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L'isola dei perduti: la recensione del quarto numero di Samuel Stern

L'isola dei perduti, il quarto numero di Samuel Stern, porta i nostri insoliti esorcisti a confrontarsi con una pericolosa comunità!

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Avatar di Manuel Enrico

a cura di Manuel Enrico

Pubblicato il 01/03/2020 alle 09:30

Dopo tre albi, Samuel Stern, il fumetto edito da Bugs Comics, ha saputo dimostrarsi come un progetto che, nel bene e nel male, ha fatto sentire la propria voce all’interno del mondo della serialità nostrana. L’isola dei perduti, quarto episodio della saga dell’esorcista scozzese, arriva nel momento giusto per portare la saga di Samuel Stern in una direzione più convincente, liberandosi di alcuni dei limiti mostrati dalla creazione di Fumasoli e Filadoro.

I primi tre episodi di Samuel Stern, infatti, sembravano muoversi su un binario rigido, in cui il personaggio sembrava arrivare inevitabilmente alla medesima conclusione in ogni albo. Aspetto che poteva sicuramente diventare la cifra stilistica di Samuel Stern, ma che rischiava di diventare anche il suo punto debole, quella ripetizione che si trasformava rapidamente in un evento scontato che, in un certo senso, privava la lettura di un finale ad effetto.

L'isola dei perduti, Samuel Stern alle prese con una piccola, pericolosa comunità

L’isola dei perduti rappresenta un’evoluzione della serie sotto diversi aspetti, sia narrativi che stilistici. Il lavoro degli autori, sinora, veniva messo in ombra dallo spiacevole e immotivato paragone con il simbolo del fumetto seriale horror italiano, Dylan Dog, in una rivalità che non era né credibile né tantomeno voluta. Samuel Stern, infatti, non ha nulla in comune con l’Indagatore dell’Incubo.

Il nuovo albo di Samuel Stern, infatti, dimostra come le ispirazioni alla base del personaggio siano lontane dall’eroe bonelliano, avvicinandosi invece alle atmosfere di Outcast, il comics horror a base di possessione demoniache creato da Robert Kirkman. Come detto in precedenza, si parla di ispirazioni, che il duo Fumasoli-Filadoro hanno mutuato all’interno di una dimensione narrativa più completa e in espansione.

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Samuel e padre Duncan accettano la richiesta di aiuto di padre Joseph, il giovane prete che aiuta Duncan nella sua parrocchia. Un compagno di Joseph ai tempi del seminario, Neil Porter, è divenuto prete di una piccola comunità in sulla sperduta Isola di Muck, ma ha confidato in una lettera al suo vecchia compagno di seminario che qualcosa si è manifestato sull’isola, una minaccia incomprensibile e che rischia di eliminare la popolazione locale.

A mettere il terzetto in viaggio alla volta dell’isola è la confessione di Neil che una visitatrice giunta recentemente a Port Mor sia stata additata come la causa dei diversi problemi della comunità locale, al punto che è stata accusata di possessione e torturata. Tra la rabbia di Samuel e la più cauta reazione di padre Duncan, questo viaggio diventa una nuova occasione per i lettori di approfondire le tematiche della serie, grazie ad una storia che si discosta dal tracciato dei precedenti episodi, dando maggior spessore al mondo di Samuel Stern.

L’idea di spostare Samuel dal suo ambiente di comfort è una scelta non scontata, ma ben sfruttata. Sino ad ora, Samuel si era mosso all’interno di un ambiente vario ma comunque circoscritto, una dimensione in cui l’eccentrico esorcista era comunque su un terreno noto. L’isola dei perduti spinge Samuel a portare la sua battaglia in un contesto che costringe i personaggi a far fronte ad una nuova minaccia senza la sicurezza del muoversi con sicurezza.

Questo cambio di scenario fa il paio con una familiarità nella gestione della natura ‘umana’ delle possessioni. L’isola dei perduti è una storia intrigante perché sviluppa in modo accorto il mondo di Samuel Stern. L’idea della possessione rimane fedele a quanto mostrato in precedenza, assumendo un tono ancora più umano che in precedenza.Se in Legione abbiamo avuto modo di vedere l’inferno dei demoni scoprendo di più sulla loro essenza, con L’isola dei perduti si inseriscono nuovi tasselli all’interno di questo complesso mosaico, aprendo alla comparsa di nuove figure che in futuro potrebbero rivestire un ruolo centrale nella saga di Samuel Stern.

Il quarto episodio di Samuel Stern diventa appassionante soprattutto per il contrasto emotivo creato Fumasoli e Filadoro, che ci offrono un Samuel più fumantino e agguerrito del solito. La sensazione è che questo particolare caso sia sofferto da Stern, che ha già mostrato di mal tollerare il modo in cui la maggior parte delle persone affronta le possessioni. Per Stern e padre Duncan la consapevolezza che la componente centrale della possessione sia essenzialmente umana è una peculiarità che li spinge ad agire in modo attento e rispettoso delle vittime, un atteggiamento che contrasta con quella che è la dottrina tipica di questo archetipo narrativo.

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Stern in L’isola dei perduti non nasconde la sua rabbia nel vedere come la presunta posseduta venga trattata, mentre padre Duncan affronta una battaglia personale con un prete che ha perso la sua fede, sconfitta dal dolore della perdita e vittima di una speranza acida nata dalla sofferenza. Dopo averci stuzzicato con una serie di divertenti scambi di battutare tra Samuele e padre Duncan, gli autori mostrano di avere costruito con arguzia il crescendo emotivo dell’albo, fuorviando il lettore per poi offrirgli un colpo di scena intelligente e molto umano, grazie al rodato meccanismo dell’indagine.

Rispetto ai precedenti albi, la trama di L’isola dei perduti viene maggiormente supportata da questa vena ‘investigativa’, complice una gestione dei tempi più curata e meglio diluita. Mostrare i due personaggi principali divisi in una personale ricerca della verità consente sia di mostrare un’emotività delicata e straziata del solitamente burbero Samuele che dare il necessario spazio a padre Duncan di emergere, senza rischiare di sottrarre troppa attenzione al titolare della serie.

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Tutto questo prende vita con i disegni di Ludovica Ceregatti, capace di esaltare sia gli attimi più leggeri con espressioni dei volti divertenti che di far esplodere la tensione e l’orrore tramite piccoli dettagli, come contrasti chiaro-scuro e pose dei corpi innaturali. Da notare come la Ceregatti riesca a mantenere il tratto distintivo della serie in termini di contrasto cromatico, riuscendo a gestire un contesto narrativo che tenderebbe a privilegiare le tinte scure senza eccedere con l’oscurità, ma giocando mirabilmente sulla luminosità e su una contrapposizione cromatica che esalta personaggi e ambienti.

Conclusioni

L’isola dei perduti è un modo concreto degli autori di mostrare come le debolezze dei precedenti numeri siano superabili, a patto di riuscire a mantenere le promesse inserite nell’albo di febbraio di Samuel Stern. Il percorso di una serie mensile è complesso e quattro numeri non possono essere il metro di giudizio definitivo per sancirne il successo, ma è anche vero che le occasioni per convincere non sono infinte ed è il giunto il momento di fare vedere cosa sia realmente capace di offrire Samuel Stern. Se L’isola dei perduti è un primo passo, ci sono delle ottime premesse!

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