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Qubit molecolari: la nuova era delle telecomunicazioni

Scienziati sviluppano qubit molecolari che collegano luce e magnetismo, operando alle frequenze delle telecomunicazioni per tecnologie quantistiche.

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Avatar di Antonello Buzzi

a cura di Antonello Buzzi

Senior Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 03/10/2025 alle 08:15

La notizia in un minuto

  • Ricercatori hanno sviluppato qubit molecolari all'erbio che operano alle stesse frequenze delle telecomunicazioni moderne, creando un ponte tra magnetismo e ottica per accelerare lo sviluppo dell'internet quantistico
  • La compatibilità con le reti in fibra ottica esistenti permetterà di integrare sistemi quantistici nell'infrastruttura attuale, abilitando comunicazioni ultra-sicure e computer quantistici collegati su lunghe distanze
  • Le applicazioni si estendono oltre le comunicazioni: dalla fotonica al silicio per chip quantistici compatti ai sensori nanoscopici per sistemi biologici, grazie alla versatilità chimica delle terre rare

Riassunto generato con l’IA. Potrebbe non essere accurato.

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La convergenza tra il mondo quantistico e le telecomunicazioni ha compiuto un passo decisivo grazie a un team di ricercatori che ha sviluppato una nuova generazione di qubit molecolari in grado di operare alle stesse frequenze della tecnologia delle comunicazioni moderne. Questi microscopici componenti, creati utilizzando l'erbio come elemento centrale, rappresentano un ponte innovativo tra magnetismo e ottica, aprendo scenari inediti per l'integrazione di sistemi quantistici nelle infrastrutture di comunicazione esistenti. Il risultato, frutto della collaborazione tra Università di Chicago, UC Berkeley e i laboratori nazionali di Argonne e Lawrence Berkeley, potrebbe accelerare lo sviluppo del cosiddetto "internet quantistico".

L'erbio: il cuore della rivoluzione quantistica

Al centro di questa innovazione si trova l'erbio, un elemento delle terre rare che presenta caratteristiche uniche nel panorama quantistico. Le terre rare sono note per la loro capacità di assorbire ed emettere luce in modo estremamente "pulito" rispetto ad altri elementi, pur mantenendo una forte interazione con i campi magnetici. Questa duplice natura li rende ideali per fungere da interfaccia tra diversi domini fisici.

"Queste molecole possono agire come un ponte nanoscopico tra il mondo del magnetismo e quello dell'ottica", spiega Leah Weiss, ricercatrice post-doc presso la Pritzker School of Molecular Engineering dell'Università di Chicago. L'informazione può essere codificata nello stato magnetico di una molecola e successivamente acceduta attraverso la luce a lunghezze d'onda compatibili con le tecnologie già consolidate delle reti in fibra ottica.

Verso reti quantistiche integrate

La compatibilità con le frequenze delle telecomunicazioni rappresenta il vero salto qualitativo di questa ricerca. I nuovi qubit molecolari possono infatti interagire alle frequenze della banda di telecomunicazioni, aprendo la strada a future reti quantistiche perfettamente integrate con l'infrastruttura esistente. Tali reti potrebbero abilitare canali di comunicazione ultra-sicuri, collegare computer quantistici su lunghe distanze e distribuire sensori quantistici con precisione senza precedenti.

L'informazione potrebbe essere codificata in stato magnetico e letta dalla luce

La relazione tra luce e magnetismo a livello quantistico presenta sfumature complesse e affascinanti. Mentre la luce rappresenta spesso il mezzo attraverso cui l'informazione quantistica viene trasmessa e letta, il magnetismo è intimamente legato allo "spin", una proprietà quantistica fondamentale che costituisce la base di numerose tecnologie quantistiche, dai sensori a specifiche tipologie di computer quantistici.

Applicazioni rivoluzionarie in vista

Le potenzialità applicative di questi qubit molecolari si estendono ben oltre le comunicazioni. La loro dimensione ridotta e flessibilità chimica li rende candidati ideali per l'incorporazione in ambienti inusuali, come i sistemi biologici, dove potrebbero misurare campi magnetici, temperatura o pressione a livello nanoscopico. Grant Smith, dottorando presso la PME e co-primo autore dello studio, sottolinea come "la chimica delle terre rare ha fornito una combinazione fortuita di proprietà che ci ha permesso di portare queste capacità in un sistema molecolare".

La compatibilità con la fotonica al silicio apre inoltre prospettive per l'integrazione diretta di queste molecole nei chip, spianando la strada a dispositivi quantistici compatti utilizzabili per calcolo, comunicazione o rilevamento. David Awschalom, principale investigatore dello studio e professore presso l'Università di Chicago, evidenzia come "dimostrando la versatilità di questi qubit molecolari all'erbio, stiamo compiendo un altro passo verso reti quantistiche scalabili che possono integrarsi direttamente nell'infrastruttura ottica odierna".

La sinergia interdisciplinare

Il successo di questa ricerca nasce dalla convergenza di due campi apparentemente distanti: l'ottica quantistica, con applicazioni nei laser e nelle reti quantistiche, e la chimica sintetica, responsabile degli agenti di contrasto utilizzati nelle macchine per risonanza magnetica. Ryan Murphy, co-primo autore del gruppo di ricerca di Jeffrey Long a UC Berkeley, sottolinea come "la chimica molecolare sintetica offre un'opportunità per ottimizzare le proprietà elettroniche e ottiche degli ioni di terre rare in modi che possono essere difficili da raggiungere nei substrati convenzionali allo stato solido".

Jeffrey Long, professore di chimica a UC Berkeley, conclude affermando che "il nostro lavoro dimostra che la chimica sintetica può essere utilizzata per progettare e controllare materiali quantistici a livello molecolare", indicando una via potente per creare sistemi quantistici su misura con applicazioni in networking, rilevamento e calcolo. Questo studio rappresenta solo la superficie di quello che i ricercatori ritengono di poter realizzare, aprendo scenari ancora inesplorati per la manipolazione della materia quantistica attraverso l'ingegneria molecolare.

Fonte dell'articolo: phys.org

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