Apple e Foxconn di nuovo nel ciclone per l'iPhone 5

Un nuovo reportage di produzione francese mostra che presso gli stabilimenti Foxconn le condizioni dei lavoratori sono sempre drammatiche, e non si notano i miglioramenti che l'azienda si era impegnata a realizzare.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Reporter francesi sono riusciti a infiltrarsi negli stabilimenti Foxconn, scoprendo che i problemi evidenziati in passato non sono stati affrontati, com'era stato promesso dall'azienda e anche dal suo principale cliente, vale a dire Apple.

I giornalisti di Envoyé Spécial (un programma simile al nostro Report) hanno scoperto per esempio che almeno in un caso gli operai dormivano in locali non ancora terminati (ci si è concentrati solo sulle linee produttive), e che in un altro l'impianto elettrico non finito, o mal realizzato, ha causato un incendio nel quale sono morte otto persone.

Ancora presente poi il problema dei lavori forzati per gli studenti, obbligati dalle scuole a compiere un periodo lavorativo sottopagato presso gli stabilimenti per ottenere il titolo di studio. Quanto agli aumenti di stipendio degli altri lavoratori, pare che in buona parte Foxconn se li "riprenda" in forma di affitto e pasti. L'azienda, a quanto pare, fa pagare quasi tutto ai propri lavoratori - compreso un test psicologico da sette dollari che dovrebbe verificare eventuali inclinazioni al suicidio.

Immancabili anche gli straordinari eccessivi, così come periodi troppo lunghi (fino a 90 giorni) di lavoro ininterrotto. Secondo i reporter francesi buona parte di questi problemi è dovuta proprio alla produzione dell'iPhone 5: per consegnare in tempo le grandi quantità dell'ultimo gadget Apple si sono rese necessarie queste misure. Qualcosa di simile era già emerso a settembre.

Da parte di Apple è giunta una risposta rituale, non particolarmente pregnante. L'azienda ha infatti confermato ancora una volta il proprio impegno formale per risolvere questi problemi, e gli obblighi contrattuali che i propri fornitori devono rispettare. Parole che finora hanno faticato a tramutarsi in fatti.

Anche Foxconn ha risposto a quanto emerso, ricordando gli impegni formali presi e gli obblighi legali, ma anche il fatto che "offriamo salari e benefici più alti di quelli imposti per legge e concorrenziali rispetto a tutte le altre industrie nelle zone in cui operiamo […]. Foxconn non è perfetta, ma continuiamo a migliorare ogni giorno e siamo un esempio nello soddisfare i bisogni della nuova generazione di lavoratori in Cina".  

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Insomma le due aziende coinvolte si sono limitate a commenti formali, senza toccare direttamente quanto mostrato dal reportage francese. Non un granché come risposta, ma è doveroso ricordare che davvero Foxconn rappresenta una sorta di "fiore all'occhiello" quando si parla di condizioni di lavoro nel settore della produzione elettronica.

Questo tuttavia non è un pregio, e di certo non è il caso di fare i complimenti a nessuno: se la realtà emersa è la migliore delle alternative, allora significa semplicemente che il problema è più grande e grave. La scomoda verità è che non esiste un prodotto elettronico che in qualche modo non sia segnato dall'umiliazione delle persone, se non dal sangue.

L'unica tenue speranza in questo quadro desolante è il fatto che esiste una tendenza a riportare la produzione in patria, almeno negli Stati Uniti. Se n'è parlato riguardo ad Apple, ma sono diverse le aziende statunitensi che stanno rientrando a casa per i motivi più diversi; forse è questo il fenomeno a cui dobbiamo guardare per sperare che questo scenario da incubo finisca?