Galaxy Note 7, da epic fail a minaccia ambientale?

Il Galaxy Note 7 è morto per sempre, ma cosa succederà ora ai 2,5 milioni di smartphone da ritirare? Il loro smaltimento è complesso e rappresenta un grosso problema ambientale ma anche etico.

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a cura di Alessandro Crea

Preso atto che non c'era più niente da fare per recuperare la situazione, come sapete Samsung ha deciso di ritirare dal mercato tutti i Galaxy Note 7 già venduti e di non produrne altri. Ma cosa succederà ora a questi 2,5 milioni di smartphone? La domanda potrebbe sembrare banale, ma non lo è affatto.

Un portavoce del colosso coreano ha fatto sapere che Samsung non li riparerà, né sostituirà, né li rimetterà mai più in vendita (come accade invece normalmente), ma li demolirà. Una soluzione apparentemente ragionevole ma che può rappresentare un problema ambientale gravissimo.

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Samsung ha detto di avere un piano sicuro per il loro smaltimento, ma il problema è che per quanto sicuro possa essere, nella realtà riciclare uno smartphone è davvero difficile, figuriamoci 2,5 milioni in un colpo solo.

I problemi principali sono due: primo, secondo un rapporto del 2013 redatto dall'‎‎Institute of Electrical and Electronics Engineers, servono circa 74 chili di materiali grezzi estratti per realizzare uno smartphone di medie dimensioni, ma secondo il CEO di iFixit Kyle Wiens, che ha avuto modo di analizzare l'interno di un Note 7, per il phablet ne sono serviti almeno 226. Molti di questi elementi rari inoltre andranno irrimediabilmente persi, visto che non si riesce a riciclare più del 50% dei componenti di uno smartphone.

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Immagine presa dal rapporto 2016 di Samsung sull'impatto ambientale della produzione di smartphone. Non mostra un Galaxy Note 7.

Un danno enorme se si pensa che il cosiddetto COLTAN e altri elementi rari come l'indio, il neodimio e il cobalto estratto in Congo e contenuto nelle batterie, sono generalmente quelli col peggior impatto ambientale ed umano, generando sfruttamento e morti, quando non direttamente guerre.

‎"Ovviamente è un enorme spreco di risorse. Ma è sempre una questione di scala" ha dichiarato a Motherboard Benjamin Sprecher, post-dottorando che si occupa di studiare l'estrazione e il riciclo delle terre rare presso l'università olandese di Leiden. "Fondamentalmente tutto ciò che facciamo nella società occidentale è un enorme spreco di risorse, [...] 2,5 milioni di smartphone non rappresentano che una piccolissima quota dell'intero mercato degli smartphone, che a sua volta non è che una frazione del mercato dei metalli. Quindi, da un punto di vista delle risorse e dell'ambiente non è un avvenimento così rilevante".

Le parole di Sprecher però non devono chiudere semplicisticamente la questione. Nessuna di queste considerazioni infatti ‎cambia il fatto che il Note 7, abbia richiesto ingenti quantità di materiali per essere prodotto e che poi, per qualche errore di progettazione, in pochissimo tempo, un prodotto altamente pregiato e dal costo elevato in termini umani e ambientali si sia trasformato in materiale di scarto. ‎

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La stessa Samsung del resto, nel suo report del 2016 sulla sostenibilità, ha dichiarato di "considerare l'inquinamento ambientale e la violazione dei diritti umani in aree di conflitto seri problemi etici".

‎Questo incidente dunque non andrà forse classificato come un irrimediabile disastro ambientale, ma può benissimo essere considerato come un disastro ambientale evitabile. Un argomento su cui tutti i produttori di smartphone dovrebbero riflettere maggiormente e da cui dovrebbero imparare una lezione importante.

Passando a considerazioni più concrete, Samsung ha dichiarato che nelle prossime settimane renderà noti maggiori dettagli sui problemi incontrati dal Galaxy Note 7, per cui presto sapremo se le ipotesi circolate in questi giorni sono fondate o meno.

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Nel frattempo, per incentivare gli utenti a riconsegnare il proprio Note 7, Samsung ha fatto sapere che offrirà ‎fino a 100 dollari di credito a chi accetterà di cambiare il proprio Note 7 con un altro qualsiasi smartphone Samsung o 25 dollari a chi invece sceglierà il rimborso o preferirà passare ad altri brand.

Raccogliere i 2,5 milioni di smartphone però non sarà semplice, non soltanto perché sarà difficile raggiungere capillarmente e convincere tutti i possessori a riconsegnare lo smartphone, ma perché molti corrieri si stanno rifiutando di effettuare il trasporto. Al rifiuto delle poste britanniche infatti si aggiunge oggi anche FedEx. Basterà la scatola ignifuga a spegnere anche i timori dei corrieri? ‎ ‎