Il cyber-bullismo non è reato

Una nuova sentenza sul caso "suicidio di MySpace" solleva l'accusata da ogni responsabilità.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Il processo contro "la bulla" Lori Drew finisce con un'assoluzione quasi totale.

Lori Drew, oggi cinquantenne, nel 2006 aveva organizzato una campagna di vessazioni online contro Megan Meier, insieme alla figlia e a un'amica diciottenne, che aveva portato la vittima, allora tredicenne, al suicidio.

Il procuratore O'Brien rifiutò l'archiviazione della vicenda da parte del tribunale del Missouri a causa della mancanza di una legge specifica contro il cyber-bullismo. La causa è stata spostata Los Angeles, dove ha sede MySpace, il "luogo del delitto".

Lori Drew, la cui linea difensiva si è basata su "nessuno legge mai i termini di servizio".

Lori Drew aveva, infatti, creato un account falso spacciandosi per il tredicenne "Josh", tramite il quale era riuscita a indebolire psicologicamente Megan. "Josh", un giorno, le aveva scritto "il mondo sarebbe un posto migliore senza di te". Dopo poco ore Megan si è impiccata nella sua stanza.  

O'Brien ha cercato di convincere la corte di Los Angeles che Lori Drew ha commesso gravi crimini informatici, violando i termini di servizio di MySpace. Una prima sentenza lo aveva visto vincitore, ma quella attuale capovolge la situazione.

In molti celebrano la sentenza come una vittoria delle libertà civili, prima fra tutte la libertà d'espressione, come la EFF, mentre alcuni, come il NYT, s'interrogano sulla natura e sulle libertà dell'identità online, e sui limiti che sarebbero necessari.

Anche in Italia si è parlato d'identità online e di cyber-bullismo, anche se difficilmente si può trovare un punto di contatto con la vicenda statunitense, che certamente lascerà il segno. Tra libertà d'espressione e responsabilità, dove credete che stia l'equilibrio?