Un palmare per combattere le infezioni ospedaliere

SoMo 650 Rx facilita la somministrazione sicura dei farmaci e contribuisce alla riduzione dei costi e degli errori della gestione cartacea

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a cura di Pino Bruno

Ogni anno in Italia circa 500mila pazienti su nove milioni e mezzo di ricoverati  contraggono una infezione ospedaliera. Una percentuale compresa tra il 5 e il 17 per cento dei pazienti ospedalizzati si ammala ogni anno di un’infezione e il tre per cento ne muore.

Così si prolunga la degenza, con un aggravio di costi economici, oltre che sociali. Sono gli unici dati trovati dopo una ricerca sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità. Non c’è un riferimento che permetta di capire a che anno si riferiscano le informazioni. Le infezioni dilagano perché in alcuni ospedali non si adottano adeguate contromisure. Come il nuovo palmare costruito con materiale antibatterico, distribuito in Italia da Elettronica Sillaro. Si chiama  SoMo 650 Rx di Socket Mobile Inc.

A che serve? Permette di identificare i pazienti che necessitano di maggiori attenzioni, gestire rapidamente le informazioni cruciali, ad esempio la consultazione e l’aggiornamento delle cartelle cliniche e l’esito degli esami di laboratorio.

SoMo 650 Rx facilita la somministrazione sicura dei farmaci e contribuisce alla riduzione dei costi e degli errori della gestione cartacea. Ovviamente per gestire i palmari è necessario che tutti i reparti dell’ospedale siano in rete. Quanto alle infezioni, il palmare ovviamente è solo uno dei tanti accorgimenti da adottare.

Qualche anno fa, in un ospedale pubblico londinese - University College London Hospital - ho potuto constatare di persona che ogni infermiere, ogni medico, ogni ausiliario, si disinfettava le mani prima e dopo l’ingresso in corsia o in reparto. I familiari dei pazienti erano costretti a indossare calzari e camici usa e getta prima della visita e a disinfettare le mani all’uscita. In questo modo - mi riferì un funzionario - il Servizio Sanitario Nazionale britannico è riuscito in pochi anni a ridimensionare considerevolmente il fenomeno.

Ringraziamo Pino Bruno per l'articolo