L'iWatch potrebbe arrivare davvero, ma sarà made in Italy

Un imprenditore italiano ha registrato il marchio iWatch nel 2008 e lo usa tuttora per un'app di gestione e notifica delle emergenze, ecco probabilmente perché Apple non l'ha potuto usare per il suo smartwatch.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Apple non ha usato il marchio iWatch per il suo smartwatch perché in Europa era già stato registrato da Probendi, azienda di proprietà dell'imprenditore italiano Daniele di Salvo. La notizia, battuta da Bloomberg, sta facendo il giro del mondo e a più d'uno è venuto il sospetto che la registrazione sia stata fatta ad hoc per gabbare Apple e arricchirsi dopo una fruttuosa contrattazione sulla cessione dei diritti.

Non c'è niente di più sbagliato: abbiamo parlato con Di Salvo, che non si aspettava tanta popolarità in poche ore, e ci ha spiegato che quando depositò il marchio iWatch non sospettava nemmeno che un giorno avrebbe potuto essere associato a uno smartwatch. Correva infatti il 3 agosto 2008, e benché fosse già stato annunciato il primo iPhone, gli smartphone stessi erano agli albori.

Apple Watch

Di Salvo ha anche una spiegazione inattaccabile sulla scelta di quel nome: aveva scelto "i" per "informazione" e il verbo "guardare", che era particolarmente indicato per un'applicazione per la gestione e la notifica delle emergenze Critical Governance, che ai tempi si usava su prodotti ben diversi da quelli mobili attuali. Ora funziona su Android ed è venduta direttamente ai clienti senza passare per Google Play. L'inglese è dovuto al fatto che l'azienda si affacciava (e lo fa tuttora) su un panorama internazionale, quindi bisognava usare termini comprensibili in tutto il mondo.

Qui finisce la storia e comincia l'attualità. Apple ha annunciato uno smartwatch, tutti si aspettavano che fosse l'ennesimo "iDispositivo" invece è arrivato Apple Watch. Qualcuno ha controllato e ha visto la registrazione di Di Salvo. Non è dato sapere se Apple l'abbia contatto, però ci ha confermato di avere ricevuto da "una grossa azienda cinese" la proposta di fare davvero uno smartwatch, guarda caso usando proprio il marchio iWatch.

Un paio di settimane fa è volato in Cina e si sono aperte le trattative. "Per ora non c'è nulla di definitivo" ma Di Salvo ha fiuto per gli affari e ha anche le idee chiare. Prima di tutto non intende cedere il marchio di sua proprietà, tuttora in uso quindi legalmente più che valido. Quello che c'è sul tavolo è il pagamento di royalties e/o la distribuzione in esclusiva per il mercato Europeo dello smartwatch, nel caso diventi realtà.

Il marchio iWatch

Il punto è che l'idea è valida, però Di Salvo ci tiene a essere della partita solo nel caso di un prodotto bello, con design all'italiana e non una volgare "patacca". Anzi, ha già fatto fare un concept da un amico d'Ivrea e cerca di portare i cinesi a lavorare su quello.

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Non mancano le idee chiare anche in fatto di tecnologia: l'iWatch dovrà assolutamente essere un "orologio con connettività 2G/3G, videocamera e GPS", in armonia con l'attuale offerta di Probendi. L'unica differenza è che non si tratterà di un prodotto verticale per professionisti di un certo ambito (per esempio fra i clienti c'è la polizia di Vercelli che usa l'app iWatch per inviare foto segnaletiche alla centrale tramite smartphone), ma un accessorio consumer nazional popolare.

L'ltima nota è sul prezzo, ma le trattative sono in fase preliminare e non si sa ancora se il prodotto vedrà la luce e nel caso quando. Però secondo Di Salvo dovrà costare indicativamente fra 200 e 250 euro, che a suo avviso è "il prezzo giusto" per il mercato attuale. Restate sintonizzati.