Gurt e l'ascensore dei mondi: l'esagerato trip di Friedl e Oscarito

Nuova proposta italiana di Panini Comics, Gurt e l'ascensore dei mondi è il nuovo lavoro di Isaak Friedl e Oscarito.

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a cura di Raffaele Giasi

Senior Editor

Che il fumetto italiano stia vivendo anni d'oro non lo diciamo noi, ma la straordinario riscontro di vendite di tante produzioni nel nostro Paese che, unito alla nascita di artisti sempre più promettenti, ha visto il rifiorire dell'arte del fumetto nostrano, con un'offerta che riesce (con successo) a spaziare tra ogni genere e ogni età.

Anche Panini, storicamente legata al fumetto d'oltreoceano di casa Marvel, nell'ultimo periodo ha cominciato ad interessarsi alle produzioni italiane, facendone per altro uno dei suoi cavalli di battaglia al recente Lucca Comics 2018.

Tra le varie proposte, la più intrigante e, per certi versi, stravagante, è stata certamente quella di “Gurt e l'ascensore dei mondi”, primo volume di quella che sarà una serie, ad opera del duo di giovani talenti composto da Isaak Friedl ai testi, e Andrea “Oscarito” Carenzi ai disegni.

Di che si tratta? Sostanzialmente di un velocissimo e sconquassante trip sotto acidi pesanti, a metà tra lo shonen e il fumetto undeground americano degli anni '80. Chiunque in sala abbia percepito la frase di cui sopra come un'offesa si ravveda: è un complimento.

La storia è quella di Gurt Boznikov, un fattorino specializzato in consegne che a nessun'altro verrebbe in mente di fare. Nell'ordinarietà della sua vita, vissuta tra una consegna scavezzacollo e un'altra, Gurt passa il suo tempo con la sua famiglia, tra una moglie decisamente procace, e i suoi figli scalmanati ma amorevoli. Non da sottovalutare: Gurt è un mostro, ma non solo lui, lo è tutto il suo mondo, tutto il suo universo narrativo. Il personaggio di Friedl e Oscarito vive in una realtà parallela alla nostra, con città, cellulari, PC e consegne in stile Amazon, con l'unica differenza che ad abitare il mondo sono creature dall'aspetto mostruoso, tratteggiate con lo stile tipico di Oscarito, dai suoi personaggi con contorni morbidi, dai suoi colori che mescolano tonalità pastello a sfolgoranti luci al neon in quello che, sinceramente, è ad oggi il suo lavoro tecnicamente più appagante e riuscito (e non che ad oggi Carenzi sia stato sottotono, anzi). In certi frangenti sembra di leggere la versione manga di Monster Allergy, però scritta e disegnata sotto ketamina, con tutto quello che idealmente ne consegue... più o meno.

Gurt, dicevamo, è dunque un mostruoso e abilissimo fattorino. Il suo aspetto è “ordinario” e paffuto, ed ha la flemma di chi vive placidamente e senza preoccuparsi troppo di quello che ha intorno. Tutto procede regolarmente nella sua vita insomma, finché in seguito ad una visita medica di routine, viene suo malgrado coinvolto in una consegna per il locale boss malavitoso, Don Ombroso, che terrà in scacco sua moglie ed i suoi figli fintanto che il fattorino non consegnerà un misterioso pacco all'interno di un ascensore che, a quanto pare, nessuno sa dove vada a finire di preciso.

Di più, francamente, non ci va di dirvi, perché Gurt e l'ascensore dei mondi, nel suo ritmo serratissimo, quasi frenetico, si gioca sulla questione dell'ascensore buona parte di questa sua prima run, in cui ovviamente Friedl tesse quelle che sono le basi di un racconto molto più ampio e, certamente, più sfaccettato, specie leggendo le pagine conclusive del volume.

Per certi versi siamo molto vicini a quanto avevamo letto tempo fa con il Kids with Guns di Capitan Artiglio (Bao), in cui allo stesso modo diversi generi si mescolavano per creare una sorta di “shonen europeo”, ed in cui allo stesso modo si susseguivano una moltitudine di eventi, combattimenti e retroscena svelati a piccole dosi.

Ecco, Gurt fa più o meno lo stesso, con la netta differenza di esser, se possibile, ancor più veloce nella sua narrazione. Alternando sesso e violenza (precisiamolo: è un fumetto decisamente per adulti) a ben poche spiegazioni. Gurt è un protagonista inconsapevole di quello che gli accade intorno, e si vede costretto a procedere sui suoi passi volente o nolente, e così allo stesso modo viene sconquassato il lettore, che si ritrova a capirci di più sulla vicenda insieme al protagonista, venendo a conoscenza di poche informazioni in più su quello che sta accadendo, atte a dare contesto e corposità alla storia del mondo che sta a contorno, quanto mai vivo e pulsante e non semplicemente messo lì per fare contesto. A volte capiterà di trovarsi letteralmente spaesati da quanto accade, complice l'ambientazione “mostruosa” e sopra le righe, ma in linea di massima tutto procede liscio ed il volume resta godibile dall'inizio alla fine portando, per altro, ad un notevole ribaltamento del personaggio di Gurt, che da goffo fattorino si trasforma ben presto in un tostissimo giustiziere, voglioso più che mai di vendicarsi del torto subito da parte di Don Ombroso.

Forse, l'unico neo, è quello di proporre un inizio troppo lento, contrastato poi da una accelerazione improvvisa e inarrestabile fino alla fine del volume, ma considerata la natura introduttiva di questo numero uno diremmo che si può tranquillamente chiudere un occhio, specie se si considera, come detto, la forte influenza shonen sul racconto, da cui Gurt eredita – de facto – buona parte della sua costruzione narrativa, compreso il modo in cui i personaggi vengono presentati, in particolare il tamarrissimo (ed anche qui è un complimento) Death Machine, che ben presto diverrà per Gurt una spalla preziosa ed insostituibile nella sua lotta a Don Ombroso.

In buona sostanza la storia c'è e funziona, e la questione dell'ascensore riesce a creare, nella sua stravaganza, un piglio notevole sul lettore. La cosa più interessante, per altro ben spiegata dal carattere del personaggio di Gurt, è che nella scrittura di Friedl, in fin dei conti, nulla sembra davvero quello che è: i mostri non sono davvero mostri, i buoni non sono davvero fessi, i duri non sono davvero malvagi, e gli ascensori non sono davvero ascensori. Ok, magari l'ultima parte della frase vi suonerà strana, ma è esattamente il modo in cui vi sentirete leggendo Gurt. Vi suonerà strano, forse vi toccherà persino rileggerlo (anche solo per ammirare di nuovo certe tavole, di assoluto dinamismo, ad opera di Oscarito), ma poi in fin dei conti lo amerete e ne vorrete ancora un po', anche solo per il desiderio di risolvere la vostra curiosità. Perché strano e diverso non sono sinonimo di brutto, ed accostarli in questo senso non è sinonimo di semplice superbia, semmai di stupida ignoranza.

(si ringraziano gli autori per le immagini nell'articolo: studi preparatori del volume, i cui colori non sono quelli del prodotto finito)