Apple e Foxconn miglioreranno le condizioni di lavoro presso le fabbriche dove si producono iPad, iPhone, Macbook e altri prodotti della Mela Morsicata. Le due aziende divideranno i costi, ma non è chiaro quali azioni saranno effettivamente intraprese, né in che proporzione i due colossi si ripartiranno gli oneri.
Sembra che le due aziende stiano “spendendo molto” per rispondere alle numerose critiche sulle condizioni di lavoro nelle fabbriche, che vanno dai bassi stipendi alle scarse condizioni di sicurezza, passando da situazioni abitative miserabili a ritmi di vita insostenibili.
Il tablet della discordia
Non possiamo sapere se si tratta di un'operazione di facciata o di qualcosa di più, ma dopotutto Apple è “sotto stretta osservazione” da parte di molti, e di certo qualcuno si prenderà la briga di verificare.
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Ci sarà un effetto sul prezzo finale dei prodotti Apple? È possibile, ma per niente sicuro: il costo del lavoro rappresenta solo una frazione del prezzo finale, e per di più Apple può contare su margini molto alti e potrebbe decidere semplicemente di guadagnare qualche dollaro in meno sui propri gadget.
Di opinione diversa Meg Withman di HP, che aveva affermato con chiarezza il proprio pensiero: se aumenta il costo di produzione, deve aumentare anche il prezzo finale.
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È troppo presto per fare i complimenti ad Apple e Foxconn o per accusarle di aver creato una nuova campagna di marketing. Resta il fatto che Europa e Stati Uniti dovranno prima o poi fare una scelta: perché sistemi come quello applicato da Foxconn da noi sarebbero illegali o quasi, e sarebbero ritenuti inaccettabili. Però noi in Occidente abbiamo alle spalle 188 anni di battaglie sindacali (le Trade Unions nel Regno Unito sono nate nel 1824), mentre in Cina sono appena agli inizi.
Qualche politico in Europa ha proposto di mettere nuove tasse alle dogane che compensino le differenze, così che produrre qui o altrove abbia lo stesso costo. Però il rischio - che tutte le aziende conoscono bene - è che la Cina potrebbe fare lo stesso azzoppando così l'export mondiale. Insomma, mai dimenticare che quel grande paese è produttore-assemblatore ma anche un golosissimo cliente considerati gli 1,3 miliardi di abitanti.