The Batman, recensione: nativity in black

The Batman: un thriller dai toni noir che attraversa il cinema di genere degli anni '70, '80 e '90 per un Cavaliere Oscuro mai così fumettoso.

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a cura di Domenico Bottalico

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The Batman è ufficialmente in tutte le sale italiane da ieri 3 marzo dopo una campagna promozionale che ha subito negli ultimi mesi una brusca accelerata (il film non solo è stato realizzato di fatto durante la pandemia subendo diversi stop alla produzione ma è anche slittato rispetto alla data di uscita inizialmente prevista) innalzando le aspettative e l'attesa dei fan del Cavaliere Oscuro e più in generale di quelli DC.

Matt Reeves, regia, e Robert Pattinson, il nuovo Bruce Wayne/Batman, hanno dovuto raccogliere una sfida importante: non solo cimentarsi con quello che è a tutti gli effetti il personaggio più famoso al mondo, uno declinato costantemente in decine di modi contemporaneamente per accontentare un pubblico più vasto ed eterogeneo possibile, ma anche raccogliere un testimone pesantissimo e contestato.

Da un lato l'eredità di Christopher Nolan con la sua trilogia, di cui il secondo capitolo Il Cavaliere Oscuro rimane forse l'apice più alto ed inarrivabile per la produzione di tutti quei cinecomics di un certo spessore che si rifiutano di abbandonarsi alla grottesca parodia di sé stessi, dall'altro quella di Zack Snyder e di Ben Affleck ovvero di un Cavaliere Oscuro tanto contestato quanto entrato nell'immaginario dei fan per la sua fisicità che per la sua rappresentazione profondamente influenzata da Frank Miller, uno degli autori batmaniani per eccellenza.

Una tensione centrifuga, sullo sfondo anche della "necessità" di dover derubricare tutto in favore di un universo condiviso, che invece viene risolta in maniera elegante, seppur non esente da qualche passaggio pedestre, tornando agli elementi fondanti del mito batmaniano e calandoli in un contesto che si rivela lentamente ma inesorabilmente a suo modo contemporaneo.

The Batman: c'è qualcosa di marcio...

Il vigilante noto come Batman è attivo a Gotham da circa due anni. La città però è ancora nella morsa della violenza e del crimine. Una serie di efferati omicidi scuote nel profondo la cittadinanza a partire da quello del sindaco, proprio alla vigilia delle elezioni fra l'altro, seguiti da quello del Commissario di Polizia e del procuratore distrettuale. Batman inizia ad indagare sugli omicidi spalleggiato dal Tenente James Gordon, uno dei pochi alleati su cui può davvero contare e non intaccato dalla corruzione dilagante.

Il killer, che si fa chiamare l'Enigmista, lascia sulle scene del crimine puzzle e messaggi cifrati facendo intendere che le sue vittime non sono gli uomini integerrimi così come traspare dalla loro immagine pubblica. Perché il Sindaco, il procuratore e poliziotti fuori servizio frequentano l'equivoco Iceberg Lounge, il club gestito da Oz Cobblepot detto il Pinguino ovvero uno dei luogotenenti del boss Carmine Falcone?

Con l'aiuto di Selina Kyle, una abile ladra che lavora nel club, e con quello di Gordon, Batman inizia una discesa nel sottobosco criminale della città. Apparentemente sconnessi gli indizi iniziano però a puntare in un'unica direzione: la retata che qualche tempo prima aveva portato all'arresto del boss Sal Maroni. Ma chi è l'Enigmista e perché sta cercando di portare a galla una scomoda verità? La discesa nella folle mente del criminale coinvolge non più solo Batman ma anche Bruce Wayne e l'eredità della sua famiglia. Possibile che Thomas Wayne e la sua opera di rinnovamento della città facciano anch'essi parte di quella corruzione e malaffare che l'arresto di Maroni sembravano aver arginato?

Più Batman sembra avvicinarsi alla verità, più le sue certezze si sgretolano. La sua missione muterà radicalmente quando, depistato per l'ennesima volta dagli indizi lasciati dall'Enigmista, il piano del criminale assumerà una portata catastrofica costringendolo a mutarne l'obbiettivo in una Gotham letteralmente da ricostruire.

The Batman: Nativity in Black

The Batman si muove controcorrente. Reeves e Pattinson, coadiuvato da un cast davvero azzeccato, confezionano un film a suo modo raffinato e postmoderno, auto-contenuto eppure capace di una spinta propulsiva che prende il meglio della produzione precedente reinnestandolo su un impianto cinematografico che accantona idealmente l'action, genere dove il cinecomics trova la sua naturale collocazione, in favore del poliziesco più grim'n'gritty anni '70 e '80, quello che deriva dal noir, e del thriller anni '90 usando come volano la detection, componente fumettistica primeva del personaggio e fondamentale di molti dei suoi capisaldi ma spesso accantonata in altre interazioni.

David Fincher, Robert Altman, Roman Polanski, William Friedkin, Don Siegel, e in parte John Milius e Michael Cimino, Ridley Scott, Andrew Lau incontrano Tim Burton, di cui viene recuperato un certo gusto gotico, e il realismo Christopher Nolan. The Batman non è una origin story (per fortuna verrebbe da dire vista la quantità di volte che ci è stata mostrata al cinema e non solo) il che permette di mettere al centro il "caso da risolvere" in un plot che anziché funzionare ad orologeria si stringe in un cerchio sempre più stretto e soffocante. È proprio qui il grande merito di Matt Reeves che sbilancia i ritmi tipici del cinema supereroistico con una narrazione più sincopata (a tratti sembra di guardare un episodio dilatato di Batman: The Animated Series) supportata meravigliosamente da un sonoro e da una colonna sonora magistrali nel sottolineare i passaggi, gli umori e le atmosfere.

The Batman si configura allora come quella liturgia oscura fatta di china, fuoco e sangue che ogni fan stava attendendo e prende il via con il voice over iniziale dello stesso protagonista che non può non riportare alla mente le didascalie di Anno Uno per una cascata di citazioni fumettistiche (Il Lungo Halloween e Batman Terra Uno solo per citare quelle più evidenti) la cui comunione è la presa di coscienza di un Batman la cui missione perde di "innocenza" evolvendosi da mera vendetta a speranza in un mutamento che non può non doppiare idealmente quella dei fumetti mantenendone la coerenza emotiva e narrativa.

Una liturgia scandita dall'andatura solennemente posata del Batman di Robert Pattinson che diventa furia incontrollabile nelle sequenze d'azione, un Batman analogico nella miriade di gadget che popolano la bat-cintura, nel costume a prova di proiettile ma non troppo, in una Batmobile infernale che ruba la scena nella parte centrale del film e che si concede solo un po' di fanta-tecnologia di nolaniana memoria nelle lenti a contatto che servono per scrutare le scene del crimine di una Gotham che è per la prima volta un personaggio vivo e vibrante nella sua anima oscura e corrotta. È forse proprio la città il vero antagonista della pellicola tanto da mettere in difficoltà fisicamente e psicologicamente Batman ma soprattutto un Bruce Wayne particolarmente contrito e impenitente di un Robert Pattinson meno bondiano e più trasandato dei suoi predecessori. 

Il plot poi è popolato da un James Gordon estremamente scattante per una interpretazione molto realistica di Jeffrey Wright, dall'Alfred Pennyworth spigoloso e abrasivo di Andy Serkis, da un Colin Farrell assolutamente stellare nei panni di un Pinguino particolarmente coppoliano che si lascia decisamente alle spalle il freak gotico burtoniano, un John Turturro luciferino nei panni di Carmine Falcone e una bellissima e intrigante Zoe Kravitz in una ambigua Catwoman che non può non rimanere affascinata dalle contraddizioni del Cavaliere Oscuro e perdersi in esse seppur non completamente. Tutte pedine che giocano ruoli fondamentali, esplicitamente o lasciati sornionamente intendere, nella scacchiera imbastita da un Enigmista profondamente rimaneggiato e rinnovato così come interpretato da Paul Dano.

La sua interpretazione cambia repentinamente registro fra i primi due atti ed il terzo del film. Da killer seriale e sadico diventa folle leader terroristico con il plot che altrettanto improvvisamente si apre e, da racconto di genere, diventa a suo modo racconto della realtà dove gli one percenter devono essere colpiti allo stesso modo dei capi mafiosi rei di aver alimentato un circolo di miseria vizioso e incontrovertibile mentre internet è luogo per reclutare i delusi, gli arrabbiati e più in generale coloro che scelgono scorciatoie come la violenza per far sentire la propria voce.

The Batman è in questo senso un film che decostruisce un genere attraverso un altro tipo di cinema di genere per poi darne una visione più consapevole, robusta, attuale, autoriale. Così come aveva fatto Christopher Nolan e così come aveva provato a fare Zack Snyder, prima di essere malamente tagliato fuori. Non tutto funziona, qualche passaggio è frettoloso, qualche personaggio avrebbe meritato un maggior approfondimento e la detection perde un po' di brillantezza nell'ultimo atto, tuttavia è impossibile non premiare la visione del regista che non manca di gettare una stoccata ai concorrenti con una imperscrutabile scena post-crediti dove, in compenso, campeggiano trionfanti almeno due dozzine di scrittori e disegnatori ovvero il cuore vivo e pulsante del mito batmaniano e non solo.

The Batman: decadenza post-industriale

Uno dei punti che è bene rimarcare di The Batman è senz'altro la sua durata: 2 ore e 56 minuti. Una durata importante, nella media ormai della stragrande maggioranza dei cinecomics, che potrebbe rappresentare un ostacolo soprattutto per chi è abituato ai tempi di visione "spezzettati" dello streaming. Seppur il terzo atto viva alcuni passaggi meno lucidi, le tre ore volano abbastanza velocemente perché effettivamente "tempi morti" nella pellicola non ce ne sono e il regista utilizza sapientemente le sequenze d'azione per ravvivare la tensione quando questa sembra calare, basti prendere come esempio il secondo spettacolare incontro fra Batman e il Pinguino.

Al netto di questo Matt Reeves ha ribadito in più di una occasione che questo è il film così come è stato concepito e girato: non ci sono né scene tagliate né director's cut. E la bontà dell'operazione, dal punto di vista meramente tecnico, si vede. La fotografia di Greig Fraser è marziale e torna a sfruttare il nero e le palette grigio-industriali in un contrasto interessante fra architettura gotica e decadenza post-industriale con cantieri a cielo aperto e ruggini che rendono Gotham meno New York e più Pittsburgh (effettivamente il film è stato girato fra Glasgow e Liverpool) con un grandissimo lavoro dello scenografo James Chinlund.

The Batman è un film le cui inquadrature migliori "escono" dalla china ora più densa e profonda ora più diluita in timidi tramonti appena abbozzati che rendono fuligginosi i neri facendo risaltare il metallo, come quello del simbolo sul petto del Cavaliere Oscuro. Ma, come accennato qualche paragrafo più in alto, The Batman è un film che gioca sul progressivo sgretolamento delle certezze ecco quindi come l'elemento della pioggia fornisce praticamente al regista l'espediente per diluire, sfocare e distorcere inquadrature e punti di vista mentre la prospettiva viene più volte deformata se non addirittura capovolta materialmente (il finale della scena dell'inseguimento fra Batman e il Pinguino) lasciando intuire come nulla è come appare. DA notare che una delle poche scene dove non piove è quella della veglia funebre del sindaco: è lì che Bruce Wayne/Batman ha un primo brusco incontro con la realtà sia incontrando Carmine Falcone sia venendo avvicinato da un uomo comune che sentenzia quanto alla fine anche il sindaco se lo sia meritato quel macabro destino vivendo nell'agio e lasciando la popolazione in miseria.

E ora? e ora spetta a DC e Warner Bros. capitalizzare su The Batman in maniera transmediale e crossomediale (i piani in realtà sono già in atto) ma soprattutto capire come effettivamente far convivere tante interessanti visioni personali di altrettanti registi (Reeves, Wan, Muschietti) in maniera fruttuosa perché è questa la vera sfida che questa ha pellicola ha ribadito e riconfermato.