La Sessualizzazione nel mondo del cosplay

In questo articolo portiamo alla luce la problematica della sessualizzazione della donna nel mondo del cosplay.

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a cura di Valentina Savalli

Se siete tra quelli che pensano all’hobby del cosplay unicamente come un magico mondo colorato e luccicoso, dobbiamo darvi una brutta notizia: non lo è. Infatti oggi, cari lettori di Cultura POP, vi proponiamo un argomento complicato, spinoso, dal background un po’ oscuro: avreste mai pensato al fatto che tra il cosplay e la tematica della sessualizzazione possa esserci una forte correlazione?

Se la risposta è affermativa, buon per voi! Significa che fate già parte di questo girone dell’inferno fatto di worbla, foam, colla a caldo e macchine da cucire. Se invece non avete la benché minima idea del motivo di questa correlazione, vi chiediamo di prestare particolare attenzione a questo articolo.

Dopo aver affrontato tematiche difficili come quella del body shaming (della quale abbiamo parlato anche in un interessante articolo in questo articolo) oppure come quella dell’appropriazione culturale, stavolta abbiamo deciso di eliminare qualche filtro e affrontare quello che, probabilmente, è un argomento del quale non si parla mai abbastanza ma che merita di essere affrontato per fare chiarezza ed evitare fraintendimenti, pregiudizi e altre conseguenze che potrebbero derivarne e alle quali nessuno pensa mai.

La sessualizzazione: un evergreen

La sessualizzazione è un argomento di forte discussione, sia nel quotidiano che all’interno dell’ambiente cosplay, specialmente per quanto riguarda la community che, come è oggettivamente giusto che sia, si scinde in tre modalità di pensiero; ci sono persone che pensano che la sessualizzazione vada sfruttata per questioni di marketing, quindi totalmente a favore verso questa “scuola di pensiero”; altre persone pensano, invece, che la sessualizzazione sia di cattivo gusto e che, quindi, vada boicottata, fermata e demonizzata in tutti i modi possibili. 

Infine, e forse è il pensiero più comune, ci sono quelli del “vivi e lascia vivere”, che non demonizzano e non fomentano, semplicemente si limitano a guardare dall’esterno ciò che succede all’interno della community, pensando che ognuno deve essere libero di fare della propria vita e della propria passione quel che sembra più consono e più giusto per sé stessi, senza però tralasciare la responsabilità delle proprie azioni e di come si riflettono sull’ambiente circostante e sulle altre persone.

Insomma, se è vero che “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, ognuno deve assumersi le proprie per cercare di portare avanti il proprio hobby, in questo caso quello del cosplay, senza andare a danneggiare o ledere la sensibilità o l’immagine altrui.

Tuttavia, non si può negare il fatto che, malgrado l’evoluzione di questi anni e le varie lotte portate avanti, viviamo in una società perlopiù patriarcale, dove la figura della donna viene sessualizzata a prescindere. Se ci pensate bene non è una novità: basterebbe fare un giro in qualsiasi negozio di costumi, fisico oppure online, durante i periodi di Halloween o carnevale per accorgerci che la maggior parte dei costumi da donna vengono spesso accompagnati dalla parola “sexy”, come ad esempio quello che potete trovare semplicemente su Amazon a questo link.

Questo fatto tende indubbiamente a rimarcare con molta forza il concetto di “donna oggetto”, come se non potesse essere vista in altri modi se non quello dell’oggettificazione e della sessualizzazione e, ovviamente, questo pensiero si ripercuote sotto ogni punto di vista, dalla quotidianità, al mondo dello spettacolo, fino ad arrivare al mondo “nerd” quindi, di conseguenza, anche nel contesto del cosplay. Un esempio banale ma che calza decisamente a pennello è il fatto che nelle varie rappresentazioni di guerrieri in videogiochi o opere letterarie, oppure anche nei fumetti, un personaggio maschile viene raffigurato con armature possenti, bardati fino al collo, anche perché giustamente quando si va a combattere si tende a proteggere tutte le parti del corpo, specialmente quelle vitali.

Nei casi in cui, invece, il guerriero in questione è di sesso femminile capita spesso, se non nella quasi totalità delle volte, di vedere costumini striminziti, armature che coprono a malapena genitali e organi vitali e ciò, non solo fa presupporre il mero scopo di marketing dietro a queste scelte stilistiche, ma fa quasi pensare al fatto che una donna debba per forza distrarre il nemico, mostrando la mercanzia piuttosto che sferrando un fendente in pieno petto al villain di turno. Tutta questa sessualizzazione è davvero svilente, specialmente in questo periodo storico. 

E ovviamente questo, come anticipato poco sopra, non accade solo per quanto riguarda le festività in maschera, ma anche nell’ambito di cui siamo soliti parlare, quello del cosplay. Non a caso, nei vari gruppi di discussione o di condivisione di foto, spesso si accendono focosi dibattiti, nei quali viene portata alla luce la problematica del “in questo modo il mondo del cosplay viene rovinato da queste categorie di cosplayers. Vero o no, non sta a noi deciderlo, sta di fatto che con il tempo si è fortunatamente creata una sostanziale differenza tra le due categorie di cosplayers e di cui ora vi parliamo.

Cosplayers & Cosmodels: le differenze

Esiste un’abissale differenza tra le due categorie menzionate nel paragrafo precedente: ci sono le cosplayers vere e proprie che, ovviamente, sono coloro che indossano e impersonificano alla perfezione i loro personaggi di riferimento, sia in ambito professionale che in quello amatoriale, per divertimento e per passione. E poi ci sono le cosmodels, che non sono altro che indossatrici di costumi con fini commerciali e di marketing, spesso in rielaborazioni sexy o in intimo e anche in questo caso si può parlare di ambiti professionali e non.

Tuttavia, la problematica principale che si viene a creare in questo caso è la canalizzazione di tali scopi, perché spesso le cosmodels vengono associate a semplici modelle, quindi possono non essere delle vere e proprie appassionate del mondo nerd, un po’ come accade per le promoter di prodotti; svariate volte, infatti, ai vari eventi dedicati al fumetto possiamo trovare cosmodels a promuovere nuovi manga, videogiochi o anche soltanto cibo, come nei casi delle famose maid.

Ma, se parliamo di canalizzazione e di autopromozione, non possiamo non menzionare i famosissimi canali di vendita diretta di materiale fotografico e video: canali come Patreon, Ko-fi, Gumroad, Onlyfans e tanti altri che negli ultimi anni stanno spopolando in maniera spropositata. Nulla di male, ovviamente, anche perché non sta a noi decidere cosa una persona può fare del suo corpo, della sua immagine e del materiale prodotto, fatto sta che mettersi in mostra in questo modo ha i suoi rischi e potrebbe capitare di finire su siti e gruppi Telegram di dubbia provenienza e utilità, nei quali non solo si allude a contenuti sessualmente espliciti e soft-core, ma spesso ci si può incappare in problematiche anche legali quali, ad esempio, il furto di materiale a pagamento, leaks di contenuti senza il consenso dei soggetti ritratti, oppure ancora problematiche legate al copyright.

Conclusioni

In conclusione, malgrado tutte le problematiche legate alla sessualizzazione della donna, sia in ambito nerd che nella vita quotidiana, ognuno deve essere libero di esprimersi e guadagnarsi da vivere come meglio crede, senza però ledere l’immagine altrui.

La parola chiave in questi casi è “rispetto” e, come già detto più volte in altri contesti, bisogna sempre cercare di segnalare comportamenti scorretti atti a danneggiare i soggetti-vittima di divulgazione di materiale che non dovrebbe assolutamente essere divulgato.