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Il peggiore dei mondi possibili: recensione del mondo di George Orwell

Il peggiore dei mondi possibili è il nuovo Drago Mondadori dedicato a George Orwell, con classici come La fattoria degli animali e 1984

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Avatar di Manuel Enrico

a cura di Manuel Enrico

Pubblicato il 29/01/2021 alle 09:00 - Aggiornato il 30/01/2021 alle 21:16
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In sintesi

Il peggiore dei mondi possibili è il nuovo Drago Mondadori dedicato a George Orwell, con classici come La fattoria degli animali e 1984

  • Pro
    • - Contiente le opere più identificative dell'autore
    • - Leggere Orwell è un modo unico per comprendere il presente
    • - Cura editoriale impeccabile
  • Contro
    • - Non pervenuti

Il verdetto di Tom's Hardware

Il peggiore dei mondi possibili raccoglie le opere più emblematiche della produzione di George Orwell, autore incompreso dai contemporanei ma capace di offrire visioni precise della sua epoca, tramite racconti personali e previsioni future


Informazioni sul prodotto

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Il peggiore dei mondi possibili

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Il peggiore dei mondi possibili. Difficilmente si potrebbe concepire un titolo più inquietante per una raccolta dedicata a uno degli autori più complessi eppure affascinanti della letteratura britannica del secolo scorso, eppure sotto questo ben poco rassicurante monito Mondadori ha confezionato un volume celebrativo per George Orwell. Il Drago dedicato all’autore inglese, infatti, raccoglie alcune delle opere più celebri di Orwell, da Omaggio alla Catalogna a La fattoria degli animali, passando per Una boccata d'aria sino ad arrivare al celebre 1984, probabilmente la sua opera più nota.

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Verrebbe da chiedersi come mai si sia scelto un titolo così cupo per questo Drago Mondadori. Nelle opere di Orwell, che siano un racconto di scampoli di realtà o visioni distopiche di futuri per lui nemmeo troppo lontani, si ravvisa la volontà dell’autore di cogliere quelle sfumature della sua contemporaneità che lo resero inviso all’establishment, condannandolo anche una forma nemmeno troppo sottile di censura delle sue opere. D’altronde, Orwell, all’anagrafe Eric Arthur Blair, ebbe l’ardire di agire come libero pensatore in un periodo, la prima metà dello scorso secolo, in cui le condizioni sociali e le prime contrapposizioni politiche rendevano difficile mostrare un animo critico capace di vedere pregi e difetti in ogni schieramento.

Il peggiore dei mondi possibili: il mondo visto da George Orwell

Il merito principale di Orwell, prima che come scrittore, era di essere un uomo onesto, acuto osservatore di una società, l’Inghilterra coloniale, mostrandosi capace di cogliere i difetti del suo tempo e renderli un punto di partenza per la sua analisi critica. Analisi non scevra di richiami autobiografici, derivanti dalle sue esperienze dirette (come il servizio con l’Indian Imperial Police) che lo misero a diretto contatto con ogni aspetto della sua società. Da questo punto di vista, Orwell era destinato a divenire uno scrittore politico, una voce volutamente e fieramente fuori dal coro, capace di urlare contro un mondo che aveva bisogno di essere messo di fronte alle proprie mancanze.

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Ne Il peggiore dei mondi possibili manca purtroppo una prima opera di Orwell, Senza un soldo a Londra e Parigi, che delineava la sua figura di osservatore privilegiato, come dimostrava questo suo primo lavoro autobiografico. Un'assenza che viene compensata da Omaggio alla Catalogna, nato come resoconto della sua presenza sul territorio iberico durante la rivoluzione civile che portò i regimi fascisti a prendere il potere in Spagna. In quest’opera emerge un primo tratto essenziale della dialettica orwelliana: la disillusione, il senso di ineluttabilità che troverà maggior corpo nelle opere successive.

Se in Fiorirà l’Aspidistra, contenuto in Il peggiore dei mondi possibili, si respirava la critica alla struttura borghese dell’Inghilterra dei primi dei ‘900, è anche vero che conservava ancora una certa speranza dell’autore in un’altra possibile evoluzione del tessuto sociale, ma questa venne drasticamente spezzata dopo la sua esperienza con la delegazione laburista che si unì alle frange marxiste che si opposero all’ascesa fascista in Spagna. Omaggio alla Catalogna è il risultato di un’esperienza personale nata sotto l’ottimismo che un’altra via fosse possibile naufragata nella visione di come, in realtà, anche l’ideale marxista miseramente crollò sotto logiche di potere che Orwell raccontò durante la sua convalescenza francese. Omaggio alla Catalogna viene giustamente inserito da Mondadori al centro de Il peggiore dei mondi possibili, a rappresentare il punto focale della crescita come pensatore, prima che come autore, di Orwell.

Raccontare il mondo senza maschere

È da questa presa di coscienza che Orwell maturò la sua vena profondamente critica verso ogni totalitarismo, è da quella delusione in terra iberica che presero forma l’allegoria de La fattoria degli animali e il mondo distopico di 1984. Opere intense, scritte con un tono mai banale ma carico di significati puliti e forti, capaci di divenire così potenti che furono oggetto di pesanti attenzioni da parte delle autorità, che cercarono di ritardare la loro pubblicazione, temendo di perdere il favore di alleati internazionali essenziali nello scacchiere politico. Orwell non era un semplice scrittore, ma un critico feroce, una voce che non si allineava al coro ma si poneva in aperto contrasto, fedele solo al principio dell’essere onesto osservatore e narratore della sua epoca. D’altronde, come diceva lo stesso Orwell:

“Chiunque comprenda il ruolo centrale che la letteratura svolge nello sviluppo della storia umana, deve anche comprendere che la resistenza al totalitarismo, sia esso imposto dall'esterno o dall'interno, è questione di vita o di morte”

In questa sua dichiarazione traspare la sua vis polemica, il suo voler essere politico nel senso più puro del termine, la volontà di interagire con i propri contemporanei fornendo uno strumento di analisi asettico della propria quotidianità. Sotto questo aspetto, La fattoria degli animali e 1984 sono i suoi lavori più celebri e sentiti, incarnazioni vitali di quello spirito critico che venne apprezzato pienamente solo anni dopo la morte di Orwell, quando la sua cagionevole salute lo abbandonò a soli 46 anni, nel gennaio del 1950.

L’importanza dell’analisi sociale di Orwell, la sua lungimirante, seppure cinica e disillusa capacità di percepire le zone grigie della politica sociale, sono divenute vocabolo corrente, utilizzato per connotare oppressione e controllo asfissiante. Termini come orwelliano, Grande Fratello sono divenuti parole attuali, spesso abusate, ma capaci di veicolare il suo pensiero, grazie alla sua capacità di valorizare gli aspetti narrativi essenziali per rivestire di passione e fascino le sue congetture. Se pensiamo a La fattoria degli animali, è difficile non rivedere un’impostazione allegorica non dissimile dai grandi classici, come Esopo e Fedro, in cui anziché elogiare le virtù umane antropomorfizzandole negli animali, vengono cinicamente portate alla ribalta le bassezze dell’animo umano, rendendole i caratteri specifici delle rivoluzionarie bestiole della fattoria.

Ma per l’epoca, Orwell era un autore scomodo, incapace di chinare la testa alle esigenze dei palazzi, finendo per venire ostracizzato anziché vedere compresa la sua incredibile visione critica, avveneristica per quei tempi, che venne riconosciuta solo troppo tardi, come sostenne Calvino:

“Che si sia tardato ad ascoltarlo e comprenderlo non fa che provare quant’era in avanti rispetto alla coscienza dei tempi”

Un riconoscimento postumo, ma che non può essere negato, considerato come la sua visione dei poteri oppressivi e invasivi sia alla base di un immaginario distopico che ha trovato eco in autori successivi, arrivando a influenzare anche il cinema di fantascienza moderno, come Blade Runner, Brazil o Equilibrium. Il peggiore dei mondi possibili offre una contenuta versione di fantascienza sociale, grazie alla presenza di 1984, che lo distingue operazioni editoriali simili, come i Racconti di Arthur C. Clarke, ma che ribadisce come il contesto fantascientifico sia una perfetta dinamica per mettere alla berlina i difetti della nostra società, una concezione cara ai grandi nomi della sci-fi, come Dick, Bradbury o Gibson.

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I peggiori dei mondi possibili è una lettura che ci guida con fare sicuro attraverso la produzione principale di Orwell. Pur mancando i lavori minori in cui analizzava particolari condizioni, come quella dei minatori, o in cui si lanciava in invettive particolarmente accese, il volume di Mondadori presenta le opere di Orwell che meglio rappresentano il suo spirito. Una sensazione ribadita anche dal progetto grafico, in cui si delinea un arguto gioco di caccia alla tematica, contrapposto alla censura idealizzata tramite blocchi di nero che coprono parte dei testi delle immagini che impreziosiscono il volume.

Si potrebbe accusare Mondadori di non avere voluto inserire un comparto redazionale che approfondisse la figura di Orwell, come accaduto per altri volumi come Sword & Sorcery, limitandosi a brevi cenni biografici nella parte finale del volume, ma la scelta di lasciare spazio alle recensioni e opinioni dei suoi contemporanei è particolarmente emozionante, soprattutto se preceduta da una lettera dello stesso Orwell a un suo corrispondente, in cui viene mostrato nella sua purezza il suo concetto di politica, di vita, di arte. Mondadori ha giustamente, quindi, scelto un approccio minimalista, lasciando che siano la voce e le parole di Orwell ad avvincere il lettore, offrendo una moderna prospettiva dell’attualità che pare impossibile scaturisca da un uomo di quasi un secolo fa. Una modernità che Orwell ha ingiustamente pagato.

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