Xiaomi e Lenovo dicono addio alla Russia: produttori cinesi tra due fuochi

Le esportazioni dei prodotti cinesi in Russia vanno giù: fuori dal giro anche Xiaomi e Lenovo.

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a cura di Rossella Pastore

Stando a un nuovo rapporto pubblicato dal Wall Street Journal, alcuni giganti tecnologici cinesi hanno "silenziosamente" smesso di fare affari in Russia. Il ritiro è avvenuto in punta di piedi, a causa delle pressioni contrarie di Pechino che esortano a "non cedere" alle minacce dell'Occidente.

Le minacce sono quelle di nuove sanzioni a carico dei produttori cinesi che decidono di non conformarsi alle regole in materia di esportazioni. Per non rischiare, Xiaomi e Lenovo avrebbero lasciato la Russia senza fare troppo rumore, volendo evitare dall'altra parte le reazioni del governo cinese.

Insomma, niente prese di posizione pubbliche alla maniera di Apple e Samsung: Xiaomi Corp. e Lenovo Group Ltd. hanno battuto in ritirata senza farsi notare, senza diffondere nessun comunicato e senza far trapelare (quasi) nulla.

In Russia, i prodotti dei brand cinesi sono quelli che vanno per la maggiore. Tuttavia, negli ultimi tempi, le esportazioni sono calate significativamente anche a causa dei vari lockdown di Shanghai, punto di partenza di gran parte delle merci destinate al mercato globale.

In particolare, le esportazioni di smartphone sono calate di quasi 2/3 nel periodo compreso tra febbraio e marzo, mentre quelle delle stazioni base per le telecomunicazioni sono andate giù addirittura del 98%.

In tutto ciò, hanno avuto un ruolo anche i produttori statunitensi di semiconduttori, che si oppongono all'idea che i loro chip finiscano in Russia all'interno di qualche smartphone prodotto da un brand cinese. D'altra parte, i brand cinesi non possono fare a meno di questi componenti nella produzione dei loro device, e così sono portati a cedere più facilmente al "ricatto" degli Stati Uniti. Il rischio, in caso contrario, è quello di perdere le forniture dei chip, un inconveniente che i produttori vogliono assolutamente evitare.

Per ora, la Cina impone alle società locali di non adeguarsi di fronte alla minaccia di sanzioni "ingiustificate". Tuttavia, fino a oggi, non ha messo in campo nessuna azione concreta volta a contrastare chi sceglie di farlo.