Skype pensa al "business" ma non troppo

Skype ha raggiunto i 100 milioni di utenti ma quelli statunitensi sono solo il 15%. La nuova strategia è quella di conquistare la dimensione business senza snaturare la sua offerta.

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a cura di Dario D'Elia

Skype, una delle società leader nei servizi VoIP, è stata acquistata nello scorso settembre da eBay per circa 4,1 miliardi di dollari. A distanza di quasi dieci mesi la maggior parte degli analisti sono sempre più convinti che si sia trattato di un ottimo investimento. Gli ultimi dati confermano che il numero di iscritti al servizio ha raggiunto quota 100 milioni, e solo il 15% di questi è residente negli Stati Uniti. Insomma, la telefonia via Web è diventato un business con margini di incremento esponenziali, ma la partita più difficile è destinata a consumarsi sul suolo statunitense. Yahoo, per prima, ha rilanciato con il suo Messanger with Voice, un servizio VoIP integrato con l’applicazione di messaging dalle tariffe – Web/telefono fisso - piuttosto aggressive (Stati Uniti e 30 altri paesi a 2 centesimi al minuto). Microsoft si appresta a scendere in campo con Windows Live Messenger dotato di tecnologia VoIP di proprietà Verizon. AOL ha presentato un’offerta telefonica tradizionale che però sfrutta la tecnologia Web e quindi si distingue per un tariffario vantaggioso.

A questo punto tutti attendevano la contro-mossa dell’attuale leader. Ebbene Skype ha deciso di rendere gratuite, fino alla fine dell’anno, tutte le chiamate ai fissi negli Stati Uniti e Canada. “Pensiamo che questo permetterà di far crescere il numero di utenti statunitensi e canadesi. Le loro share rispetto al resto del mondo sono piuttosto basse; è senza ombra di dubbio il momento giusto”, ha dichiarato, all’inizio della settimana, Henry Gomez, general manager di Skype Nord America. Durante l’ultima conferenza di eBay, infatti, la dirigenza aveva confermato che il tasso di penetrazione di Skype fra gli utenti Web negli Stati Uniti è del solo 4%, contro l’8% britannico, 13% cinese e 20% finlandese.   

Alcuni analisti sostengono che la difficoltà dimostrata sul mercato statunitense, sia giustificata da una serie di caratteristiche endemiche. Le tariffe della telefonia tradizionale sono già basse, e se paragonate, ad esempio, alla dimensione europea, caratterizzata dalla presenza di onerosi canoni e balzelli, si dimostrano piuttosto concorrenziali. Inoltre, la crescita degli utenti online – senza contare quelli broadband - si è praticamente congelata. Lo scorso febbraio Parks Associates ha pubblicato un report che delinea uno scenario poco incoraggiante: entro la fine del 2006 il numero di utenti è destinato ad aumentare del solo 1%. E la maggior parte degli intervistati ha ammesso di non avere alcuna intenzione di rendere la propria casa wired – si calcolano circa 39 milioni di abitazioni. Inoltre, per quanto riguarda il segmento business, vige ancora un certo timore – a macchia di leopardo - nei confronti della sicurezza del VoIP Skype. Sebbene il 30% della sua utenza sia rappresentato da aziende, ogni tanto, balza all’onore della cronaca qualche divieto di utilizzo da parte di importanti istituzioni. Poco tempo fa, ad esempio, la stessa Oxford University, nel Regno Unito, ha bannato Skype. A quel punto i tecnici dell’azienda si sono messi immediatamente in contatto con i responsabili tecnici della prestigiosa università per spiegare la qualità dei loro sistemi di criptazione. Risultato: Oxford University ha fatto un passo indietro e ha riammesso il VoIP nei suoi uffici.

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