È una rapina "politica" quella de La Casa di Carta: Corea, recensione

Netflix tenta il colpo grosso, unendo una delle sue serie di maggior successo con le produzioni coreane con La Casa di Carta: Corea!

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a cura di Francesca Borrello

La Casa di Carta: Corea è disponibile da ieri 24 giugno su Netflix, la stessa piattaforma streaming che ha dato il viva ad una delle serie televisive di produzione spagnola più di successo di
sempre. Il colosso dell’intrattenimento on demand tenta il colpo grosso, prendendo la trama dell’originale iberico e lasciandola plasmare ai sudcoreani che si sono guadagnati nell’ultimo anno l’interesse del pubblico. Nonostante le due serie abbiano molti punti in comune, bisogna specificare che La Casa di Carta: Corea non è un semplice reboot fedele all’originale, ma anzi adatta alla cultura del paese asiatico diversi aspetti, riuscendo forse a rendere più interessante il prodotto finale, almeno dalle anticipazioni. 

Tutte le premesse per una serie strutturata meglio di quella creata da Álex Pina sembrano esserci: avendo infatti già tutte e cinque le stagioni, il regista Kim Hong-sun ha potuto correggere alcuni buchi di trama, approfondendo degli aspetti spiegati un po’ troppo superficialmente. Ma sarà riuscita La Casa di Carta: Corea a mantenere le aspettative visto il grande successo della controparte spagnola? Scopriamolo assieme!

La Casa di Carta: Corea, la trama

La Casa di Carta: Corea inizia in maniera del tutto simile all’originale, cominciando con il gettare le basi per una migliore comprensione dell’ambientazione. Pur essendo quindi inserita nel paese asiatico, le cose sono un po’ diverse dalla nostra realtà, come specificato anche dal regista Kim Hong-sun.

Collocata nel 2025, anche in questo reboot, Tokyo è la nostra narratrice principale e ci guida attraverso la storia che ha portato alla pace tra le due Coree dopo anni di guerra e vari summit, con conseguente unificazione delle due nazioni e creazione di una moneta unica. Proprio per questo è stata costruita una nuova Zecca che si occupa di stampare la valuta della Corea Unificata concordata da entrambe le parti.

La ragazza, interpretata da Jeon Jong-seo, ci mostra il suo incontro con il Professore (Yoo Ji-tae), che la recluta per il suo piano per colpire la Zecca. Mano a mano ci vengono svelati anche gli altri protagonisti della banda, i cui nomi reali (come nell’originale) vengono tenuti nascosti e sostituiti da quelli di alcune città che i delinquenti scelgono per svariate ragioni personali. 

Il piano sembra cominciare alla perfezione, con ognuno dei componenti della squadra del Professore con un compito ben preciso. Tuttavia, si sa che le cose non vanno sempre come previsto, specialmente quando il numero delle persone coinvolte nel colpo è molto alto. Come affronteranno quindi gli imprevisti il Professore, Tokyo e il resto della banda?

Punti in comune e in contrasto con l’originale

Come già anticipato, a grandi linee la trama del colpo alla Zecca in La Casa di Carta: Corea ricalca quella dell’originale. Rimangono ad esempio i nomi delle città che i protagonisti scelgono per identificarsi e anche qualche caratteristica fisica delle loro controparti spagnole, come successo per Mosca. 

Tuttavia, per ragioni di ambientazione, il regista Kim Hong-sun e il direttore artistico Seo Kyung Sung hanno discusso molto a lungo per riuscire ad amalgamare bene alla loro cultura la storia originale. Per loro dunque era si importante mantenere la storia e la composizione generale, ma forse rendere la serie coreana incorporando elementi tipici aveva un valore maggiore.

Infatti, una delle prime grandi differenze che si possono notare in La Casa di Carta: Corea è senza dubbio l’uso di una maschera diversa: al posto delle fattezze stravaganti di Salvador Dalì, abbiamo una maschera Hahoe. Queste venivano usate nelle rappresentazioni teatrali ed ognuna di esse ha un ruolo specifico. Quella usata dalla banda del Professore, rappresenta l’aristocratico Yangban, quasi a voler rimarcare l’umorismo della situazione. 

Un cast di tutto rispetto

Complice anche il successo che le produzioni coreane hanno avuto specialmente dall’uscita di Squid Game, i volti degli attori ingaggiati in La Casa di Carta: Corea cominciano a non essere più così tanto sconosciuti anche agli spettatori occidentali. Primo tra tutti, parlando proprio della serie più popolare su Netflix, abbiamo Park Hae-soo, che interpreta Berlino.

Forse ai più conosciuto per la parte del Giocatore 218 nonché migliore amico del protagonista di Squid Game, Park ha avuto diversi ruoli da protagonista, tra cui anche quello in Prison Playbook, un k-drama che segue le vicende all’interno di un carcere. Non è però il solo: accanto a lui anche Park Myung-hoon che in La Casa di Carta: Corea interpreta il direttore piantagrane della Zecca. Forse più famoso per il suo ruolo in Parasite, ha avuto anche un ruolo ricorrente in una serie molto apprezzata anche all’estero: Crash Landing On You.

Se però parliamo di volti riconosciuti al di fuori dalla Corea del Sud, non possiamo non parlare di Kim Yun-jin, che nella serie veste i panni dela detective Seon Woo-jin. Per risalire però ad una tra le sue più famose interpretazioni in Occidente, dobbiamo tornare nella prima decina degli anni Duemila, con uno tra gli show più apprezzati (e forse criticati) dal pubblico: Lost. Kim Yun-jin infatti interpretava Sun-Hwa Kwon, una dei protagonisti ricorrenti della serie targata ABC.

Impressioni generali su La Casa di Carta: Corea

Nonostante sia una sorta di spin-off di un altro franchise dai connotati ben precisi, La Casa di Carta: Corea riesce a mantenere una sua identità, facendo convergere diverse caratteristiche dei k-drama e delle serie occidentali, creando un buon equilibrio nella narrazione. Abbiamo infatti la leggerezza e l’attenzione alla psicologia dei personaggi tipici delle serie coreane, mischiati con una fotografia e scene d’azione più tipicamente occidentali, riprendendo sulla falsa riga alcune tra le situazioni già presentate nell’originale spagnolo.

Pur probabilmente spostando l’asticella più sul lato coreano, è un prodotto che aspira (e riesce) ad essere fruibile ed interessante anche per un pubblico non propriamente abituato alla narrazione tipica del paese asiatico. Nonostante ci siano di tanto in tanto dei rallentamenti di trama, la storia procede liscia e senza intoppi, almeno per gli spettatori. 

Forse proprio per il fatto di avere già tutte e cinque le stagioni dell’orginale a disposizione per capire i punti che funzionano e quelli da migliorare, La Casa di Carta: Corea aggiusta il proprio tiro andando ad approfondire alcuni elementi che forse nel soggetto spagnolo venivano trattati un po’ troppo superficialmente, giustificando diverse situazioni con la tipica frase “il Professore lo aveva previsto”. 

In conclusione

Si può dire quindi che La Casa di Carta: Corea pur non avendo più dalla sua il fattore novità essendo un reboot, è riuscita comunque a prendere tutti gli elementi chiave dell’originale e adattarli ad una cultura completamente diversa senza mai farla risultare forzata o inadatta alla narrazione, creando un prodotto simile all’originale, ma con la propria identità.

Se siete dunque dei fan accaniti del Professore e della sua banda, e nell’ultimo anno avete scoperto il vostro amore per le serie coreane, non vi resta che guardare i primi sei episodi di La Casa di Carta: Corea, disponibile allo streaming dal 24 giugno su Netflix!