Trese, la recensione del fumetto filippino diventato un anime

La recensione di Trese, l'ottimo fumetto filippino già un anime Netflix, dai tratti mistery horror, che ci mostra tutto il fascino del folklore di Manila.

Avatar di Giovanni Zaccaria

a cura di Giovanni Zaccaria

È interessante approcciarsi alla recensione di Trese, il fumetto di Budjette Tan e Kajo Baldisimo, perché spalanca al lettore le porte verso una conoscenza finora ignorata: il fumetto filippino. Attenzione, non chiamatelo manga, come sto vedendo accadere spesso in rete recentemente.

Trese: paranormale e dintorni

Trese è un fumetto che mischia sapientemente diverse influenze orientali e soprattutto occidentali in un buon mix di mistery e horror e anche se il formato è quello di tanti manga che leggiamo abitualmente e che Star Comics pubblica (penso a Heavenly Delusion, giusto per citare un titolo). E la forma in cui si presenta Trese non poteva essere migliore vista la stagione assolutamente eccezionale che stanno vivendo manga e manhwa.

Alexandra Trese è una indagatrice dell’occulto. Già, noi italiani ne sappiamo decisamente qualcosa a riguardo. Il detective Guerrero della polizia, forte di un legame di conoscenza con la famiglia della misteriosa donna, la contatta abitualmente perché a quanto pare, per le strade di Manila, omicidi, incidenti strane apparizioni e casi complessi legati al soprannaturale sono all’ordine del giorno.

Ed è proprio questo l’aspetto fondamentale della recensione di Trese: ilmelting pot culturale di Manila e delle Filippine in generale è grande ed esplosivo e il relativo folkore è composto da una moltitudine di elementi che mischiano tradizioni su spiriti e spiritelli vicini a quelli orientali, culture animiste africane, influenze europee a loro volta condizionate dalla fede cristiana cattolica e molto altro.

Alexandra Trese e la sua squadra, nei diversi capitoli a struttura verticale, affrontano casi molto particolari in cui i veri protagonisti, quanto ad interesse suscitato, sono proprio le creature e gli spiriti che infestano la vita della indagatrice e di chi finisce malauguratamente nel vicolo sbagliato, nel momento sbagliato. Faremo quindi la conoscenza di spiriti erranti e di folletti chiamati Nuno, oppure di uomini vampiro chiamati Aswang e i fieri appartenenti alla tribù dei cavalli antropomorfi della Tribù di Tikbalang. Ma quello che fa parte del mito e delle tradizioni tipiche del folklore filippino si fonde con tradizioni più vicine alle nostre leggende di matrice cristiana-europea, come il Fuoco di Sant’Elmo e le Oriol che sembrano in tutto e per tutto essere le Succubus che infestano gli incubi del mito.

Trese: a spasso per Manila

Ogni storia è un piccolo caso da risolvere, spesso non particolarmente complesso o intricato, ma affascinante proprio per la sua natura esotica, che ci porta in un paese e in una città di cui davvero conosciamo poco o niente.

Manila pur essendo una metropoli vastissima e culturalmente vibrante è collocata fuori dai radar turistici e le elevate sacche di povertà presenti nel suo territorio, oltre al costante rischio di azioni terroristiche, la rendono ancora oggi un territorio non facile e ancora non battuto da entusiasti youtuber, agenzie di viaggi ecc. Ed ecco quindi che ogni pagina di Trese ci mostra uno scorcio in cui riconosciamo degli elementi a noi familiari ma nel contempo del tutto nuovi.

E la lettura è resa ancora più interessante dai numerosi comparti editoriali a fine capitolo in cui ci vengono descritte le creature e le entità protagoniste di ogni storia, svelandone dettagli e contestualizzazione culturale, rendendo ancora più positivo il giudizio delle recensione di Trese.

Leggi la nostra recensione della serie anime di Trese su Netflix

Trese: un melting pot, ma poco orientale

A livello narrativo Trese è un gran bel mix di materiali: impossibile non trovare i tratti tipici di Hellblazer e del suo John Constantine di casa DC o Sandman, senza poi contare la leggendaria agenzia Planetary, creata da Warren Ellis, che indaga sui misteri del mondo. Il tutto con una struttura episodica tipica dei serial televisivi quali X-Files, Supernatural e un po’ di Fringe. Non nomino Dylan Dog solo perché dubito che il nostro inquilino di Craven Road 7 sia arrivato tra le mani degli autori filippini. Per questo ci tengo a sottolineare quanto quest’opera non debba essere “confusa” con un manga.

Per quanto il look dell’opera e le ambientazioni trasmettano un certo senso di appartenenza, vicino ad opere come Devilman ma anche a Ghost in the Shell e Alita, come peraltro dichiarato dallo stesso Budjette Tan, a livello narrativo ci troviamo decisamente più dalle parti di casa DC Comics/Vertigo che non verso Yu Yu Hakusho, Jujutsu Kaisen o i fumetti di Junji Ito e simili.

Lo si nota in particolare nell’atteggiamento della protagonista Alexandra Trese: il suo modo di approcciarsi agli spiriti, le entità e le creature, forte di un retaggio familiare importante (la figura del nonno) è dannatamente hard boiled e sprezzante. Una formula che poco si sposa con il “rispetto” che il folklore giapponese e orientale in generale tende sempre ad avere verso questi fenomeni. E poi la protagonista è ammantata di mistero per quasi tutto il tempo lasciando intravedere il percorso di trama orizzontale a piccoli(ssimi) pezzettini alla volta.

Trese: la componente estetica

Dal punto di vista grafico il tratto di Kajo Baldisimo è veramente di impatto e molto accattivante. Il suo bianco e nero è intenso e graffiante, pieno di splash page di impatto e con una forte matrice occidentale.

Le prime tavole, complici il formato del fumetto del tutto assimilabile ai manga, il look della protagonista che la fa somigliare vagamente al maggiore Mokoto Kusanagi e il fatto che da questo fumetto ne è stata tratta una serie anime per Netflix, ci danno solo una temporanea illusione che ci si trovi davanti d un’opera di ispirazione estetica orientale.

Anche la quasi totale assenza di linee cinetiche ci suggerisce che non è esattamente il manga la primaria fonte di influenza di quest’opera. Ogni tavola è ben valorizzata e anzi, il colore delle prime tavole toglie quell’ottima aura di interesse verso una componente grafica notevole e coerente con il tono della narrazione.

Trese: basta un cambio d'abito

Azzardo una considerazione: se questo fumetto fosse stato edito in Italia nel classico formato TPB con cui è uscito in America, probabilmente molti di voi neanche se ne sarebbero accorti e alcune realtà più specializzate lo avrebbero di certo messo in secondo piano.

E invece guardate quanto poco basta per accendere la curiosità di un gusto che ormai è familiare: vesti un’opera come un manga e magari riuscirai a catturare l’attenzione di chi segue per la maggior parte quel tipo di fumetto. Vecchio come il mondo, lo so, ma applicato alla grande in questo caso.

Nella recensione di Trese non si può non considerare questo aspetto, visto che il fumetto in questione si trova esattamente a metà tra i due brand dell’editore perugino, Astra per il fumetto occidentale e Star per il fumetto orientale, in questo caso forse più per questioni di longitudine.

E questo dovrebbe anche darci l’ennesima dimostrazione di una regola che sembra essere passata nel dimenticatoio in questi strani anni di folle comunicazione mediatica; che lo chiamiate manga, manhwa, graphic novel, comics, bande dessinée si tratta sempre e unicamente di fumetto e voi dovreste nutrivi di più fumetti buoni possibile, indipendentemente dalla loro provenienza geografica o impostazione.

Non potrei concepire la mia crescita come lettore senza Rumiko Takahashi, Katsuhiro Otomo o Naoki Urasawa, ma nemmeno senza Chris Claremont, Neil Gaiman, Frank Miller o pensando in termini più recenti Charles Soule e Jonathan Hickman. E vi garantisco che non ho mai riscontrato difficoltà nel far convivere le due facce della stessa identica medaglia. Insomma, non auto-limitatevi, aprite la vostra mente, allenatela con tutto ciò che di buono trovate.

In conclusione della recensione di Trese non posso che raccomandarvi la lettura di questo fumetto che, pur non presentando al momento elementi narrativi di straordinaria originalità, fa dell’ambientazione che percepiamo come esotica e dei suo bizzarri e interessanti elementi di folklore i suoi punto di forza.

Voglio scommetterci e voglio credere ad uno sviluppo orizzontale degno della sua – già avvenuta – trasposizione che saprà tenere testa alle frequenti pubblicazioni di genere a cui siamo abituati. Caro Budjette Tan, non deve essere stato facile crescere con una madre convinta che tu fossi posseduto da uno spirito, ma se questi sono i risultati, beh, non tutto il male viene per nuocere! Buoni incubi!