ChatGPT, la Germania contro l’Italia per il ban

Il ministro tedesco dei Trasporti e delle Infrastrutture Digitali si schiera contro il ban di ChatGPT In Italia. Il Garante: "Terza via tra Cina e Stati Uniti".

Avatar di Michael Benetti

a cura di Michael Benetti

La decisione del garante della privacy, in merito al ban di ChatGPT sul territorio italiano e giustificata dai rischi di una potenziale violazione delle informazioni personali, non è stata bene accolta dai partner europei, uno in particolare.

Nel corso di un’intervista per Bild am Sonntag, il ministro tedesco dei Trasporti e delle Infrastrutture Digitali Volker Wissing, ha affermato che il divieto è la strada sbagliata e rischia di compromettere lo sviluppo europeo delle applicazioni AI.

Proseguendo nel suo discorso, Wissing pone l’accento su come sia improbabile che gli utenti smetteranno di usare i sistemi AI e ciò che veramente serve è un quadro di norme che regoli l’utilizzo dell’intelligenza artificiale in Europa.

La risposta di Pasquale Stanzione, presidente dell’Autorità garante della privacy, nel corso di un’intervista su Repubblica, non è tardata ad arrivare: “È la pluralità, la convergenza e la gravità delle implicazioni delle possibili violazioni ad avermi indotto a procedere in via cautelare, provvisoria e d’urgenza”.

La limitazione è provvisoria e ha lo scopo di mostrare una possibile terza via tra il liberismo americano e l’autarchia, per esempio, cinese. Infatti, ChatGPT potrebbe tornare accessibile dall’Italia il 30 aprile, se OpenAI introduce le formalità richieste, vale a dire il controllo dell’età e un disclaimer che informa gli utenti che i loro dati verranno utilizzati per addestrare l’algoritmo.

Cosa possa fare il controllo dell’età (si suppone che sarà una cosa simile a quello già presente in molti siti e che ti chiedono semplicemente di dichiarare di avere 18 anni, senza ovviamente poter verificare) contro le possibili fughe di informazioni non è ben chiaro.

Un controllo dell’età approfondito richiede l’invio e la verifica dei documenti personali (in maniera simile ai siti dove si può scommettere) e quindi dovrebbe essere per primo l’utente a rinunciare alla privacy, contraddicendo così lo scopo del divieto.

Infine, una domanda: è OpenAI a restare indietro se perde l’Italia o il contrario?