Rifiuti elettronici, ecco la truffa dei negozianti

I negozi italiani non rispettano la normativa recentemente varata. Dovrebbero ritirare i prodotti elettronici usati, e smaltirli gratuitamente. I pochi che lo fanno però molte volte chiedono un balzello ai consumatori.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Un'inchiesta di Greenpeace svela che il decreto per lo smaltimento dei rifiuti elettronici per ora è lettera morta, o quasi. La famosa associazione infatti ha indagato presso alcuni centri commerciali di tre grandi città italiane (Roma, Milano e Napoli), scoprendo che solo in alcuni casi il vecchio prodotto viene ritirato senza costi aggiuntivi da parte del consumatore.

Rifiuti elettronici, abbondanti e pericolosi.

Teoricamente dallo scorso 18 giugno quando compriamo un prodotto nuovo paghiamo, incluso nel prezzo, anche parte dei costi per smaltire il quello vecchio. L'azione di smaltimento vera e propria è a carico del negozio, così come la gestione del rifiuto elettronico.

La reporter di Greenpeace si è però scontrata contro un muro di gomma. Sia al telefono che di persona le è stato detto che i prodotti non vengono ritirati, o che il ritiro viene fatto solo per alcuni tipi di elettrodomestici. O ancora si riconosce il ritiro gratuito in negozio, ma si richiede un pagamento (da 10 euro in su) se l'usato va preso a casa del cliente.

Oppure le spese di consegna per il nuovo elettrodomestico sono misteriosamente aumentate da quando la norma è obbligatoria. In altre occasioni, e qui si va nella piena illegalità, il ritiro dell'usato deve essere pagato a parte.

Anche in Futurama l'argomento ha avuto il suo piccolo spazio.

Insomma, i negozi italiani non sembrano disposti a partecipare al miglioramento della qualità ambientale. Con questa norma la Comunità Europea vuole mettere sotto controllo i rifiuti elettronici più pericolosi, e dividere la responsabilità economica tra tutti, cittadini e aziende. Qualche negozio è disposto a ritirare gratis una lavatrice, ma non un computer, molto più ricco di materiali pericolosi.

Le catene commerciali, non ne dubitiamo, sono evidentemente attente alla protezione dell'ambiente, e farebbero di tutto per evitare che rifiuti pericolosi finiscano in discariche abusive chissà dove. Purché paghi qualcun altro.

In conclusione Greenpeace chiede al Ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo che si attivi, per verificare che il suo decreto sia davvero messo in pratica. Ci uniamo volentieri a questo appello.