La frammentazione dell'ecosistema Android si manifesta ancora una volta attraverso una decisione che coinvolgerà centinaia di milioni di utenti in tutto il mondo. Google ha annunciato che a partire da agosto 2025, il suo browser Chrome per dispositivi mobili cesserà di ricevere aggiornamenti su Android 8.0 (Oreo) e Android 9.0 (Pie), tagliando fuori dal supporto software una porzione significativa della base utenti. La scelta, seppur prevedibile nel ciclo di vita tecnologico, solleva interrogativi importanti sull'accessibilità digitale e sulla gestione dell'obsolescenza programmata nel mondo degli smartphone.
I numeri parlano chiaro e delineano un quadro impressionante dell'impatto potenziale: secondo le statistiche più recenti sulla distribuzione delle versioni Android, aggiornate ad aprile 2025, Android 9 rimane attivo su quasi il 6% dei dispositivi globali, mentre le versioni 8.0 e 8.1 insieme rappresentano circa il 4% del parco installato. Questo significa che oltre 300 milioni di smartphone potrebbero presto trovarsi con un browser web principale non più supportato, creando una frattura digitale significativa nell'accesso ai contenuti online.
La soglia temporale fissata da Mountain View coinciderà con il rilascio di Chrome 139, previsto idealmente per il 5 agosto 2025. A partire da quella data, il browser richiederà obbligatoriamente Android 10 o versioni successive per installare nuovi aggiornamenti e ricevere le cruciali patch di sicurezza. Chrome 138 rappresenterà quindi l'ultimo aggiornamento disponibile per i sistemi operativi più datati, segnando la fine di un'era per milioni di dispositivi ancora funzionanti.
Il processo di abbandono non sarà immediato né catastrofico, ma seguirà una traiettoria di deterioramento graduale che renderà sempre più problematica la navigazione web. Gli utenti bloccati su Android 8 o 9 potranno continuare a utilizzare Chrome nelle sue funzioni di base, ma si troveranno progressivamente esclusi dalle innovazioni tecnologiche che caratterizzano l'evoluzione del web moderno. Siti sempre più sofisticati potrebbero iniziare a presentare malfunzionamenti, rallentamenti o incompatibilità complete.
La strategia di Google riflette una prassi consolidata nell'industria tecnologica: concentrare le risorse di sviluppo sulle piattaforme più diffuse e sicure, abbandonando gradualmente il supporto per i sistemi considerati obsoleti. Anche gli sviluppatori web seguono questa logica, riducendo progressivamente i test di compatibilità sui browser non aggiornati, rendendo la scelta di Google tecnicamente inevitabile ma socialmente discutibile.
Le alternative a disposizione degli utenti coinvolti si riducono essenzialmente a due opzioni, entrambe non sempre praticabili. La prima consiste nell'aggiornamento del sistema operativo, quando tecnicamente possibile, mentre la seconda richiede l'acquisto di un dispositivo più recente (come il Google Pixel 9, acquistabile su Amazon). Tuttavia, la realtà del mercato Android presenta una complessità particolare: molti smartphone lanciati originariamente con Android 8 o 9 non hanno mai ricevuto l'aggiornamento ad Android 10, rimanendo bloccati alla versione iniziale per decisioni commerciali dei produttori.
L'aspetto più preoccupante della transizione riguarda l'esposizione ai rischi di sicurezza che caratterizzerà inevitabilmente i dispositivi abbandonati. Senza aggiornamenti di sicurezza per Chrome, gli utenti si troveranno più vulnerabili alle minacce online, dalle frodi informatiche ai malware, passando per le violazioni della privacy.
L'evoluzione del panorama digitale mostra come l'obsolescenza programmata non riguardi più soltanto l'hardware, ma si estenda sempre più frequentemente al software e ai servizi. Chrome rappresenta spesso l'unico punto di accesso al web per milioni di persone, e la sua progressiva degradazione su dispositivi ancora funzionanti solleva questioni etiche importanti sul diritto all'accesso tecnologico. La decisione di Google, seppur comprensibile dal punto di vista tecnico ed economico, evidenzia le contraddizioni di un ecosistema digitale che promette inclusività ma pratica forme sottili di esclusione basate sul ciclo di vita commerciale dei prodotti.