Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo: nuovi avversari per Indy

Nuovi nemici al passo coi tempi e misteri alieni al centro di Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo, il quarto capitolo della celebre saga

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a cura di Manuel Enrico

La lunga vita di Indiana Jones sembrava essere giunta al termine quando venne chiusa la serie televisiva Le avventure del giovana Indiana Jones. Pur rimanendo uno dei personaggi del cinema anni ’80 più amato dal pubblico, l’archeologo avventuriero trovava pochi sbocchi per una nuova avventura al cinema, vivendo invece nuove storie in altri media, come il mondo dei videogiochi. Eppure, l’idea di quello che sarebbe divenuto Indiana Jones e il regno del tempio di cristallo prese forma nella mente di Lucas già durante la lavorazione della sfortunata serie sul giovane Indy.

Scrivere il nuovo capitolo di Indy

Durante la produzione de Le avventure del giovane Indiana Jones, Lucas era solito introdurre gli episodi con una versione più matura di Indy, che raccontava i suoi ricordi adolescenziali come un lungo flashback. Per un episodio venne richiesto a Harrison Ford di tornare ad indossare il cappello di Indy, per una parentesi a Chicago nel 1920. Questa ripresa venne fatta nel dicembre del 1992, occasione in cui Lucas cominciò a ragionare sulla possibilità di raccontare una storia con un Indy più maturo.

L’idea era quella di ambientare la storia negli anni ’50, con una citazionismo alla fantascienza cinematografica del periodo, composto principalmente di B-Movie e in cui non potevamo mancare gli alieni. Mentre Lucas pensava a come dare vita al suo film, Spielberg era intenzionato a non fare più parte del progetto nel ruolo di regista, ma al massimo come produttore.

Nelle idee di Lucas, nel nuovo capitolo Indiana Jones avrebbe dovuto sposarsi, occasione in cui sarebbe tornato in scena anche Henry Jones sr (Sean Connery). Ad espandere il concept iniziale di Lucas intervenne la scoperta che Joseph Stalin fosse stato interessato alla guerra psichica, elemento che rendeva quindi i sovietici dei potenziali cattivi e consentiva di sviluppare la presenza degli alieni. La prima elaborazione dello script venne affidata a Jeb Stuart, che tra ottobre del 1993 e maggio del 1994 lavorò arrivando ad una prima definizione della storia, come spiegato in uno script datato Febbraio 1995

“Il prologo è ambientato in Borneo nel 1949, con Indiana che chiede alla Dottoressa Elaine McGreagor di sposarlo dopo aver sconfitto dei pirati. Lei lo abbandona all’altare, perché il governo richiede la sua presenza per analizzare un misterioso cilindro alieno (ricoperto da simboli egizi, maya e in sanscrito) scoperto in Nuovo Messico. Indiana la insegue, si scontra con degli agenti russi e gli alieni per il cilindro. Lo script prevede un esercito di formiche, un combattimento su uno sperone roccioso, Indiana Jones che sopravvive ad un’esplosione atomica rinchiuso in un frigorifero, e infine una battaglia finale tra l’esercito americano e dei dischi volanti. Un cameo di Henry Jones sr., Short Round, Sallah, Marion Ravenwood e Willie al matrimonio di Indiana ed Elaine. Indiana è anche un ex colonello e durante la Seconda Guerra Mondiale era stato assegnato all’O.S.S.”

In questa fase il film si intitolava Indiana Jones and the Saucer Men from Mars. Dopo questa prima elaborazione, venne assunto Jeffrey Boam per scrivere le nuove sceneggiature, che venne completata nel marzo del 1996. Nel frattempo nei cinema era arrivato Indipendence Day, motivo che spinse Spielberg a non voler dirigere un film che comprendesse un’invasione aliena. Viste le continue complicazioni, Lucas mise in pausa il film di Indiana Jones per dedicarsi ad un altro progetto che stava sviluppando da anni: i prequel di Star Wars.

Se Lucas tornò a pensare a Indiana Jones, il merito fu dei suoi figli che continuavano a chiedere come mai non ci fossero nuove avventure di Indy. Nel 2000, durante una cerimonia dell’American Film Institute per celebrare Harrison Ford, Luca, Spielberg, Kathleen Kennedy e Ford incontrarono e decisero che era arrivato il momento di tornare a lavorare su Indiana Jones. Spielberg, dopo una serie di film dai toni piuttosto cupi (come Minority Report e Munich), era in cerca di un progetto più leggero e tornare a lavorare su Indiana Jones era una prospettiva allettante. Rimaneva solo la questione della sua reticenza a raccontare di un’invasione aliena (già trattata in La Guerra dei mondi del 2005), ma Lucas convinse l’amico che non si trattava di alieni ma di esseri interdimensionali.

Sempre intenzionato a farsi ispirare ai B-movie fantascientifici anni ’50, Lucas aveva bisogno di trovare un elemento che motivasse in modo ragionevole la presenza degli esseri interdimensionali. Memore degli studi fatti per degli episodi mai realizzati de Le avventure del giovane Indiana Jones, Lucas decise di utilizzare il mistero che circonda i teschi di cristallo, curiosità archeologiche che per Lucas erano al pari dell’Arca dell’Alleanza. Nel frattempo che si cercavano nuove idee per dare corpo al film, diversi grandi nomi di Hollywood si accostarono al progetto.

M. Night Shyamalan era stato assunto per curare il progetto nell’idea di arrivare al cinema nel 2002, ma sentì troppo il peso di dovere scrivere un capitolo del mito di Indiana Jones, convinto che fosse impossibile accontentare e far concordare Lucas, Spielberg e Ford. Venne quindi assunto un veterano della storia di Indy, Frank Darabont, già autore di diversi episodi de Le avventure del giovane Indiana Jones. La proposta di Darabont, intitolata Indiana Jones and the City of Gods, vedeva l’archeologo muoversi nel 1950 sulle tracce di nazisti rifugiatisi in Argentina, su suggerimento di Spielberg, basandosi sul fatto che alcuni fuggitivi nazisti trovarono riparo nell’Argentina peroniana. L’idea, ovviamente, piaceva a Spielberg, ma si scontrò con le perplessità di Lucas, che infine decise di riprendere in mano la scrittura del film.

Lucas e Spielberg, nonostante le varie complicazioni, concordavano che il nuovo film dovesse ambientarsi negli anni ’50, decidendo di calare Indy nella contemporaneità del periodo, abbandonando quindi i nazisti e avvicinando il personaggio alla Guerra Fredda, rendendo quindi i Sovietici nuovamente il nemico ideale. Soprattutto, Spielberg voleva evitare di girare un altro film dove i nazisti fossero i cattivi, dopo il successo di Schindler’s List.

Ad agosto 2004, Spielberg e Lucas affidano a Jeff Nathanson il compito di scrivere la sceneggiatura finale del film. Intitolato inizialmente The Atomic Ants, ma venne sostituito presto da David Koepp, che usò il sottotitolo Destroyer of Worlds, riferendosi alla celebre frase di Oppenheimer per dare un richiamo all’era atomica. In breve, il titolo cambiò in Indiana Jones and Kingdom of the Crystal Skull, su pressione di Spielberg che lo considerava più calzante e vicino all’idea del film. Al fianco di Koepp ci fu Lawrence Kasdan, vecchia conoscenza di Lucas dai tempi de I Predatori dell’Arca Perduta, che contribuì alla scrittura dei dialoghi sentimentali.

Il migliore riassunto di questa lunga genesi lo fece Harrison Ford

“Funzionò così: George e Steve avevano un abbozzo di idea. George partì in quarta e iniziò a lavorare alla storia. A Steven toccavano i commenti e le conferme. E quindi quando quei due si fossero trovati d’accordo, allora toccava a me dare un’opinione. E quanto ci abbiamo messo per questo processo? Ci abbiam messo…solo diciottanni!”

Rimettere insieme la squadra

Una volta arrivati al punto decisivo, era necessario richiamare in azione i volti amati dal pubblico, in primis Harrison Ford.

All’epoca sessanquattrenne, Ford passò per qualche mese tre ore al giorno in palestra, passando a una dieta iperproteica a base di pesci e vegetali. L’intenzione di Ford era di non interrompere la tradizione dei precedenti capitoli e continuare ad eseguire in prima persona le scene d’azione, convinto che le nuove tecnologie consentissero di eseguirle in sicurezza. Come disse lo stesso Ford

“Il fascino di Indiana Jones non è la sua giovinezza, ma la sua immaginazione, il suo esser pieno di risorse. LA sua fisicità ha una grande importanza, specialmente quando riesce a trarsi d’impiccio. Ma non si tratta solo di fare a pugni o cadere dalle altezze, la mia ambizione è di avere gli spettatori è di guardare dritto in faccia l’attore e non la schiena di uno stuntman. Mi auguro di poter continuare così nonostante l’età”

Per Ford, tornare in un ruolo d’azione a quell’età era anche un segnale forte per gli addetti del settore

“Questo film non è pensato per il segmento demografico giovane, definito. Volevamo segnare un cambio di mentalità”

Per questo motivo, Ford chiese a Koepp di aggiungere quanti più riferimenti all’età di Indiana Jones, quasi un richiamo alla battuta de I predatori dell’Arca Perduta (‘Non sono gli anni, sono i chilometri’), una battuta che Spielberg ricorda anche in riferimento alla scelta di vedere nuovamente Ford interpretare le scene più dinamiche

“Quando un tizio arriva alla sua età e ancora riesce a fare le stesse cose, arrampicandosi, alla fine respira più faticosamente. E ho pensato, ‘Divertiamoci, non nascondiamolo’”

Il ritorno di Marion Ravenwood, divenuta Marion Williams dopo un matrimonio, era previsto anche nelle preme stesure della trama di

. Per l’interprete del personaggio, Karen Allen, la presenza nel film fu una vera sorpresa, dato che le fu annunciata con una telefonata da Spielberg. Ad esser contento della sua presenza fu anche lo stesso Ford

“Karen è una delle persone migliori con cui lavorare. È una donna completamente auto-sufficiente, e questo è anche parte del personaggio che interpreta. Gran parte del suo fascino e di quello del suo personaggio sta in questo. Nuovamente, non è questione d’età. Ha a che fare con la sua natura e il suo spirito”

La creazione di Mutt, il figlio di Indy interpretato da Shia LaBeouf, è il risultato di un’idea comparsa già in Le avventure del giovane Indiana Jones, dove in un episodio l’Indy anziano faceva riferimento ad una figlia. Inizialmente, Darabont aveva pensato di introdurre una figlia tredicenne di Indy e Marion. Spielberg trovava l’idea troppo simile a quanto visto in Jurassic Park: Il mondo perduto e pensò di usare invece un figlio.

Non ebbe invece buon esito il tentativo di riportare in scena Sean Connery nel ruolo di Henry Jones Senior. L’attore scozzese ormai da anni si era ritirato a vita privata, e non volle prendere parte al film nemmeno per un breve cameo. Scelta che, a parere di Lucas, fu una fortuna per Indiana Jones e il Regno del teschio di cristallo, considerato che una breve apparizione del padre di Indy avrebbe deluso gli spettatori che lo avrebbero voluto sicuramente per tutto il resto del film. Su questa assenza di Connery, scherzò anche Ford

“Come ho detto a Sean, sto diventando vecchio a sufficienza per interpretare il mio stesso padre, quindi lui non ci serve più!”

Tra le grandi assenze, figuravano anche Marcus Brody e Sallah. Il primo non poté comparire a causa della morte dell’interprete, Denholm Elliott, nel 1992, spingendo Lucas e Spielberg a rendergli un piccolo omaggio in una scena. L’amico egiziano di Indy, invece, non comparve perché l’interprete, John Rhys-Davies, rifiutò di comparire solo per un cameo, ritenendolo un ruolo troppo insignificante e svilente per il personaggio.

L’eredità di Indy

Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo si discosta dai precedenti capitoli della saga. Contrariamente a quanto visto in precedenza, la scena iniziale non è un semplice antefatto che apre il film, ma pone lo spettatore direttamente all’interno della trama del film. Questa piccola innovazione non è la sola de Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo, considerato come viene data maggior rilevanza alla continuity interna della saga. Tra il finale de L’ultima crociata ed il nuovo capitolo sono trascorsi quasi vent’anni, lasciando un vuoto narrativo all’interno della vita di Indy. Era quindi necessario dare al contempo notizie sufficienti a colmare questo vuoto e costruire un legame profondo con quanto precedentemente raccontato. Dal terzo capitolo della saga cinematografica, Indiana Jones si era lanciato anche in altri media (come i videogiochi e i romanzi), in cui erano stati inseriti altri dettagli della vita di Indy, senza dimenticarsi quanto raccontato in Le avventure del giovane Indiana Jones.

Memori del videogioco Indiana Jones and The Infernal Machine vennero quindi nuovamente usati i sovietici come nemici, come visto nel videogame, così come vennero nuovamente inseriti gli alieni, visti in Indiana Jones and his Desktop Adventures, che vennero poi sostituti da essere interdimensionali nel citato The Infernal Machine, dove venne spiegato che le antiche divinità erano esseri di un'altra dimensione. Questa necessità di dare vita ad una continuity che legasse tutti i prodotti del franchise, dai fumetti ai videogiochi, si riversò su Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo, in cui vennero inseriti riferimenti al passato di Indy visti nella serie sulla sua adolescenza o in opere derivate.

Tornare dopo tanti anni a raccontare le imprese di Indiana Jones era una scommessa rischiosa, come sapeva Lucas, conscio del fatto che si sarebbe rischiato parecchio

“Non avremo lettere di fan adoranti che ci diranno quanto hanno amato il film. Avremo un mucchio di persone arrabbiate che diranno ‘Siete una manica di sfigati, non avreste mai dovuto farlo. Mi avete rovinato la vita per sempre’”

Diverse persone vicine al mito di Indy, come Sean Patrick Flanery (interprete del giovane Indy della serie TV), ebbero delle visioni in anteprima di alcune scene del film, dando la conferma che traspirava il senso di fascino tipico della saga. Le aspettative su questo film erano tali che, nonostante la sicurezza che circondava questo progetto, vennero trafugati dall’ufficio di Spielberg foto del set e informazioni riservate che arrivarono alla stampa. Dopo un’indagine in cui un giornalista si finse un compratore, venne arrestato il ladro.

Ma gli avvocati servirono anche quando, dopo l’uscita del film, vennero sollevate perplessità sulle scelte degli sceneggiatori. In Russia non venne apprezzata la connotazione profondamente negativa date dei militari sovietici, ritenuti un cliché stantio usato per esaltare il primato morale dell’eroe americano.

Allo stesso modo, i governi di Perù e Messico criticarono pesantemente Indiana Jones e il Regno del Tempio di Cristallo, soprattutto per le inesattezze storiche, al punto che si tentò il boicotaggio della pellicola in Perù. Lo storico Hugo Neira dell’Universidad Nacional Mayor de San Marcos definì il film una barbarie, mentre il Cancelliere peruviano Belaund raccomandò di non andare a vedere il film, paragonandolo per le inesattezze al Troy di Petersen.

Anche i fan non gradirono molto quest’ultima avventura di Indy, che divise profondamente gli appassionati, tra chi rimase deluso dal nuovo corso della vita del personaggio e chi invece vide in questa evoluzione un passo necessario. Per sapere le critiche siano state prese in considerazione, si deve ora aspettare il quinto capitolo della saga, attualmente in lavorazione e che vedrà nuovamente Ford interpretare il suo leggendario personaggio.

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