Tutti Eroi, recensione: disposable heroes

Tutti Eroi è il secondo libro pubblicato da Ottocervo e segna l'esordio del giovane e promettente Ivan Appio.

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a cura di Domenico Bottalico

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Tutti Eroi è il secondo titolo proposto dal giovane editore tarantino Ottocervo che, dopo l'esordio dello scorso dicembre con il più intimista Camerette, cambia idealmente le carte in tavola facendo esordire sempre ad un autore giovanissimo ovvero Ivan Appio, classe 1998, ma optando per un graphic novel dal taglio storico ambientato durante la Prima Guerra Mondiale che, pur innestandosi nella tradizione di un certo fumetto autoriale italiano, mostra personalità e carattere soprattutto per un approccio grafico estremamente ricercato.

Tutti Eroi: "Tutti eroi! O al Piave o tutti accoppati!"

Siamo nel 1917. L'esercito italiano ha subito la sua sconfitta più devastante di sempre a Caporetto ma la notizia non è ancora giunta nella trincea del maggiore Copetti che cerca disperatamente di serrare i ranghi e respingere gli austriaci. Perché il nemico sembra avere un vantaggio insormontabile, qual è la sua strategia? Ma soprattutto come è possibile che il loro gas mostarda arrivi nelle trincee italiane senza che le truppe nemiche si avvicinino?

Mentre una giovane crocerossina cerca di confortare i feriti dopo l'ultimo devastante attacco, sulle Alpi l'ufficiale del Genio Rossetti, comprende che la guerra è ad un punto di svolta: bisogna rallentare il nemico e radunarsi nell'unico punto in cui c'è ancora una flebile speranza di vittoria: al Piave. Farlo però non sarà facile, la ritirata infatti deve essere chiamata e al "grido" di "Tutti eroi! O al Piave o tutti accoppati!" scritto sui muri di case e cascine lo stesso Rossetti non esita a scendere in trincea dove incontrerà il vecchio amico Copetti e la crocerossina in fuga scoprendo anche il segreto della tattica austriaca e del loro gas.

Inizia così da un lato il viaggio in campagne devastate e in una umanità fiaccata nel corpo e nello spirito mentre dall'altro, con l'aiuto del fiume, dei piccioni, dei così detti Arditi ma soprattutto con un po' di astuzia e fortuna, finalmente anche l'esercito italiano riuscirà a far registrare una vittoria che non vale la fine della guerra ma di certo rinvigorisce quello spirito schiacciato da morte e orrore.

Tutti Eroi, disposable heroes

È raro che un esordio, in qualsiasi forma d'arte, mostri tanta personalità quanto quella sfoggiata da Ivan Appio in Tutti Eroi. Il giovane autore materano infatti mostra sicurezza e capacità in questo graphic novel che è tutt'altro che "modaiolo" anzi, rispetto a tanti autori della sua generazione, Appio sceglie una strada tutt'altro che semplice ovvero quella del racconto storico e per di più ambientato nella Prima Guerra Mondiale, periodo narrativamente meno stimolante e fatta di un immaginario meno "eroico" di quello, per esempio, della gettonatissima Seconda Guerra Mondiale che, fra le altre cose, offre gli antagonisti per antonomasia, i Nazisti.

La guerra raccontata da Appio in Tutti Eroi è una guerra di logoramento, in tutti i sensi. L'apice del conflitto è però raccontato in maniera geniale dal giovane autore e cioè senza far partire nemmeno un proiettile. Si tratta di un particolare che ad un prima lettura potrebbe sfuggire ma che rappresenta di fatto il cuore tematico del libro. Il racconto decisamente plot driven quindi si snoda in diversi scenari, dalle trincee alle montagne passando per le campagne distrutte, che corrono paralleli passando al setaccio l'orrore della guerra. Dalla spersonalizzazione della vita in trincea rappresentata da Copetti e dalle prime sequenze del libro, passando per la paura della morte vista attraverso gli occhi della crocerossina fino al genio e allo sforzo eroico, ma che è più desiderio di sopravvivenza, di Rossetti.

Non è un caso che Tutti Eroi si concluda poi con dei versi di Giuseppe Ungaretti perché proprio ungarettiana è l'atmosfera che si respira dalla prima all'ultima pagina del graphic novel in un epilogo (ambientato un anno dopo la disfatta) che vede i due protagonisti scambiarsi un goccio di grappa e un sorriso amaro constatando come non ci si abitui mai al puzzo di morte di un campo di battaglia. Uno scenario, compreso quello del piccolo superstite che accompagna Copetti verso il Piave, tristemente universale e dalla fortissima risonanza nei mesi che stiamo vivendo in cui i venti di guerra sono tornati a soffiare a pochi kilometri dalle nostre città.

Ivan Appio mostra notevoli capacità anche dal punto di vista della tecnica di scrittura seppur è indubbio che ci sia un margine di maturazione. Il suo racconto, come già detto, è volutamente plot driven tuttavia si riescono a rintracciare dei piccoli momenti per cesellare i protagonisti i quali però, pur mostrando quella evoluzione tipica della forma graphic novel, in alcuni frangenti risultano troppo schiacciati sullo sfondo degli avvenimenti che si susseguono in maniera abbastanza rapida. Se il giovane autore riuscirà ad infondere nei suoi prossimi personaggi la stessa perizia infusa nella ricostruzione storica di Tutti Eroi ci ritroveremo forse a parlare davvero di uno degli autori più promettenti del panorama italiano.

Da questo punto di vista quello che colpisce di Ivan Appio è anche lo stile grafico estremamente personale e dal forte impatto. La matrice è chiaramente espressionista come dimostrano l'utilizzo di colori saturi, di una espressività costruita su poche linee e su tratti somatici volutamente accentuati. Si rintraccia ovviamente l'influenza di autori come Gipi e Manu Larcenet, vuoi anche per l'utilizzo dell'acquerello, ma l'autore, pur giovanissimo, media queste influenze con piglio personale. Lo si evince dall'uso di linee sottili e il più possibile continue, da anatomie che non afferiscono coscientemente al fumetto realistico e ai già citati colori saturi che cozzano con uno studio delle luci e un utilizzo dei neri invece tutto votato al realismo. 

L'aspetto grafico più interessante è però legato alla costruzione della tavola, alla ripartizione degli spazi e alle inquadrature. Appio gioca in maniera del tutto inaspettata con la ripartizione a nove riquadri della tavola tanto caro agli autori americani, a loro volta influenzati da Alan Moore. È una scelta inusuale per questo tipo di fumetto, che solitamente rifugge da scelte così rigide, ma che risulta molto efficace nel rendere claustrofobica l'atmosfera e serrata la lettura. Questa scelta poi amplifica i momenti in cui la ripartizione viene esplosa o con illustrazioni a tutta pagina o con uno schema che da verticale passa a incastrare doppi orizzontali o ancora con figure sbordate o riquadri a vivo. Una buona eterogeneità ben supportata da una particolare attenzione per la correttezza prospettica delle trincee o delle esplosioni per esempio oppure ancora da inquadrature mai troppo statiche che spaziano da primi piani a piani americani fino a suggestivi voli d'uccello e campi medi.

Il volume

Dal punto di vista della cura carto-tecnica, Ottocervo opera in continuità, e sempre in maniera ineccepibile, rispetto al suo libro d'esordio. Il formato è ancora una volta un volume brossurato con alette dimensioni 17x22 cm circa: la brossura è solida il che, unito all'ottima rifilatura delle pagine, permette una lettura agevole senza apertura inconsulte del volume e senza stress sulla costina. La carta utilizzata è opaca, spessa e porosa dalla grammatura leggermente più importante rispetto al volume precedente scelta gradita anche per rendere al meglio la saturazione dei colori.

La veste grafica è come sempre minimale ma efficace: sia la copertina che l'illustrazione in quarta sono evocative nella loro semplicità. Intelligente è l'uso delle alette che vengono sfruttate non solo per la breve biografia dell'autore ma anche per una sinossi che contestualizza al meglio il taglio storico del graphic novel presentandone anche i protagonisti. Da segnalare infine una corposa sezione di extra che raccoglie referenze fotografiche, il work in progress di alcune tavole e altre tavole scartate.