In Utero: Recensione

In Utero di Gianluca Morozzi ci racconta di un insignificante paesino nel bolognese, uno scrittore e una vita che scorre lenta… fino a quando qualcosa vuole divorare la sua esistenza.

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a cura di Massimo Costante

Senior Editor

Scriviamo queste parole dopo aver finito di leggere In Utero, l’ultimo romanzo di Gianluca Morozzi (Cut-Up Publishing, 2021) appena giunto in libreria. Chiudendo la quarta di copertina si avverte un senso di meraviglia, disorientamento e – ovviamente – orrore. Morozzi ha raccontato la vita di Nikos Armero, della sua passione per la scrittura e di come questo amore viscerale si è poi scontrato con qualcosa di antico, demoniaco e quasi inaspettato per buona parte della durata del libro. Vi starete chiedendo: ma come, non è un romanzo dark horror?

La risposta è sì, però possiamo solamente dirvi che il lavoro confezionato da Morozzi in poche centinaia di pagine è molto di più.

 In Utero, una storia nella storia

Gianluca Morozzi, classe 1971, appunto è nato a Bologna, affermandosi come scrittore sin dal 2001 quando ha esordito con Despero (Fernandel), con un grande seguito fatto da ben 35 romanzi e 250 racconti. Se volete trovarlo in libreria, le sue pubblicazioni più recenti sono Andromeda (Giulio Perrone Editore), Prisma (TEA), il romanzo per ragazzi Starhammer il Distruttore (Gallucci) e ovviamente dal 18 marzo di quest’anno il suo debutto nel romanzo horror In Utero (Cut-Up Publishing).

In Utero ci racconta la storia di Nikos Armero, un quarantenne che vuole dare un senso alla sua vita, un’esistenza limitata in un minuscolo raggruppamento di case, un bar, un cinema chiuso, un campo da calcio e un cimitero. È l’insulso paesino senz’anima della bassa emiliana, che Nikos ha ribattezzato come Spleentown, letteralmente forse perché troppo “malinconico” o privo di qualsivoglia buon umore dei suoi abitanti. Chi lo sa. Ma nel suo grigiore, mi suona molto appropriato.

Nikos vive a Speentown con la madre Sylvia, una bella donna rimasta vedova troppo presto, con dei pretendenti perfino in quel minuscolo paese dove si è rifugiata dalla troppo grande e caotica Bologna, che invece resta la meta naturale di Nikos. Vivendo nella stessa casa, madre e figlio l’hanno sezionata per avere entrambi il giusto e meritato spazio vitale. Ma il sotterraneo della casa resta zona off-limit: era il regno di quel padre che purtroppo Nikos non ha mai conosciuto, e lì sotto ci sono solo le sue “vecchie cianfrusaglie”, così gli ha spiegato la madre. Nonostante lo spazio esclusivo, Nikos sogna Bologna e una vita da scrittore…

La passione della scrittura viene condivisa con l’amico Luca Graziani, che a differenza di Nikos riesce a sfondare nel campo letterario diventando una nota celebrità. Il turno di Nikos sarebbe prima o poi arrivato. Lui ne era certo. Nel frattempo non gli resta altro che fare da codazzo all’amico scrittore, chissà che stando nella sua orbita riesca prima o poi a condividere lo stesso celebre destino. In effetti qualcosa inizia a muoversi e i sogni di Nikos non sembrano più soltanto sogni, risultando sempre più tangibili. A questo punto,vi rimandiamo alla lettura del coinvolgente racconto di Morozzi, che nella sua semplicità è riuscito a conquistarrci.

Un horror inaspettato

E' certamente evidente che Morozzi si è sempre dedicato ad altri generi. Il volume consta poco più di un centinaio di pagine, eppure, l’autore è riuscito a proiettarci benissimo nella vita di Nikos, raccontando brandelli della sua infanzia e di come si è legato ad alcuni personaggi di Spleentown, dei suoi giorni a liceo dove primeggiava con i suoi temi di italiano e dei suoi sogni col suo migliore amico. Dando ragione a Stefano Fantelli che si è occupato della prefazione di questo libro (autore della recente antologia La ragazza con l’occhio di vetro), Morozzi è come un Fender Frontman 10G: un amplificatore per chitarra elettrica dall’ottimo rapporto qualità prezzo, proprio perché con la sua prosa semplice e incalzante ti racconta una storia come farebbe un buon amico in uno dei caratteristici locali di Bologna, seduti a un tavolaccio a sorseggiare una pinta di birra.

La narrazione è semplice ed essenziale, la forma è breve, ma travolgente negli eventi, soprattutto per chi ama i libri e la scrittura come il protagonista della storia, mosso dalla sua voglia di riscatto dalla vita provincialotta, gli amori mancati. In Utero appassiona già per il piccolo ecosistema creato per Nikos, ma vi assicuro che prima di prendere una piega decisamente horror, seppur nella sua brevità, occorre andare ben oltre la metà del libro. Un libro che non sa di essere un horror e che solamente in prossimità del suo epilogo offre uno spaccato sconcertante, aprendo degli squarci di storie – anche molto note – nella storia di Morozzi.

Nell’opera non mancano tanti graditi omaggi, prima di tutto alla bellissima città di Bologna, alla figura di Kurt Cobain (c’era da aspettarsi un qualche rimando musicale, dato che Morozzi è anche un buon musicista), alcuni spunti di note pellicole cinematografiche e ai fumetti di culto come Dylan Dog.

Ci sarebbe piaciuto avere la possibilità di approfondire alcune figure, come quella malinconica di Iride o quella comprimaria di Sylvia anche se le è stato riservato un ruolo chiave in tutta la storia. Senza fare spoiler inopportuni, come già detto, Morozzi tira in ballo piccoli ma reali elementi storiografici, che insieme all’espediente horror utilizzato, in questo contesto potevano essere anche approfonditi, avendo stimolato non poco la curiosità del lettore. Spunti che rappresentano un ottimo materiale per un prequel.

In Utero si rivela una magnifica scoperta, che introduce al meglio Morozzi nel panorama dell’horror italiano dopo aver solcato altri generi e le influenze in questo lavoro si notano. Una narrativa semplice che potrebbe piacere anche ai non amanti del genere, pur precisando l’inevitabile declinazione oscura della storia nel suo epilogo. Consigliamo di leggerlo ascoltando proprio In Utero album dei Nirvana di Kurt Cobain del 1993 (a proposito di coincidenze, il titolo dell’opera non vuole omaggiare il gruppo americano, nonostante sia citato anche nel corso del romanzo).

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