HAMR - cos’è e come funziona la tecnologia per HDD fino a 100 TB

Cerchiamo di capire cos'è e come funziona la tecnologia HAMR, che potrebbe garantire hard disk con capacità fino a 100 TB.

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a cura di Andrea Ferrario

Editor in Chief

Qualche mese fa Western Digital ha presentato OptiNAND, una nuova tecnologia ibrida meccanica/flash che permetterà di aumentare a dismisura la capacità degli hard disk, offrendo fino a 2,2TB per piatto magnetico. OptiNAND non è però l’unica tecnologia che punta a ottenere hard disk sempre più spaziosi: HAMR è in sviluppo da diversi anni e, finalmente, nell’ultimo periodo sono arrivati i primi dischi che la usano. Secondo i ricercatori, HAMR permetterà di arrivare a produrre hard disk da 100 TB, ma come funziona di preciso la tecnologia? Scopriamolo insieme.

HAMR significa Heat Assisted Magnetic Recording, ossia letteralmente “registrazione magnetica assistita dal calore”. La novità della tecnologia HAMR sta tutta nelle prime due parti della sigla, “Heat Assisted”: La testina è dotata di un piccolo laser, che scalda la parte del piatto in cui deve scrivere.

Ma prima di approfondire il funzionamento di HAMR, facciamo un passo indietro per capire meglio perché è necessaria e qual è il suo obiettivo. La tecnologia è stata sviluppata per risolvere quello che è, probabilmente, il più grande problema che impedisce di avere hard disk sempre più capienti.

Un hard disk magnetico classico funziona in questo modo: ci sono diversi piatti magnetici, divisi in piccoli settori allineati in tracce. Una testina si muove tra le tracce e scrive un dato in un certo settore, andando a cambiare l’allineamento degli 0 e 1 che definiscono i dati. Per aumentare la capacità di un hard disk si possono seguire due strade: aumentare la quantità di piatti, o aumentare la densità dei dati. Il primo metodo ha già raggiunto il suo limite, se consideriamo che gli hard disk moderni devono rispettare degli standard di costruzione ben definiti, mentre la seconda modalità, pur essendo ancora attuabile, ha bisogno di accortezze ben precise.

Per aumentare la densità è necessario rimpicciolire le tracce, i settori e le testine, e così è stato fatto finora per avere HDD sempre più capienti. Tuttavia, rimpicciolire sempre di più questi componenti dell’hard disk porta a conseguenze difficili da gestire, prima fra tutte il rischio che i dati memorizzati vengano compromessi durante la scrittura di altri dati. Questo perché, se le celle dove vengono scritti i dati sono troppo piccole, la scrittura di una può influenzare i dati presenti nelle celle adiacenti, andando a modificare gli 0 in 1 e viceversa. Se ciò dovesse avvenire, il dato inerente alla cella modificata verrebbe cambiato completamente, rendendolo inutilizzabile.

Questo problema inoltre può verificarsi anche naturalmente, a causa delle piccolissime dimensioni delle celle e del modo in cui la temperatura può influire sul loro stato.

Per evitare che si verifichino situazioni come questa, si è rivelato necessario l’uso di materiali con maggior coercività. Definizione alla mano, la coercività è “l’intensità del campo magnetico inverso che è necessario applicare a un materiale per annullare la sua magnetizzazione, dopo che questa ha raggiunto il suo valore di saturazione”.

In pratica, usare un materiale con coercività maggiore significa rendere più difficile modificare gli 0 e gli 1 che definiscono i dati, poiché per farlo servirà un campo magnetico più forte. In questo modo i dati potranno rimanere memorizzati correttamente più a lungo e le operazioni di scrittura degli elementi vicini non influenzeranno l’orientamento magnetico al punto tale da modificare il dato.

Il problema della preservazione dei dati sembra risolto, ma a questo punto se ne pone un altro: un materiale con coercività maggiore, come una lega di ferro e platino, necessiterà più potenza magnetica per la scrittura di un dato, dato che è progettato per resistere all’influenza dei campi magnetici generati alle normali temperature operative di un hard disk.

È proprio qui che entra in gioco quel “Heat Assisted” della sigla: come detto poco sopra, la testina dei dischi HAMR è dotata di un piccolo laser, capace di riscaldare la cella in cui deve scrivere. Portare la regione interessata a oltre 400°C per circa un nanosecondo fa cambiare le proprietà fisiche del materiale, diminuendo la coercività e permettendo di modificare gli elementi che costituiscono il dato in sicurezza, senza timore di intaccare le celle adiacenti. Il calore generato dal laser si dissipa immediatamente, quindi non ci sono conseguenze negative legate all’elevatissima temperatura.

Al momento non ci sono molti hard disk che usano la tecnologia HAMR, ma in futuro ne arriveranno degli altri, tutti ovviamente ad altissima capacità. Ci sarà però da capire fino a che punto sarà possibile scalare in questi termini e se, effettivamente, si riusciranno ad avere hard disk da 100 TB.