Perché Apple progetta in California e produce in Cina?

Un lungo reportage del NYT mette a nudo i retroscena sul perché Apple e i colossi della tecnologia hanno scelto la Cina per la produzione. Il costo del lavoro è solo una parte di un'equazione complessa, che svela le debolezze del sistema produttivo occidentale.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Apple produce in Cina ma non è solo una questione di soldi, come pensano molti. Certo, costa meno pagare un lavoratore cinese rispetto a uno statunitense, però la differenza sostanziale è che le aziende cinesi offrono un vantaggio strategico che negli Stati Uniti sarebbe impossibile. Apple è solo un esempio, che vale per tante altre aziende; anzi, forse è un esempio d'eccellenza, se si vuole credere alle informazioni circolate una decina di giorni fa.

La questione è spiegata con dovizia di dettagli in un lungo articolo a firma di Charles Duhigg e Keith Bradshers comparso sul New York Times. Il fatto è che le fabbriche cinesi danno garanzie ai loro clienti - praticamente tutta la tecnologia del mondo si produce negli stabilimenti di poche aziende cinesi.

Foxconn, presentazione dei curricula

Per esempio nel 2007 Steve Jobs decise che lo schermo dell'iPhone doveva essere fatto di vetro. La soluzione alla fine si trovò nella fabbrica della Corning in Kentucky, dove tutt'oggi si fanno i vetri dell'iPhone. Ma la prima opzione fu andare a cercare la risposta in Cina, e ancora oggi, se Apple decide di cambiare una vite dell'iPhone, Foxconn (o un altro fornitore) può rispondere in un lampo; basta svegliare i lavoratori che dormono in appartamenti integrati nell'impianto di produzione, e metterli al lavoro. Né in Europa né negli USA sarebbe possibile, a meno di spendere molto di più per avere il lavoratore disponibile "a chiamata" (in Italia abbiamo per esempio la reperibilità).

Ancora più rilevante è la disponibilità di manodopera specializzata. Foxconn per esempio è in grado di radunare 3000 ingegneri (ma forse sarebbe meglio dire tecnici ultraspecializzati) nel giro di una notte, mentre negli Stati Uniti e in Europa sarebbe impossibile.

Lo aveva fatto notare Jobs a Obama, più volte: il mondo occidentale non riesce a formare abbastanza personale nelle discipline che servono al settore tecnologico. Cina e India "producono" migliaia e migliaia di ingegneri ogni anno, persino milioni - e si crea così un bacino di potenziali lavoratori impossibile da battere.

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Insomma, non si tratta solo di manodopera economica. Se i lavoratori cinesi costassero quanto quelli degli Stati Uniti i costi per produrre un iPhone aumenterebbero di 65 dollari. Un sovraprezzo che Apple potrebbe persino assorbire senza alzare il prezzo finale, se le altre condizioni fossero soddisfatte. La questione però è molto più complessa di così, e probabilmente parificare i costi del lavoro porterebbe la cifra ben oltre i 65 dollari.

Ecco perché la risposta del fondatore di Apple fu diretta e bruciante. "Quei lavori non torneranno", rispose Jobs a Obama in occasione di una cena con i "pezzi grossi" del mondo tecnologico, quando il Presidente chiese in che modo si potessero "riportare a casa" i posti di lavoro all'estero.  

D'altra parte creare e proteggere posti di lavoro nazionali non è certo compito di Apple né di nessuna azienda di nessun paese, soprattutto se si tratta di una multinazionale che vende i propri prodotti in tutto il mondo.  È un compito che spetta ai governi, e in questo senso Pechino ha mostrato una grande determinazione.

Almeno in un'occasione per esempio una fabbrica ha messo in costruzione un intero stabilimento in previsione di una visita da parte di un rappresentante Apple. "Questo è nel caso che ci diate il contratto", disse uno dei dirigenti, che aveva anche "procurato ingegneri quasi a costo zero e costruito dormitori in loco". Possibile perché il governo aveva portato le tasse praticamente a zero.