Hulk: le origini del Gigante di Giada

Figlio della paura dell'atomica, Hulk è uno dei primi personaggi della Marvel Comics, alla sua rinascita negli albori della Silver Ager

Avatar di Manuel Enrico

a cura di Manuel Enrico

Grosso, dal colorito inconfondibile e dal carattere decisamente problematico. Eppure dotato, quando sotto controllo, di una delle migliori menti scientifiche dell’intero Marvel Universe. Ovviamente, è preferibile avere a che fare con il placido Bruce Banner, ma gli appassionati di fumetti riconoscono con maggior facilità la sua muscolosa controparte verde: Hulk.

Personaggio amato e spesso al centro di alcune delle più appassionati storie del Marvel Universe, Hulk è uno dei primi supereroi del Marvel Universe, anche se la definizione di eroe sembra calzare stretta al voluminoso energumeno dalla distruzione facile. Eppure, Hulk è un figlio dei primi anni Marvel, un periodo che ha segnato in modo inequivocabile la Silver Age dei comics dei supereroi.

Un eroe figlio dell’era atomica

Con il prepotente ritorno dei fumetti sui supereroi nelle edicole americane dopo la lunga assenza iniziata con la fine del periodo della Golden Age, la fu Timely Comics, nel frattempo divenuta Atlas Comics, decise, per volontà del suo proprietario Martin Goodman, di tornare a pubblicare fumetti sugli eroi in calzamaglia. A sostenerlo in questa avventura, Goodman aveva un giovane Stan Lee, editor capace e in grado di tirare fuori il meglio da collaboratori del calibro di Steve Ditko, Jack Kirby e Wally Wood.

I primi frutti di questa rinascita furono icone del fumetto come Fantastici Quattro, Spider-Man, tutti caratterizzati da un elemento comune nella loro genesi: la scienza. Nei primi anni ’60, infatti, la popolazione americana aveva una percezione della scienza piuttosto cupa, vedendola come una minaccia più che una potenzialità. Gli incubi dell’atomica erano freschi nell’immaginario collettivo, generando nell’americano medio idee piuttosto estreme sulle conseguenze delle radiazioni. Per la mente di Lee, impegnato a creare i nuovi personaggi della neo nata Marvel, questo era un punto di partenza ideale.

Non dimentichiamo che l’America viveva le ansie e le fobie della Guerra Fredda, con il timore del costante annientamento atomico. Come da tradizione, Lee scelse di cavalcare quindi questo sentimento comune per cercare una sinergia tra il futuro eroe e i lettori, legando indissolubilmente il suo personaggio ad un altro dei tanti aspetti della scienza che tanto atterriva il popolo americano.

Dopo avere utilizzato i raggi cosmici per dare vita ai Fantastici Quattro, legati al crescente interesse per l’esplorazione spaziale, Lee, quindi, si affidò alla paura dell’energia atomica per il suo nuovo personaggio, ma come suo solito il Sorridente Stan aveva già intercettato un’altra caratteristica che era necessario inserire nella sua nuova creazione

“Era più che evidente che la Cosa era il personaggio più popolare dei Fantastici Quattro. Da diverso tempo mi ero accorto che la gente era portata a preferire qualcuno che non fosse propriamente perfetto. Se ci pensate tutti ricordano Quasimodo, ma con quanta facilità potete citare un eroe, gradevole e più affascinante de Il gobbo di Notre Dame? E poi c’è Frankestein… Ho sempre avuto un certo trasporto per il mostro di Frankenstein. Nessuno potrà mai convincermi che sia lui il cattivo. Non voleva ferire nessuno, cercava solo di trovare una seconda esistenza cercando di difendersi, cercando un compromesso con chi lo vorrebbe distruggere. Decisi che tanto valeva prendere in prestito anche dr. Jekill e Mr Hyde a questo punto: il nostro protagonista sarebbe costantemente passato dalla sua identità normale al suo alter ego superumano e viceversa”

Per Lee, si trattava dunque di trovare il perfetto equilibrio tra queste ispirazioni letterarie e le potenziali paure dei lettori. A dargli man forte ci fu il solito Jack Kirby, figura essenziale nella nascita dei primissimi personaggi del Marvel Universe, dai Fantastici Quattro agli X-Men. Anche il futuro di Hulk passò dunque per le mani del Re, che ebbe il compito di realizzarne il design.

Era necessario creare un contrasto tra il fragile e geniale Bruce Banner e il ben più energico e selvaggio Hulk. Kirby confessò che per definire l’erculea forza del Gigante di Giada venne ispirato nel vedere un madre che sollevò una macchina per salvare il proprio figlio, animata da una forza isterica.

Definito i caratteri essenziali del nuovo personaggio, Lee era ancora in cerca di un nome per le sue identità. Per la sua parte umana, si affidò nuovamente al principio dei nomi allitterati, che riteneva più facili da ricordare. Eppure, nonostante avesse scelto inizialmente di chiamare il lato umano del personaggio Bruce Banner, in seguito il Generalissimo riuscì a sbagliare il nome chiamandolo Bob. Errore notata dai lettori, risolto con un’operazione di retcon che portò a ribattezzare il personaggio in Robert Bruce Banner.

Riusciti a definire il personaggio, Lee e Kirby erano quindi pronti ad andare in edicola con il primo numero, che uscì nel maggio del 1962. E se i due creatori erano convinti di aver risolto ogni potenziale problema del verde energumeno, The Incredibile Hulk #1 mostrò loro un problema che non avevano considerato: il colore

Esperimenti cromatici

Quando si trattò di andare in stampa, Lee aveva deciso per una colorazione grigia per Hulk, in modo da non conferirgli una connotazione etnica precisa. Una scelta che mise in difficoltà il responsabile della colorazione degli albi, Stan Goldberg. Ad ogni numero di The Incredibile Hulk la pelle del personaggio assumeva una diversa tonalità di grigio.

Situazione insostenibile, che costrinse Lee a optare per una nuova colorazione, scegliendo il verde. Si decise, quindi, di ripubblicare le prime storie con la definitiva colorazione. Nel corso degli anni, il colore grigio, tuttavia, tornò nelle storie di Hulk, quando si decise di far emergere le diverse personalità del personaggio.

Il buon Goldberg quindi riuscì infine a dare la giusta colorazione del personaggio, uno sforzo lodevole, ma che risultò vano, considerato che The Incredibile Hulk venne chiuso con il sesto numero, a causa delle scarse vendite.

Trovare spazio nel Marvel Universe

La chiusura della serie solista di Hulk, però, non portò alla scomparsa del personaggio, che anzi divenne il primo eroe Marvel a diventare una guest star in altre serie. Dopo una prima apparizione nel dodicesimo numero di The Fantastic Four nel marzo del 1963, Banner e il suo muscolo alter ego ebbero un’altra occasione di tornare in azione come protagonisti quando fu loro consentito di entrare nella prima formazione di supereroi di casa Marvel: gli Avengers.

Nelle idee iniziali, Hulk era uno dei fondatori di questa superformazione, ma la sua indole divenne nuovamente un problema, quando le sue azioni spinsero i Vendicatori prima a fermarlo ed infine a cacciarlo dalla loro squadra. Eppure, questi passaggi resero Hulk un personaggio apprezzato dal pubblico, al punto che Kirby ricevette da una confraternita studentesca una lettera in cui si avvisava il co-creatore del personaggio che Hulk era diventato la loro mascotte.

Una rivelazione che convinse la Marvel che per il personaggio non era spacciato, ma aveva del potenziale, soprattutto presso il pubblico degli studenti dei college. Scelta che spinse la casa editrice ad inserire il personaggio all’interno di Tales to Astonish, a partire dall’ottobre 1964. Fu una vera rinascita per il personaggio, che venne affidato a nomi del calibro di Lee, Ditko, Kirby, Everett o Buscema.

Nell’aprile 1968, Tales to Astonish viene rinominato in The Incredibile Hulk, serie su cui arriverà, nel 1974, un autore che farà la fortuna del personaggio: Len Wein.

A Lein si deve una delle run più iconiche del Gigante di Giada, durata dal 1974 al 1978, con il supporto di due grandi matite Marvel: Herb Trimple e Sal Buscema. Durante questo periodo, Wein ebbe modo di dare a Hulk una definizione precisa, introducendo nuovi avversari e tenendo a battesimo un personaggio che negli anni a venire sarebbe divenuto un pilastro del Marvel Universe: Wolverine.

L'umanità di Hulk

Divenuto popolare in particolare grazie ad una delle prime serie televisive Marvel, Hulk è divenuto parte essenziale del Marvel Universe a partire dai primi anni ’80. Eppure, il suo impatto culturale è iniziato molto prima, sin dalle sue origini.

I personaggi Marvel nati agli albori della Silver Age erano frutto di una serie di tensioni sociali e culturali che attraversavano la società americana. Se i Fantastici Quattro erano esploratori spaziali, Iron Man rappresentò l’industriale bellico che prosperava nel periodo della Guerra Fredda, e a Hulk venne affidato il ruolo di incarnazione della paura atomica.

Ma ben vedere, Hulk è molto di più. Il suo dualismo va oltre la tradizionale dicotomia tra maschera e uomo nel costume, è una lotta interiore tra due anime che vogliono emergere, una razionale e una più ferina, libera. Non a caso, nel corso della sua lunga vita editoriale Hulk mostra diverse personalità, da Fixer a Red Hulk, arrivando persino a trovare un equilibrio tra le sue due nature principali.

La bellezza di questo personaggio, specialmente nelle prime storie, è vedere come in realtà Hulk sia un essere tutto sommato semplice, che vorrebbe trovare un luogo isolato in cui isolarsi dal resto dell’umanità, vista come debole e fastidiosa. Solo in seguito viene dato al personaggio una possibilità di parlare, seppure in modo rudimentale e in terza persona.

Il successo di Hulk si nasconde proprio in questa apparente duplice natura, una visione delle divisione tipiche dell’animo umano trattato con il piglio tipico del fumetto, ma innegabilmente umano.

Potete rivivere le prime avventure di Hulk con il volume L'incredibile Hulk vol. 1