Il settore tecnologico globale si prepara a un periodo di rincari strutturali che potrebbe durare almeno fino al 2030. TSMC, il colosso taiwanese che detiene una posizione praticamente monopolistica nella produzione di chip avanzati, ha comunicato ai suoi partner l'intenzione di aumentare progressivamente i prezzi dei processori realizzati con i nodi di produzione più avanzati. Si tratta di una decisione destinata a ripercuotersi direttamente sui consumatori finali, attraverso un inevitabile aumento dei costi di computer, schede grafiche e dispositivi elettronici di ultima generazione.
La strategia di TSMC prevede incrementi annuali compresi tra il 3% e il 5% per tutti i processi produttivi inferiori ai 5 nanometri, inclusi quindi i nodi a 2 nm, 3 nm e 4 nm. Questi rappresentano il cuore pulsante della moderna industria elettronica, essendo utilizzati per la fabbricazione dei chip di aziende come AMD, NVIDIA, Apple e Qualcomm. L'azienda taiwanese giustifica questi rincari con la necessità di compensare l'aumento dei costi energetici, delle materie prime e delle infrastrutture, ma anche di finanziare la propria espansione globale con nuove fabbriche in costruzione o in fase di potenziamento in Taiwan, Giappone e Stati Uniti.
La posizione dominante di TSMC nel mercato è rafforzata dall'esplosione della domanda di chip per l'intelligenza artificiale. L'azienda produce attualmente oltre l'80% di tutti i processori destinati ai data center e all'addestramento di modelli AI, un settore in crescita vertiginosa che mantiene le linee produttive costantemente sature. Questa domanda incessante permette al produttore taiwanese di imporre condizioni più favorevoli, sapendo che i clienti hanno pochissime alternative valide sul mercato.
I numeri finanziari rivelano quanto TSMC dipenda ormai dalle tecnologie più avanzate. Il nodo a 5 nm da solo rappresenta il 37% del fatturato totale dell'azienda, mentre quello a 3 nm contribuisce per un altro 23%. Con l'avvio della produzione di massa dei chip a 2 nanometri previsto per il 2026, la percentuale di ricavi derivanti dai nodi più avanzati supererà il 75%. L'azienda taiwanese sottolinea che questi aumenti non sono motivati esclusivamente dal profitto, ma servono a mantenere la leadership tecnologica e a finanziare la ricerca su processi futuri ancora più raffinati, come il nodo a 1,4 nm.
Questa concentrazione sulle tecnologie d'avanguardia comporta però delle conseguenze per altri settori. TSMC sta infatti spostando ingegneri e macchinari dai nodi più maturi come quelli a 6 nm e 7 nm, lasciando potenzialmente scoperti i clienti dei settori automobilistico e industriale, che ancora dipendono da queste tecnologie più consolidate. Per questi mercati potrebbero aprirsi scenari di scarsità produttiva o di ulteriori rincari, aggravando una situazione già delicata.
La dirigenza dell'azienda taiwanese ha chiarito che non si tratta di un aggiustamento temporaneo dei prezzi, ma di un riallineamento pluriennale destinato a protrarsi almeno fino alla fine del decennio. Considerando che praticamente tutti i processori moderni per computer e le schede grafiche di fascia alta utilizzano i nodi produttivi avanzati di TSMC, l'impatto sui consumatori appare inevitabile. I prodotti hardware lanciati dopo il 2026, in particolare acceleratori AI, GPU per il gaming e processori desktop di nuova generazione, costeranno sensibilmente di più.
Sebbene competitor come Intel e Samsung stiano lavorando per sviluppare proprie tecnologie a 2 nm, TSMC mantiene un vantaggio competitivo considerevole. La capacità dell'azienda di aumentare i prezzi senza perdere quote di mercato dimostra quanto sia diventata insostituibile nell'ecosistema globale dei semiconduttori. Questa dipendenza strutturale solleva interrogativi sulla concentrazione eccessiva della produzione tecnologica e sui rischi sistemici che ne derivano, ma per ora il dominio taiwanese appare incontrastato.