La capacità di trasformare un singolo colore di luce laser in un intero arcobaleno di frequenze diverse rappresenta da decenni una delle sfide più complesse nel campo della fotonica integrata. Questa tecnologia è essenziale per costruire computer quantistici di nuova generazione e strumenti di misura ultraprecisi, ma finora richiedeva dispositivi ingombranti, ottimizzazioni laboriose e compensazioni attive che ne impedivano l'utilizzo su larga scala. Ora, un gruppo di ricercatori del Joint Quantum Institute (JQI) dell'Università del Maryland ha progettato e testato chip fotonici che generano automaticamente tre armoniche di luce – effettivamente raddoppiando, triplicando e quadruplicando la frequenza in ingresso – senza alcun intervento esterno o aggiustamento. I risultati, pubblicati sulla rivista Science il 6 novembre 2025, aprono prospettive concrete per l'integrazione di sorgenti luminose versatili direttamente nei circuiti elettronici.
Il mercato globale delle tecnologie fotoniche vale ormai centinaia di miliardi di dollari, alimentato da applicazioni che spaziano dagli orologi atomici ultraprecisi alla gestione dei petabyte di dati che transitano attraverso i data center. Tuttavia, la miniaturizzazione di queste sorgenti luminose su chip rimane problematica. Il gruppo guidato da Mohammad Hafezi, professore di ingegneria elettrica e informatica e fisica all'Università del Maryland, insieme a Kartik Srinivasan, fellow del National Institute of Standards and Technology, ha affrontato il problema da una prospettiva radicalmente diversa rispetto agli approcci precedenti.
La conversione di frequenza nei dispositivi fotonici si basa su interazioni non lineari, fenomeni in cui la luce concentrata è così intensa da alterare il comportamento del materiale attraverso cui passa, che a sua volta modifica la luce stessa. La prima osservazione documentata di un processo ottico non lineare risale al 1961, quando ricercatori registrarono la generazione di seconda armonica – la conversione di due fotoni a bassa frequenza in un singolo fotone con frequenza doppia. Il segnale era così debole che qualcuno nel processo editoriale lo scambiò per una macchia e tentò di rimuoverlo dalla figura principale dell'articolo scientifico.
Da allora, i progressi tecnologici hanno permesso di amplificare queste interazioni deboli attraverso risonatori fotonici microscopici, strutture che intrappolano la luce facendola circolare centinaia di migliaia o milioni di volte prima di rilasciarla. Ogni passaggio attraverso il risonatore contribuisce con una piccola interazione non lineare, che cumulativamente produce un effetto molto più potente. Tuttavia, progettare un chip che generi simultaneamente più armoniche – seconda, terza, quarta – rimane estremamente difficile.
Come spiega Mahmoud Jalali Mehrabad, primo autore dello studio e ora ricercatore al MIT, il problema risiede nelle condizioni di frequency-phase matching – l'accordo tra frequenza e fase. Per raddoppiare la frequenza della luce, un risonatore deve supportare sia la frequenza originale che quella raddoppiata, proprio come una corda di chitarra pizzicata vibra solo a determinate tonalità. Ma non basta: le due frequenze devono anche circolare alla stessa velocità nel risonatore, altrimenti si sfasano e l'efficienza della conversione crolla. Differenze di pochi nanometri nella fabbricazione – inevitabili anche con le migliori tecnologie disponibili – sono sufficienti a sbilanciare questi parametri finemente calibrati.
La soluzione tradizionale prevede l'inserimento di piccoli riscaldatori nei chip per compensare attivamente queste discrepanze, ma questo approccio complica il design, richiede alimentazione esterna e rende la produzione su larga scala poco praticabile. Il team del JQI ha invece scoperto che una struttura particolare – un array di risonatori con due scale temporali – risolve automaticamente il problema delle condizioni di accordo frequenza-fase.
L'architettura sviluppata dai ricercatori prevede centinaia di piccoli anelli disposti in una griglia, dove la luce circola rapidamente attorno a ciascun anello (scala temporale veloce) ma anche attorno a un "super-anello" formato dall'insieme degli anelli più piccoli (scala temporale lenta). Questa doppia temporalità fornisce essenzialmente molteplici opportunità per soddisfare le condizioni di accordo, eliminando la necessità di ottimizzazioni meticolose o compensazioni attive. Come illustra Lida Xu, coautrice principale e dottoranda in fisica al JQI, il problema precedente era simile all'osservazione di un'eclissi solare: "Se vuoi vedere l'eclissi, la luna deve sovrapporsi perfettamente al sole guardando il cielo". La nuova architettura aumenta drasticamente le probabilità di questo "allineamento".
Per validare il loro approccio, i ricercatori hanno testato sei chip diversi fabbricati sullo stesso wafer, inviando luce laser con una frequenza standard di 190 terahertz – comunemente utilizzata nelle telecomunicazioni e nelle comunicazioni in fibra ottica. Analizzando le frequenze in uscita, hanno confermato che ogni chip generava effettivamente la seconda, terza e quarta armonica, producendo nel caso specifico luce rossa, verde e blu. Per confronto, hanno testato anche tre dispositivi a singolo anello dotati di riscaldatori integrati: solo uno ha mostrato generazione di seconda armonica, e solo entro un ristretto intervallo di temperatura e frequenza di ingresso.
Gli array a doppia scala temporale, privi di qualsiasi compensazione attiva, hanno invece funzionato su un'ampia gamma di frequenze di ingresso. Aumentando l'intensità della luce in ingresso, i chip hanno iniziato a produrre frequenze aggiuntive attorno a ciascuna armonica, ricordando i "pettini di frequenza nidificati" – strutture con molte frequenze equidistanziate utilizzate in misurazioni di altissima precisione – che il gruppo aveva dimostrato in lavori precedenti pubblicati nel 2024.
Il framework sviluppato dai ricercatori potrebbe avere implicazioni significative in metrologia, conversione di frequenza e calcolo ottico non lineare. Come sottolinea Hafezi, "uno dei principali ostacoli nell'uso della fotonica integrata come sorgente luminosa su chip è stata la mancanza di versatilità e riproducibilità. Il nostro team ha compiuto un passo significativo nel superare queste limitazioni". La possibilità di generare direttamente nuove frequenze su chip elimina la necessità di laser aggiuntivi che occupano spazio ed energia e, in molti casi, laser capaci di produrre le frequenze desiderate semplicemente non esistono.
Lo studio, che ha coinvolto anche i ricercatori Gregory Moille, Christopher Flower, Supratik Sarkar, Apurva Padhye, Shao-Chien Ou, Daniel Suarez-Forero e Mahdi Ghafariasl, rappresenta un avanzamento nella direzione di dispositivi fotonici affidabili e producibili in serie. Le prossime fasi della ricerca si concentreranno sull'estensione della gamma di frequenze generabili e sull'integrazione di questi chip con architetture quantistiche e sistemi di comunicazione esistenti. La capacità di produrre dispositivi fotonici non lineari che "semplicemente funzionano", come afferma Mehrabad, potrebbe finalmente sbloccare il potenziale della fotonica integrata per applicazioni su scala industriale, trasformando un campo finora confinato ai laboratori di ricerca in una tecnologia accessibile e scalabile.