Secondo passo per la creazione dell'AGI: renderla intelligente

Lo sviluppo dell'intelligenza artificiale è forse la ricerca più importante della nostra epoca, e avrà con ogni probabilità effetti mai visti prima sul genere umano.

Avatar di Tom's Hardware

a cura di Tom's Hardware

Secondo passo per la creazione dell'AGI: renderla intelligente

Questa è la parte più insidiosa. La verità è che nessuno sa come renderla intelligente – si sta ancora discutendo su come rendere un computer intelligente quanto una persona e capace di sapere cosa sono un cane, una B scritta a mano e un film mediocre. Ma ci sono diverse strategie a lungo termine e prima o poi una di esse funzionerà. Ecco le tre più comuni che ho individuato:

1)      Plagiare il cervello.

In tante classi, nelle scuole di tutto il mondo, c'è uno studente che sembra bravissimo e ha ottimi risultati, e ce n'è un altro che pur impegnandosi non riesce a tenere il passo. Il secondo alla fine si stanca di faticare per niente, e decide che è più semplice copiare le risposte del suo compagno. È una scelta sensata: siamo bloccati nella realizzazione di un computer super complesso, ma abbiamo un prototipo perfetto all'interno del nostro cranio.

Il mondo scientifico sta lavorando duramente per capire com'è fatto il cervello e comprendere come l'evoluzione l'abbia reso una cosa tanto sofisticata – secondo le stime più ottimiste ce la faremo entro il 2030. Una volta raggiunto tale risultato, conosceremo tutti i segreti su come il cervello sia tanto potente ed efficiente, e potremmo trarne ispirazione e copiarne le innovazioni.

Un esempio di architettura elettronica che imita il cervello sono le reti neurali artificiali. Si parte da una rete di transistor "neuroni", connessi gli uni agli altri con input e output, che non sa nulla – come il cervello di un bambino. "Impara" per tentativi: prendiamo il riconoscimento della scrittura a mano, all'inizio (la rete neurale) cercherà di decifrare ogni lettera in modo del tutto casuale. Ma quando gli viene detto che una risposta è corretta, le connessioni tra i transistor che hanno portato a tale risposta di rinforzano; quando una risposta è sbagliata, le corrispondenti connessioni ne risultano indebolite. Dopo moltissimi di questi tentativi e feedback, la rete ha formato in modo autonomo connessioni intelligenti, e la macchina è diventata ottimizzata per quella specifica attività. Il cervello impara in modo (lontanamente) simile ma molto più sofisticato, e via via che lo studiamo scopriamo ingegnosi nuovi modi di sfruttare i circuiti neurali.

Un versione più estrema del plagio consiste nella strategia chiamata whole brain emulation (emulazione dell'intero cervello), il cui obiettivo è affettare un vero cervello in strati molto sottili, fare una scansione di ognuno di essi, usare il software per ricostruire un preciso modello 3D, e poi applicare il modello a un potente computer. A quel punto avremmo un computer che è ufficialmente capace di tutto ciò che può fare il cervello – avrebbe solo bisogno di imparare e raccogliere informazioni. Se gli ingegneri riescono a fare le cose davvero molto bene, potrebbero riuscire a emulare un vero cervello con tanta precisione che la personalità e i ricordi sarebbero intatti una volta che la sua architettura è stata caricata su un computer. Se il cervello apparteneva a Jim prima che morisse, il computer ora si sveglierà come Jim (?), il che rappresenterebbe un'eccellente AGI di livello umano, e potremmo lavorare per fare di Jim una ASI incredibilmente intelligente – il che lo renderebbe probabilmente molto eccitato.

Quanto siamo lontani dall'emulazione dell'intero cervello? Beh, tanto lontani che solo recentemente siamo riusciti a emulare il cervello di un verme lungo un millimetro, che consiste in ben 302 neuroni totali. Il cervello umano ne ha 100 miliardi. Se vi sembra un progetto senza speranza, ricordate la potenza della crescita esponenziale – ora che abbiamo conquistato il cervello del piccolo verme, presto potrebbe arrivare una formica, seguita da un topo, e all'improvviso tutto potrebbe sembrare più plausibile.

Vedi anche: Crea il tuo organismo digitale, ma non dargli da bere di notte

2)      Cercare di spingere l'evoluzione a ripetersi per noi

Se decidiamo che è troppo difficile imitare lo studente migliore della classe, possiamo provare a imitare il suo metodo di studio.

È qualcosa che conosciamo. Costruire un computer potente quanto il cervello è possibile – l'evoluzione del nostro stesso cervello ne è la prova. E se il cervello è troppo complesso da emulare, potremmo tentare di emularne l'evoluzione. Il fatto è che anche se possiamo emulare un cervello, potrebbe essere come cercare di costruire un aeroplano copiando le ali di un uccello – spesso le macchine riescono meglio se si progetta partendo da zero con la macchina in mente, tralasciando l'imitazione esatta della biologia.

Come possiamo simulare l'evoluzione per creare una AGI? Il metodo, chiamato "algoritmo genetico", funzionerebbe più o meno così: ci sarebbe un processo di azione e valutazione, che si ripeterebbe più e più volte (così come le creature biologiche "agiscono" vivendo le proprie vite e sono "valutate" quando riescono a riprodursi oppure no). Un gruppo di computer tenterebbe di compiere un'azione, e quelli con i migliori risultati verrebbero "accoppiati" unendo la metà della rispettiva programmazione in un nuovo computer. Quelli con i risultati peggiori sarebbero eliminati. Dopo molte, moltissime ripetizioni, questo processo di selezione naturale produrrebbe computer sempre migliori. La sfida sarebbe creare un sistema automatico di valutazione e accoppiamento, così il sistema potrebbe svilupparsi da solo.

Lo svantaggio nel copiare l'evoluzione è che quest'ultima ci mette miliardi di anni a fare le cose, e noi invece vogliamo fare tutto questo in pochi decenni.

Ma abbiamo molti vantaggi sull'evoluzione. Primo, l'evoluzione non vede il futuro e funziona per tentativi casuali – produce più mutazioni inutili di quelle utili, ma noi potremmo controllare il processo in modo tale da sfruttare solo le mutazioni positive e i cambiamenti utili. Secondo, l'evoluzione non ha un obiettivo, ivi compresa l'intelligenza – a volta l'ambiente potrebbe persino creare una selezione che ostacola l'intelligenza superiore (perché usa molta energia). Noi, d'altra parte, potremmo orientare specificamente questo processo evolutivo verso un'intelligenza sempre maggiore. Terzo, per selezionare in favore dell'intelligenza, l'evoluzione deve innovare in molti altri aspetti che facilitino l'insorgere dell'intelligenze – come per esempio il modo in cui le cellule producono energia – ma noi possiamo eliminare tale fardello aggiuntivo e usare cose come l'elettricità. Senza dubbio noi saremmo molto, molto più veloci dell'evoluzione – ma non è ancora chiaro se saremo in grado di migliorare abbastanza l'evoluzione da rendere questa strategia un metodo valido.

3)      Fare di tutto questo un problema del computer, non nostro

A questo punto gli scienziati si arrendono di fronte alle difficoltà e cercando di programmare il test affinché si faccia da solo. Potrebbe essere il metodo più promettente che abbiamo.

L'idea è di costruire un computer le cui due abilità migliori siano fare ricerca sulla AI e programmare modifiche per sé stesso – il che gli permetterebbe di imparare e di migliorare la propria architettura. Insegneremmo ai computer come essere programmatori, così potrebbero sostenere il loro stesso sviluppo. E quello sarebbe la loro attività principale – capire come rendersi più intelligenti. Ci torneremo più avanti.

Tutto questo potrebbe accadere presto

Oggi si stanno verificando tanto rapidi progressi nell'hardware quanto innovazioni sperimentali nel software, e l'AGI potrebbe arrivarci addosso inattesa e rapidamente per due ragioni:

1)      La crescita esponenziale è intensa è quello che sembra un passo da lumaca nell'avanzamento può diventare velocemente una corsa molto veloce – come illustrato efficacemente dall'immagine (fonte).

2)      Quando si guarda al software, il progresso può sembrare lento, ma una sola grande svolta può cambiarne istantaneamente il ritmo (similmente a come la scienza, quando gli umani credevano che l'universo fosse geometrico, faticava a calcolarne in modo in cui l'universo funzionava, ma poi la scoperta che era eliocentrico all'improvviso ha reso tutto più facile). O, parlando di un computer che migliora se stesso, potrebbe sembrare che siamo ancora molto lontani ma in realtà ci manca una sola modifica al sistema per renderle 1.000 volte più efficace e lanciarci verso l'intelligenza di livello umano.