Lo streaming non piace agli operatori, gli fa perdere soldi

I costi di gestione dello streaming video sulle reti a banda larga stanno crescendo a un ritmo due o tre volte superiore alle entrate.

Avatar di Luca Zaninello

a cura di Luca Zaninello

Managing Editor

È emerso da un recente studio condotto da Strand Consult che i costi di gestione dello streaming video sulle reti a banda larga stanno crescendo a un ritmo due o tre volte superiore alle entrate, compromettendo gli obiettivi di investimento e accessibilità.

Come condiviso da CorCom, il rapporto intitolato "A Study of Business Models for 50 Broadband Providers in 24 US States" offre una panoramica dei problemi relativi al recupero dei costi delle reti a banda larga negli Stati Uniti. 44 fornitori di banda larga su 50 inclusi nello studio hanno confermato che lo streaming video rappresenta almeno la metà del proprio traffico di rete, mentre 23 fornitori hanno dichiarato che lo streaming video costituisce almeno il 70% del traffico complessivo.

In Europa si sta attualmente dibattendo la possibilità di applicare un contributo a carico delle grandi piattaforme digitali al fine di garantire una maggiore equità nella ripartizione dei costi, e anche negli Stati Uniti si sta prendendo in considerazione questa direzione.

Il rapporto di Strand Consult ha rivelato che i provider di servizi over-the-top (OTT), come Netflix, YouTube, Amazon Prime, Hulu/Disney+ e Microsoft Xbox, rappresentano il 75% del traffico totale downstream sulle reti prese in esame. Ogni dollaro guadagnato da questi provider ha comportato 0,48 dollari di costi non recuperati nel mid mile delle reti a banda larga. Inoltre, l'aumento del traffico video sta saturando la larghezza di banda disponibile, ostacolando la fornitura di servizi digitali essenziali agli altri abbonati alla banda larga.

In pratica, le aziende fornitrici di servizi OTT che sfruttano la rete stanno prosciugando lentamente le casse delle telco, le quali non riescono a generare guadagni sufficienti per investire e crescere di pari passo.

Il rapporto di Strand Consult ha rilevato che tre quarti dei fornitori di banda larga ritengono che lo streaming video abbia un impatto negativo sulla loro capacità di servire i clienti senza ulteriori investimenti. Gli aggiornamenti e gli investimenti nel "Middle Mile", inizialmente previsti ogni 4-5 anni, devono ora essere effettuati ogni 2-3 anni, con un aumento dei costi del 83% in soli due anni. I ricavi non riescono a tenere il passo con il tasso di crescita del traffico, nemmeno con l'aggiunta di nuovi clienti.

Solo l'11% dei fornitori di banda larga ha affermato che i propri clienti sarebbero disposti a pagare di più per la banda larga al fine di coprire i costi necessari per facilitare lo streaming video, a causa della necessità di garantire l'accessibilità economica.

Secondo rapporti indipendenti, si prevede che il traffico Internet aumenti del 25% nei prossimi anni, con le principali aziende come Alphabet, Meta, Amazon, Apple, Microsoft, Netflix, Disney e ByteDance (TikTok) che rappresenteranno la maggior parte di tale traffico.

Il dibattito sul fair share e sul modo in cui gestire i costi di gestione dello streaming video sulle reti a banda larga è ormai aperto. Telco per l'Italia, che si terrà il 15 giugno a Roma, fornirà un'occasione importante per fare il punto sulla situazione attuale e discutere possibili soluzioni per garantire un equilibrio sostenibile tra le esigenze dei fornitori di banda larga, delle piattaforme di streaming e degli utenti finali. Sarà fondamentale trovare un compromesso che permetta di garantire un accesso affidabile e accessibile ai servizi di streaming senza gravare eccessivamente sulle infrastrutture delle reti a banda larga.