno abbiamo visto tornare in fumetteria Akira e 20th Century Boys. E ora, anche l’opera di Tsutomu Nihei si aggiunge a questi graditi ritorni.

Blame! Master Edition, edizione di prestigio per il cult di Tsutomi Niehi

Quando nel 1997 Blame! fa il suo esordio, la cultura fantascientifica non ha ancora capito bene come inquadrare il cyberpunk. Nomi come Gibson e Sterling sono ancora appannaggio di pochi, capisaldi del genere come Neuromante sono considerati come un sottogenere e l’immaginario collettivo del genere si fonda su opere come Akira, Ghost in the Shell o il famigerato Johnny Mnemonic. La definizione dei canoni del cyberpunk era quindi abbastanza ristretta, mancavano delle divagazioni o visioni atipiche che potessero dare una diversa connotazione del genere, come avvenne in seguito con pellicole come ExisTenZ o Matrix.

L’arrivo di Blame!, in un certo senso, ha contribuito a scrivere la grammatica del cyberpunk spingendo i capisaldi del genere in una direzione diversa, soprattutto nella narrativa a fumetti. Ironicamente, Nihei non aveva questo scopo quando diede vita al suo manga, arrivato come un ripiego nella sua vita lavorativa, dopo il fallimento della sua esperienza in America come aspirante architetto. Tuttavia, è proprio questo su background lavorativo a esser il punto di maggior impatto nelle prime pagine di Blame!, dove il silenzio di questo deserto verticale di cemento e metallo viene compensato da un spettacolo visivo di grande impatto. L’esperienza iniziale con Blame! è straniante: nessun preambolo, nessun inquadramento temporale o geografico. Solo una figura solitaria, Killy, che si aggira in silenzio in questo mondo surreale dalle architetture inquietanti e verticali, rese con prospettive angoscianti che ci spingono a temere in ogni momento l’arrivo di una qualche violenta creatura. In queste prime fasi, l’opera di Niehi sembra rifarsi più a una meccanica da horror psicologico, in cui l’immobilità del mondo circostante e l’assordante silenzio sono segnali di un imminente pericolo, in cui si ravvede anche una certa affinità alla gestione di queste atmosfere tipica della produzione di Lovecraft. Una sfida al lettore, se vogliamo, che deve concedere all’autore di poter imbastire la sua particolare narrazione, fidandosi di un’assenza pressoché totale di riferimenti e trama.

È l’ambiente circostante a dominare la scena, le sue slanciate e opprimenti planimetrie, che Niehi interpreta magnificamente, dando quasi la sensazione che ci si trovi in presenza di un distacco dal manga ma si venga proiettati più verso una grammatica occidentale. In alcuni passaggi, specie nei rari momenti in cui ci si addentra in popolose enclavi, ci si avvicina maggiormente a una definizione dello sfondo che strizza l’occhio al fumetto, con slanci che avvicinano l’opera di Nihei a una concezione degli spazi che sposa la scuola europea, con verticalismi vertiginosi e un uso particolare della prospettiva e degli spazi più angusti. Un elemento che è centrale in Blame!, considerato come spazio e prospettive siano parte integrante del processo narrativo, forse addirittura il cardine su cui ruota la vicenda umana raccontata. A dominare nella lettura di Blame!, specialmente nei primi capitoli, è proprio questa architettura soverchiante, strumento narrativo perfettamente utilizzato da Niehi, che mette a buon uso la sua formazione artistica. Nei momenti di maggior pathos, il mangaka tende sempre a coinvolgere l’ambiente come parte integrante della sua narrazione, allargando prospettiva e offrendo inquadrature larghe e avvolgenti, oppure lasciando che elementi architettonici assumano una vitalità inusuale ma funzionale alle dinamiche in atto.

Una simile ricchezza visiva è specchio nelle prime fasi del manga della sperimentazione di Niehi con il medium. Blame! è stata la sua prima opera, nata inizialmente come one shot e solo in seguito serializzata, come si può intuire dal primo capitolo, che sembra ispirarsi a un concept narrativo autonomo che richiama alla narrativa di Dick, per la sua gestione di un potenziale finale aperto ma al contempo risolutore. Il passaggio alla serialità, in compenso, ha consentito a Niehi di sviluppare un trama essenziale, priva di voli pindarici e fronzoli, ma affidata a un binario dritto da cui Killy non devia mai: trovare un esemplare genetico capace di collegarsi alle macchine.

Va riconosciuto che sotto questo punto di vista, Niehi sembra aver fatto proprie alcuni dei tropi narrativi tipici della sci-fi del periodo, anche oltre al cyberpunk. Nel suo tentativo di non dare coordinate temporali o geografiche (Maybe on Earth, Maybe in the Future recita il sottotitolo dell’opera), il mangaka trova modo di affidarsi a suggestioni che enfatizzano il ruolo della macchina non solo come nemico ma anche come potenziale elemento salvifico, che avvicina Blame! alle suggestioni narrative del secondo Terminator. Sono familiarità autoriali, che vengono però declinati all’interno di un corpo narrativo che sfrutta l’ambiente e il rapporto del protagonista con esso quasi come un’ascesa dantesca verso una salvezza lontana, costellata di scontri e scelte moralmente complesse, a cui il protagonista si sottopone.

Questa crescente evoluzione emotiva del personaggio è acuita anche dallo scontro con creature che strizzano l’occhio al body horror, commistioni tecno-organiche che sembrano figlie del delirio artistico di H.R. Giger, il padre dello xenomorfo di Alien. Questi esseri mostruosi, dotati di fisionomie che preservano una parvenza di umanità ma la deformano in modo grottesco sono un elemento visivamente forte, che acuisce quel senso di orrorifica inquietudine prima accennato. Niehi piega questi esseri dalle articolazioni innaturali e dalla potenza sovrumana a un dinamismo ipercinetico, ritratto tramite accelerazioni muscolari vertiginose che il mangaka rende con un uso intelligenze e pratico della sfocatura del movimento stesso. Nihei, con l’avanzare della storia, prende sempre più familiarità con il disegno, passando da fisionomie inizialmente poco convincenti a tratteggi più curati, padroneggiando con sempre più perizia anche l’utilizzo della cinetica e dell’espressione del movimento.

Un cult della letteratura manga

Blame! ancora oggi, dopo venticinque anni dal suo esordio, mantiene inalterato quel suo angosciante sense of wonder che incolla il lettore alle pagine. La sua trama semplice ma empaticamente percepibile è quantomai attuale, se ci si lascia avvincere dai suoi sottotesti narrativi, e la spettacolarità delle sue tavole è un testamento della visione artistica di Niehi, capace di fare scuola e ispirare anche artisti moderni come il francese Bablet. Niehi ha saputo creare un universo narrativo claustrofobico ma avvincente, in cui l’immobilità di un mondo pressochè morente e i pochi dialoghi sono una centellinata voce che rompe un soffocante silenzio, graficamente graffiato da onomatopee potenti. D’altronde, non deve ingannare il facile accostamento del titolo al termini inglese omonimo che indica la colpa (tema comunque vagamente presente nell’opera) ma per stessa ammissione del mangaka è un’onomatopea che richiama al rumore di uno sparo. Per completezza, va indicato che Niehi ha in seguito realizzato un prequel narrativo, Noise, ma la lettura di quest’ultimo rischia di privare Blame! della sua aura di mistero in merito al passato di questo incredibile mondo.

Non potrebbe esserci miglior modo di apprezzare l’opera di Niehi della Blame! Master Edition di recente pubblicazione per i tipi di Planet Manga. Il ciclo completo viene raccolto in sei volumi brossurati di generose dimensioni (18x26), impreziositi da una sovracoperta argentata, che si consiglia di sfilare durante la lettura, valorizzata da uno studio grafico che enfatizza l’aspetto epico della vicenda e offre un gradevole effetto fronte-retro dell’illustrazione di copertina.  La carta utilizzata è una usomano di buona grammatura, su cui le tavole di Niehi trovano pieno rispetto soprattutto nei suoi slanci verticali, con un peso dei singoli volumi, che constano tra le 350 e le 360 pagine, che ne consente un’agevole lettura.

Pur potendo acquistare ogni volume singolarmente, è da valutare la soluzione unica offerta dal cofanetto di Blame! Master Edition, che consente al medesimo prezzo di avere un solido contenitore di cartone rigido entro cui riporre la propria collezione di Blame!. Se consideriamo la caratura dell’opera di Niehi e il fatto che questa curata edizione di Planet Manga ci offre più di duemila pagine di fumetto a un prezzo poco superiore ai 100 euro, il cofanetto di Blame! Master Edition rappresenta un’occasione ideale per conoscere e apprezzare un grande cult del manga moderno.

Voto Recensione di Blame! Master Edition



Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Ambientazione sci-fi unica

  • - Impianto visivo del mondo sontuoso

  • - Storia semplice ma ispirata

  • - Edizione compelata di pregevole fattura

Contro

  • - Prima parte della serie

Commento

L’arrivo di Blame!, in un certo senso, ha contribuito a scrivere la grammatica del cyberpunk spingendo i capisaldi del genere in una direzione diversa, soprattutto nella narrativa a fumetti. Ironicamente, Nihei non aveva questo scopo quando diede vita al suo manga, arrivato come un ripiego nella sua vita lavorativa, dopo il fallimento della sua esperienza in America come aspirante architetto. Tuttavia, è proprio questo su background lavorativo a esser il punto di maggior impatto nelle prime pagine di Blame!, dove il silenzio di questo deserto verticale di cemento e metallo viene compensato da un spettacolo visivo di grande impatto. L’esperienza iniziale con Blame! è straniante: nessun preambolo, nessun inquadramento temporale o geografico.

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Blame! Master Edition