Paperino e il Razzo Interplanetario, recensione: un classico Disney Made in Italy

Nella collana Topolino Gold arriva un classico Disney Made in Italy senza tempo: Paperino e il Razzo Interplanetario di Carlo Chendi e Luciano Bottaro.

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a cura di Domenico Bottalico

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A pochi giorni dalla scomparsa di Carlo Chendi andiamo alla riscoperta di uno dei grandi classici Disney Made in Italy ovvero Paperino e il Razzo Interplanetario. Si tratta di una storia che ha influenzato sia nella forma, grazie alle superbe matite di Luciano Bottaro, che nel contenuto tutta la produzione Disney dei decenni successivi (la storia fu pubblicata originariamente in tre parti su Topolino 230-232 tra il 10 marzo e il 10 aprile del 1960) e che ora torna disponibile, in grande formato, nella collana Topolino Gold grazie a Panini Disney.

Paperino e il Razzo Interplanetario, incontri ravvicinati del terzo tipo

Zio Paperone è vittima dell'ennesimo elaborato piano della Banda Bassotti architettato per svaligiare il suo deposito e depauperarlo di tutte le sue ricchezze. Neanche aver trasferito il denaro in una remota località nel bel mezzo della foresta sembra aver scoraggiato i Bassotti tant'è che solo il fortuito incontro con Archimede permette a Paperone di salvare la sua fortuna. Il geniale inventore infatti mette a disposizione dello Zione sia il suo futuristico e velocissimo razzo che una macchina, dalle fattezze di un aspirapolvere, la cui caratteristica è rimpicciolire quello che aspira. Un modo rapido e pratico per trasportare tutte le preziose monete in un luogo sicuro, sì ma dove esattamente?

Zio Paperone ha il suo solito colpo di genio e ingaggia Archimede: sfruttare razzo e macchina per rimpicciolire per collocare un nuovo deposito sulla Luna lontano dalle grinfie di ladroni e approfittatori. Ovviamente fa parte del piano anche il coinvolgimento dell'ignaro Paperino e dei curiosi Qui, Quo, Qua. Se i tre vispi nipoti si intrufolano nella stiva del razzo, Paperino viene convocato a sua insaputa ritrovandosi così nello spazio.

Il piano sembra perfetto ma a quanto pare anche i calcoli di Archimede non sono infallibili. Il troppo peso a bordo infatti ha fatto deviare il razzo e l'unica speranza e scaricare un po' di peso "morto" per tentare un atterraggio di emergenza su Giove. Il "peso morto" è ovviamente Paperino che viene parcheggiato su un asteroide. A questo punto la spedizione si separa iniziando una surreale epopea.

Mentre Zio Paperone, Archimede e i tre nipotini atterrano su Giove, Paperino viene salvato proprio da un abitante del pianeta dal quale apprende che i gioviali sono ghiotti di minerali più o meno preziosi. La spedizione si ricongiunge in maniera tutt'altro che pacifica: Paperino infatti viene studiato con un esemplare esotico e la sua fuga dalla zoo propizia un clamoroso incidente che non solo blocca i lavori per la costruzione del nuovo deposito ma rivela la presenza delle ghiotte, per i gioviali, monete d'oro. 

Le manovre dei paperi attirano però l'attenzione anche di Rebo, dittatore di Saturno, alla ricerca di una mente geniale che possa far funzionare le macchine belliche del suo esercito. Ancora una volta è Paperino a finire nei guai: i distratti saturniani infatti lo rapiscono vedendolo all'opera sul razzo, scambiandolo evidentemente con Archimede, e lo mettono subito al lavoro. Come fare disinvolto quindi Paperino dovrà far finta di essere un geniale inventore ma anche sabotare i piani di Rebo pronto a conquistare la galassia.

Paperino e il Razzo Interplanetario, un classico Disney Made in Italy fuori dal tempo

Paperino e il Razzo Interplanetario non è solo uno dei primi grandi classici Disney Made in Italy ma una storia che, giocando con la stessa letteratura di anticipazione a cui si ispira, detta ritmi e stilemi per la produzione Disney successiva sia che essa sia "originale" che "parodistica". La "fantascienza papera" di Carlo Chendi è onirica ma avventurosa, divertente e capace di rimaneggiare certe intuizioni dei grandi maestri (Floyd Gottfredson e Al Taliaferro su tutti) in maniera nuova e personale.

È facile in questo senso rintracciare l'inizio decisamente classico di Paperino e il Razzo Interplanetario: Paperone deve difendere la sua fortuna, Paperino è, come sempre, coinvolto suo malgrado e vittima delle angherie dello Zione. Tuttavia quando proprio quando la storia si assesta su binari familiari, Chendi vira bruscamente riprendendo suggestioni alla Lewis Caroll (il verne gigante nell'asteroide) ma anche alla Jules Verne e alla H.G. Wells iniettando nella sceneggiatura una forte e divertente dose di insolito.

Il gioco tensivo è semplice ma efficace: separare Paperino dal resto della spedizione per poi farlo ricongiungere nel secondo atto e farlo nuovamente allontanare nel terzo atto, quello più robustamente fantascientifico che paga dazio al primo grande fumetto italiano Saturno contro la Terra, pubblicato fra il 1936 e il 1946, da Cesare Zavattini, Federico Pedrocchi e Giovanni Scolari. Rebo è proprio l'antagonista principale di Saturno contro la Terra che qui viene parodiato con una sottile ironia verso la retorica dei regimi totalitari, all'epoca ancora un ricordo "fresco", e con una caratterizzazione bislacca e distratta che ben si adatta al carattere alieno del personaggio. Sarà questo il canovaccio su cui molti personaggi letterari, ma anche dello spettacolo e dello sport, verranno filtrati dalla lente disneyana.

Impossibile non citare anche le funamboliche invenzioni linguistiche di Carlo Chendi (eccezionali in un'altra storia del 1960, Paperino Il Paladino, tanto da influenzare l'italiano maccheronico de L'Armata Brancaleone) che qui servono a codificare un genere "nuovo" come la fantascienza che proprio in quegli anni si stava cristallizzando nella sua forma moderna. In questo senso l'incomunicabilità, o meglio una comunicabilità maccheronica, costituisce un modo semplice, diretto e facilmente comprensibile anche ai lettori più giovani per rappresentare l'incredibile incontro fra paperi e alieni che alla fin dei conti poi così diversi non sono, tanto da attentare alle preziose monete di Zio Paperone.

Paperino e il Razzo Interplanetario, Luciano Bottaro e la padronanza dello stile

Molte delle riflessioni sul lavoro di Carlo Chendi si possono applicare in maniera uguale eppur diversa per il grande lavoro alle matite di Luciano Bottaro. Nella prima parte del volume è evidente l'influenza di Carl Barks e Al Taliaferro: i paperi di Bottaro sono espressivi ma nervosi ed esagerati nelle loro reazioni. Anche la costruzione della tavola è molto classica ed ordinata con lo schema 3x2 che si ripete pur non rigidamente ma in maniera abbasta lapalissiana.

Pur inserendosi di prepotenza nella tradizione che l'ha preceduto, Bottaro è ben riconoscibile. Il suo tratto è deciso, la sua linea sicura e sinuosa offrendo interpretazioni oggi classiche dei personaggi ma all'epoca estremamente dinamiche. Tuttavia quando si vira in maniera più decisa verso la fantascienza, Bottaro mostra una inedita personalità implementando alcuni inusuali elementi tanto nel design dei personaggi che negli ambienti. L'esempio più lampante è sicuramente il verme nell'asteroide che ricorda alcune illustrazioni certe avanguardie russe e liberty.

Affiora anche un amore per l'impressionismo nella raffigurazione dello spazio (soluzione che sarà ripresa un decennio più tardi circa anche nei comics americani) mentre il design dei gioviali è grottesco ma la tempo stesso bonariamente "inoffensivo" sottolineando, grazie all'unione di linea curve e spezzate in una improbabile anatomia, il senso di curiosità che li contraddistingue e che si trasmette al lettore. I paesaggi alieni sono onirici mentre le città sono familiari ma comunque "confuse" in un groviglio di linee e soluzioni geometriche quasi astratte.

Il maestro si esalta poi quando deve rimaneggiare l'aspetto di Rebo di cui resta il caratteristico elmetto a cresta. I saturniani diventano figure impacciate e squadrate, quasi dei parallelepipedi semoventi, in cui è evidente la volontà del disegnatore di rileggere in maniera buffa e satirica l'estetica militare dei regimi totalitari. Anche qui Bottaro ha una intuizione che farà scuola (vedasi PKNA) ovvero quella di rendere sproporzionato, e quindi minaccioso, l'antagonista principale che, pur con atteggiamento conciliante mira, a conquistare la galassia.

Nella seconda parte del volume la costruzione della tavola si fa più irregolare non tanto nello schema, pressoché fisso per facilitare la lettura, quanto nella geometria dei riquadri meno regolari appunto. C'è anche un maggiore uso della doppia orizzontale che e addirittura di qualche quadrupla che inevitabilmente allarga, visivamente, la portata della narrazione.

Il volume

Panini Disney confeziona un volume cartonato di grande formato, 20.5x28 cm, che permette di apprezzare pienamente le tavole di Bottaro, in questo senso è buona la resa grafica con un lavoro di "restauro" davvero minimo che lascia anche qualche imperfezione ancora bene in vista non facendo perdere alla storia quel tocco un po' vintage ma anche un po' "fuori dal tempo" che ben si confà a questo classico. Da segnalare anche che il volume gode di una copertina inedita firmata da Enrico Faccini.

Nelle 88 pagine circa di cui è composto il volume trova spazio, oltre la saga completa, anche una corposa sezione di extra e redazionale composta da una prefazione firmata da Vito Notarnicola, le biografie degli autori, due interviste realizzate a Chendi e Faccini ed una piccola retrospettiva sulla carriera di Bottaro.