Il Diavolo in Ohio, recensione: una miniserie che non potete lasciarvi sfuggire

La nostra recensione de Il Diavolo in Ohio, una nuova miniserie targata Netflix con protagonista Emily Deschanel.

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a cura di Nicholas Mercurio

Il Diavolo in Ohio, disponibile su Netflix, è una nuova miniserie horror che si aggiunge al servizio streaming statunitense, trattando un tema che potrebbe interessare agli appassionati dell’occulto. Suddivisa in otto episodi della durata di quarantacinque minuti, il racconto è ispirato a una terribile storia vera narrata nell’omonimo romanzo young adult scritto dall’autrice Daria Polatin. La piattaforma streaming ha approfittato del successo del libro per proporre un adattamento cinematografico che vede protagonista la talentuosa Emily Deschanel (Bones), e al suo fianco la giovane promessa del cinema a stelle e strisce Madeline Arthur, conosciuta per il ruolo di Willa Warren nella serie televisiva The Family. A dirigere la miniserie troviamo dei registi del calibro di John Fawcett, Stevan A. Adelson, Leslie Hope e Brad Anderson, scelti appositamente da Daria Polatin per adattare al meglio la sua storia.

La morte è in ogni angolo

La dottoressa Suzanne Mathis (Emily Deschanel) è una psichiatra e una madre moderna che tiene molto alla famiglia, accudendo le figlie Jules (Xaria Dotson), Helen (Alisha Newton) e Dani (Naomi Tan) con amore, riuscendo a mantenere un’intimità con suo marito Peter, impersonato da Sam Jaeger. Vivono una vita tranquilla, agiata e ben sistemata in una casa ai margini di Columbus (sebbene la miniserie sia stata girata a Vancouver, in Canada), proprio vicino ai boschetti e alle campagne della contea. Quanto può durare, però, tutta questa apparente tranquillità?

Tutto inizia da una chiamata dall’ospedale in cui lavora Suzanne che, costretta a raggiungerlo prima che inizi il suo turno, fa una scoperta orribile su una giovane paziente sfuggita a un abuso. La ragazzina, che risponde al nome di Mae, è spaventata, traumatizzata e ha inciso sulla schiena un pentacolo rovesciato, un simbolo che, per chi non lo conoscesse, rappresenta il satanismo. Dopo questa amara scoperta, la psichiatra cerca di trovare in ogni modo riferimenti sul passato della ragazza, che a malapena riesce a proferire parola. Indaga sulla sua famiglia, cercando numeri telefonici, viaggiando da un capo all’altro della contea con la speranza di trovare qualunque informazione su di loro, ma Mae è un mistero che porta con sé più domande che risposte.

La serie, che ruota attorno alla ricerca della verità sulla ragazza e la setta dalla quale è fuggita, sin da subito mette in luce un’ottima personalizzazione delle due protagoniste principali, costrette dal corso degli eventi a doversi abituare l’una all’altra. Mae, infatti, non ritrovando la sua famiglia, viene ospitata da Suzanne per novanta giorni, il tempo necessario perché la ragazza si iscriva a scuola mentre le indagini, condotte dal detective Lopez (Adrian Bellani), continuino per ricostruire cosa è accaduto la notte della fuga.

La miniserie si divide in due filoni distinti e ottimamente delineati da una scrittura intelligente e appassionante: se da una parte siamo partecipi delle conflittualità, dei dissapori e dell’amore che la giovane Mae impara a conoscere, dall’altra veniamo sconvolti dal suo passato. Ogni scena è stata girata affinché lo spettatore provi ansia e paura, e a creare ulteriore soggezione è soprattutto il comportamento imprevedibile della giovane, che in più di un’occasione ci ha angosciato a causa dei suoi sguardi spiritati, sintomo del terrore che ancora prova per il suo passato. Ma è realmente così, oppure è solo tutta apparenza?

Perché se la giovane attira la compassione di Suzanne, le sue figlie cominciano ad essere gelose di lei: è troppo bella, troppo popolare (una volta che viene ammessa a scuola) ed è troppo intelligente, molto più di quanto la stessa Suzanne si sarebbe aspettate. Mae nasconde, oltre a un passato oscuro, un altarino in onore di Lucifero fuori dall’abitazione della famiglia. Lo visita spesso, portando oggetti che appartengono ai suoi tutori, per benedirli e sostenerli, e per ringraziare che il fato l’abbia condotta in un luogo tranquillo. Sembra però che sia il passato, invece, a non volerla lasciare stare.

Se nei primi episodi veniamo introdotti alle vicende del racconto, dalla quarta fino all’ottava la narrazione prende una piega più sinistra, mettendo al centro i tormenti di Mae e le sue paure. La ragazza, nonostante sia fuggita dalla setta, è combattuta: secondo un’antica leggenda, infatti, incarna la salvezza di Lucifero, e continua a sostenere che non può “Spezzare la catena” e tradire in questo modo la sua gente. In contrapposizione, però, conosce le libertà che solo una ragazzina di sedici anni può vantare, conoscendo le classiche uscite al centro commerciale, le serate al bowling e i falò con gli amici.

Nonostante si presenti come una produzione horror, in realtà Il Diavolo in Ohio è un thriller con elementi investigativi e una parentesi teen drama ben inserita nel contesto narrativo. Se ci pensiamo, è cosa rende quasi tutte le serie Netflix (comprese la recente stagione di Cobra Kai) apprezzabili agli spettatori, pur replicando dinamiche già viste. Il Diavolo in Ohio, tuttavia, ha la capacità di intrattenere dall’inizio alla fine, coinvolgendo lo spettatore come accade soltanto con i film più rinomati nel panorama.

Complici delle interpretazioni di primo livello, Il Diavolo in Ohio è una produzione che sceglie di puntare tutto sui personaggi. L’interpretazione migliore non poteva che essere di Emily Deschanel, che ha impersonato una protagonista forte alla costante ricerca della verità, seppure fragile dal punto di vista umano. Suzanne Mathis vive con la paura di perdere tutto a causa del passato perché, proprio come la povera Mae, è stata abusata psicologicamente da bambina a causa del suo patrigno, assistendo a scene di violenza domestica nei confronti della madre.

La morale del racconto, insomma, è che la sofferenza ritorna in un modo o nell’altro anche quando si cerca di fare del bene. Suzanne Mathis proietta il suo dolore sulla ragazza e su un senso di protezione che rischia di allontanarla dalla sua famiglia. Madeline Arthur è un’altra stella della produzione che, a soli venticinque anni, è stata capace di offrire una prova interpretativa matura impersonando una protagonista fuori dal comune. Mae è fragile mentalmente, esile e spaventata dal mondo, e si interfaccia con curiosità alle nuove realtà che si ritrova a vivere, sopportando il peso del passato e, al contempo, di nuovi approcci alla vita. Cresciuta lontana dalla modernità, circondata dalla follia e dell’oscurità, è una ragazza che, pur cercando di cambiare e migliorare, ha la mente totalmente annebbiata dal fanatismo.

È il tipo d’approccio presente anche nel libro, che in questo caso è stato replicato in maniera fedele dalla sua scrittrice, la quale ha svolto il complesso ruolo di showrunner. Ad averci convinto è la fotografia, i vari set e l’illuminazione ambientale, che ha esaltato le foreste, i boschetti e i fiumiciattoli dell’Ohio con il suo clima temperato. Non mancano neppure le campagne, i luoghi preferiti dalla setta.

Quale futuro per Il Diavolo in Ohio?

Al momento non sappiamo se Il Diavolo in Ohio verrà rinnovata per una seconda stagione. Considerando il successo e l’apprezzamento della miniserie, potrebbe accadere, anche se il finale autoconclusivo ci conferma che potremmo non rivederlo più.

Apprezzabilissima la scelta di raccontare una vicenda delicata e mai trattata in maniera così intensa, tra il thriller e l'horror moderno che fa più inquietare invece di spaventare. Forte di una scrittura matura e coinvolgente, la produzione offre diverse sfumature, ognuna trattata con maturità. Ci siamo innamorati di Mae e poi abbiamo compreso meglio Suzanne, scendendo in particolari agghiaccianti del suo passato. Ora non ci resta che capire quale potrebbe essere il futuro per Il Diavolo in Ohio, che meriterebbe una prosecuzione. Chissà cosa potrebbe attenderci in futuro.