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a cura di Tom's Hardware

luislouro
Immagine: luislouro @depositphotos

Una delle prima cose che, volente o nolente, ogni lettore deve imparare, è che esistono diversi generi letterari: anche se non sa spiegare di preciso che cosa essi siano, un bambino di otto anni riesce già a distinguere senza soverchie difficoltà la favola dal romanzo d'avventura, la filastrocca dalla parabola evangelica.

Persino l'ipotetico non-lettore assoluto, il tipo, per intenderci, che si vanta (sissignori: si vanta!) di non aver mai letto un libro in vita sua, quando si sdraia sul divano davanti alla TV, con la bibita e il mitico sacchetto delle patatine in grembo, è comunque in grado di distinguere una telenovela da un colossal, un film di guerra da un giallo, e capisce sin dalle prime battute la differenza: non solo per l'ambientazione, ma anche perché ognuna di queste categorie ha le sue regole, regole  non sempre scritte, ma comunque indispensabili.  Per esempio, in un giallo è severamente vietato barare, nascondendo le prove: lo spettatore (o il lettore) deve aver sempre avuto l'assassino davanti agli occhi; colpa sua se ha ignorato gli indizi che il regista gli disseminava e si è lasciato confondere dalle sue false piste.

Per la letteratura, tanto quella "alta" quanto quella cosiddetta "di consumo", è esattamente lo stesso: in una tragedia non si potevano inserire impunemente personaggi che facessero ridere; allo stesso modo, un romanzo di fantascienza deve spiegare le cose in modo appunto "scientifico", o almeno fare finta; al contrario della cosiddetta fantasy, che se ne frega allegramente della plausibilità scientifica: streghe, orchi, folletti, vi godono piena cittadinanza e non devono essere "spiegati" ma accettati, appunto perché parte essenziale di quel particolare genere.

L'unico, vero criterio che sorregge la letteratura è insomma il patto implicito fra lettore e scrittore, per cui io compero il tuo libro e provo a leggerlo, dandoti fiducia e accettando i tuoi presupposti, anche i più assurdi; ma tu, autore, non mi puoi ingannare, spacciandomi una cosa per un'altra, e devi essere coerente sino in fondo con le tue premesse, quali che siano.

Il peggior delitto

Tutta la letteratura ha dunque le sue leggi. Diversamente dalla storiografia, che indaga la realtà dei fatti accaduti, nel romanzo storico è lecito introdurre personaggi e fatti inventati dall'autore, purché "minori", ossia che non cambino la storia come la conosciamo.

In questi romanzi chiunque, anche un Manzoni, può incappare nel banale errore; tra gli altri peccati troviamo a volte anche l'anacronismo, ossia l'attribuire a un tempo qualcosa che in quel tempo non ci poteva essere; ma il vero delitto capitale di un narratore consiste nell'abusare della libertà concessagli, inventandosi i fatti storici, sconvolgendo le cronologie, introducendo informazioni arbitrarie, ovvero documenti non autentici, spacciati al lettore come tali.

paulfleet
Immagine: paulfleet @depositphotos

Ricordo, a questo proposito, l'ultima conversazione avuta con il mio Maestro, il grande Franco Sartori, storico e Decano dell'Istituto di storia antica all'Università di Padova: ce l'aveva con uno sceneggiato televisivo su Nerone, pieno, a suo parere, di inutili inesattezze, di incongruenze cronologiche; diceva amareggiato che lo sceneggiatore era libero, se proprio voleva, di inventarsi una relazione segreta di Nerone con una schiava: non ne abbiamo testimonianza ma non potremmo neppure escluderla, quindi avrebbe fatto parte di quella "zona grigia" in cui ci si può liberamente sbizzarrire con la fantasia. Viceversa, spostare le date degli imperatori, è invece un vero e proprio arbitrio che non può essere giustificato dalle esigenze della drammatizzazione.