Un solo atomo per la memoria più piccola al mondo

Al Max Planck Institute un team di ricercatori è riuscita a stipare un'informazione in un singolo atomo. Questo passo avanti può essere decisivo per i computer quantici.

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a cura di Manolo De Agostini

La memoria più piccola del mondo è formata da un singolo atomo. I ricercatori del Max Planck Institute of Quantum Optics sono riusciti a scrivere lo stato quantico di singoli fotoni all'interno di un atomo di rubidio e sono riusciti a leggere l'informazione dopo 180 microsecondi di archiviazione.

Secondo quanto dichiarato dai ricercatori, la tecnica potrebbe essere usata per progettare computer quantici e collegarsi tra loro su lunghe distanze. I computer quantici saranno in grado un giorno di occuparsi in un lampo di operazioni che oggi richiedono anni.

Usare un singolo atomo come unità di archiviazione offre diversi vantaggi, oltre allo spazio occupato. L'informazione immagazzinata può essere processata manipolando direttamente l'atomo, un passaggio importante per compiere operazioni logiche in un PC quantico. "Si può inoltre controllare se l'informazione quantica archiviata nel fotone è stata scritta con successo all'interno di un atomo senza distruggere lo stato quantico", ha affermato il ricercatore Holger Specht.

Finora non era stato ancora possibile scambiare un'informazione quantica tra fotoni e singoli atomi poiché la loro interazione è molto debole. I ricercatori sono riusciti a raggiungere questo risultato inserendo un atomo di rubidio tra gli specchi di un risonatore ottico e poi usare un impulso laser molto debole per introdurre fotoni nel risonatore. Gli specchi riflettevano i fotoni avanti e indietro diverse volte, migliorando l'interazione tra gli stessi e l'atomo.

Interagendo con il fotone l'atomo di rubidio si "eccita", ma poi perde questo stato con l'emissione di un altro fotone. Per affrontare questo comportamento e far sì che l'assorbimento del fotone porti l'atomo di rubidio in uno stato quantico stabile e definito, i ricercatori si sono avvalsi di un secondo raggio laser "di controllo" indirizzato verso l'atomo di rubidio nello stesso momento entrava in contatto con il fotone.

Per leggere l'informazione è bastato invertire il processo: irradiando l'atomo di rubidio con il laser di controllo si è ottenuta la perdita del fotone acquisito in precedenza. Nella stragrande maggioranza dei casi, l'informazione quantica nel fotone rilasciato si è rivelata essere la stessa di quella in origine. La fedeltà, secondo i test effettuati, è superiore al 90 percento.

Il tempo di archiviazione del dato nell'atomo di rubidio è stato di 180 microsecondi, cioè "paragonabile ai tempi delle precedenti memorie quantiche basate su insiemi di atomi", ha dichiarato Stephan Ritter. Ora il lavoro dei ricercatori si dovrà concentrare nell'allungare i tempi di archiviazione, un requisito necessario per usare il metodo nei computer o nelle reti quantiche.

Secondo Ritter il tempo di archiviazione è stato limitato dalle fluttuazioni del campo magnetico circostanti al laboratorio. "Si può aumentare stipando l'informazione quantica negli stati quantici degli atomi che non sono sensibili ai campi magnetici".