Cuphead, Recensione della versione Switch

Cuphead arriva finalmente su Nintendo Switch con una conversione che si dimostra tecnicamente ineccepibile e ricca di aggiunte notevolmente interessanti.

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a cura di Andrea Maiellano

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Spiegare in poche righe l’importanza che un’operazione quale la conversione di Cuphead per Nintendo Switch abbia all’interno del mercato videoludico, è praticamente impossibile. Annunciato durante l’ultimo Direct dedicato ai Nindies, il sigillo della nuova alleanza fra Microsoft e Nintendo è, in primis, un traguardo importante per la community dei videogiocatori, che potranno ora godere della piccola perla di Studio MDHR in quella che, senza remore, possiamo definire la sua dimensione migliore.

Per comprendere appieno le motivazioni che rendono Cuphead un titolo in grado di generare un tale entusiasmo, basterebbe esplicare il concept alla base del titolo: prendete i corti animati americani degli anni 30, in particolare le celebri Silly Symphonies prodotte dalla Walt Disney, unitele alle meccaniche dei videogiochi Run ’n’ Gun degli anni ’90, amalgamate il tutto con una colonna sonora dalle tinte Jazz di ottima fattura, e in grado di ricreare attraverso il suono degli ottoni le atmosfere da Barber Shop di quell’epoca, e capirete subito come mai, durante la conferenza Microsoft all’E3 2014, il pubblico presente si interessò immediatamente al titolo prodotto, e ideato, dai talentuosi ragazzi di Studio MDHR, rivelatosi in seguito uno dei titoli di maggior successo dell’autunno 2017.

Ora, dopo quasi due anni dalla sua uscita e dopo essere stato reso disponibile su PC e Mac, Cuphead arriva finalmente su nintendo Switch, generando lo stesso clamore, rompendo il suo status di esclusiva console e mostrando come vada realizzata una conversione per la console ibrida di Nintendo. 

Due Tazze alla Corte di Satana

L’incipit narrativo di Cuphead risulta semplice, fiabesco e disturbante come nella migliore delle Sinfonie Allegre a cui si ispira. In una tranquilla giornata di sole, Cuphead e Mughead si allontanano dalla loro casa, ignorando gli avvertimenti del saggio Elder Kettle, e si ritrovano di fronte a un Casinò in cui decidono di spendere la giornata giocando d’azzardo. La loro indole innocente attirerà la curiosità del proprietario della Casa da Gioco, il Diavolo in persona, che con un semplice inganno, vince le loro anime. Cuphead e Mughead, in preda alla disperazione, chiedono clemenza ottenendo dal compassionevole Mefistofele un’alternativa alla dannazione eterna: eliminare tutti i debitori presenti a Inkwell Isle e permettere al proprietario del Casinò di ottenere le anime che gli spettano in tempi brevi. Se ci riusciranno, potranno considerare ripagato il loro debito con il Diavolo e considerarsi liberi.

Questo banale canovaccio, perfettamente in linea con i semplici archi narrativi dei Run ’n’ Gun game di trent’anni fa, permette al titolo di aprirsi a una struttura tutt’altro che banale. Dimenticatevi il classico sistema che alterna livelli e boss finali, Cuphead offre una sfida diversa, atipica, e in grado di offrire al giocatore un minimo di scelta su come proseguire la propria avventura. Chi ha seguito il travagliato sviluppo di Cuphead, negli anni antecedenti alla prima release, saprà già che, originariamente, il concept del titolo era basato solamente sul susseguirsi di Boss Battle, senza alcun elemento atto a variare l’esperienza di gioco. Tuttavia, dopo l’aumento dei fondi necessari a terminarne lo sviluppo, il piccolo team di Studio MDHR riuscì a impreziosire la loro opera con alcune aggiunte alla formula originariamente concepita e, per non snaturalizzare le ottime Boss Fight, optarono per una struttura differente, capace di amalgamare le differenti attività presenti nel gioco senza obbligatoriamente fonderle tra loro.

Dopo un breve tutorial, totalmente facoltativo e caratterizzato anch’esso da un ottimo comparto artistico, vi ritroverete all’interno di una coloratissima World Map, liberamente esplorabile. Quest’ultima vi permetterà di scegliere fra le diverse tipologie di attività disponibili quali Boss Fight, livelli di stampo Run ’n’ Gun adornati da elementi platform, e alcuni mini-giochi sotto forma di piccole sfide, atte a testare le vostre abilità con alcune componenti del moveset a disposizione. A popolare la mappa di gioco troverete inoltre alcuni personaggi pronti a darvi suggerimenti, oggetti, e piccole sfide addizionali, dei negozi, dove potrete comprare potenziamenti utili per modificare le vostre abilità e alcune scorciatoie, opportunamente nascoste, utili per raggiungere anzitempo alcune aree di gioco. 

Spara, Muori, Ripeti!

Il Gameplay di Cuphead ricalca in maniera eccelsa i punti cardine che hanno reso celebri i Run ’n' Gun negli anni ’80 e ’90. I comandi sono ridotti al minimo indispensabile e permetteranno alle nostre tazzine antropomorfe di saltare, sparare, schivare, lanciare un super attacco ed effettuare un Parry che, seppur inizialmente potrà sembrare solo una piacevole aggiunta alle meccaniche basilari del titolo, si rivelerà indispensabile durante gli scontri più complessi che affronterete nelle fasi avanzate del gioco. Come anticipato nel paragrafo precedente, in origine il gioco fu ideato come una successione di Boss Battle a difficoltà crescente, che potessero riportare alla mente la complessità e la stratificazione tipica degli Shoot‘em Up in due dimensioni, celeberrimi negli anni d’oro dell’industria videoludica. Non c’è quindi da stupirsi se ogni scontro con i vari Debitori del Diavolo si rivelerà un concentrato puro di azione frenetica, pattern sempre più complessi da memorizzare, e un obbligo costante ad avere dei riflessi adeguatamente allenati.

Escludendo l’ottimo comparto artistico, che analizzeremo approfonditamente in seguito, è impressionante la caratterizzazione con il quale ogni avversario è stato rappresentato, diversificando sapientemente i 28 boss presenti nel titolo e riuscendo a non generare mai alcun sintomo di tedio nel giocatore durante il susseguirsi, incessante, degli scontri. Per riuscirci, i ragazzi di Studio MDHR, hanno optato per eliminare ogni formula di ciclicità dai pattern d’attacco di ogni singolo Boss. Questo farà sì che, dopo ogni sconfitta, difficilmente il giocatore si ritroverà di fronte a un’esperienza strutturalmente identica, non potendo memorizzare la successione degli attacchi e dovendo osservare, e imparare, le animazioni che anticipano questi ultimi per poterli prontamente eludere. Questo apparente fattore casuale in realtà andrà a premiare maggiormente i riflessi e le abilità del giocatore rispetto a una più canonica formula di “Trial, Error, Memorize and Repeat”.

Con l’intento di cancellare ogni possibile elemento atto a distrarre il giocatore, e mantenere alto l’indotto effetto di “Trial and Error”, Studio MDHR ha deciso di rimuovere la canonica barra della vita dei boss che affronterete, sostituendola con un originale variante che apparirà solamente dopo essere stati battuti dai vostri avversari. Dopo ogni sconfitta, difatti, una tabella vi mostrerà quanto vi sarebbe mancato per vincere lo scontro. Questa infida, e machiavellica, scelta riesce a scatenare nel giocatore un’innata voglia di ritentare, con maggior concentrazione, lo scontro appena perso, specialmente nelle occasioni in cui il traguardo mostrato a fine battaglia risulti dannatamente vicino.

Cuphead, inoltre, non presenta alcun tipo di Game Over. Se questa peculiare scelta può far pensare a una semplificazione generale atta a venire incontro ai giocatori moderni, una volta che ci si ritroverà immersi nelle frenetiche battaglie di Cuphead, si comprenderà appieno quanto questa idea si riveli vincente. Non dover incappare in Game Over, con conseguente caricamento del salvataggio precedente per ritornare a sfidare lo stesso avversario, vi permetterà di ripetere rapidamente uno scontro, evitando fastidiosi tempi morti che interromperebbero senza motivazione l’azione di gioco.

A terminare l’ottima stratificazione delle Boss Fight, troviamo un sistema di gestione e modifica delle abilità di Cuphead e Mugman che vi permetterà di affrontare ogni battaglia provando soluzioni diverse e rendendo più personale e variopinto un Gameplay che, per sua stessa natura, si basa su pochi comandi e tanto “Button Smashing”.

Ritorno al Futuro

Analizzando i livelli di stampo Run ’n’ Gun, vi anticipiamo subito che non si trattano assolutamente di una forzatura e, seppur siano stati realizzati successivamente alle Boss Fight, si sono rivelati vari, ben stratificati e in grado di offrire una sfida in linea con il resto del titolo. Studio MDHR ha optato per separare completamente dalle Boss Fight tutti i livelli Run ’n’ Gun presenti in Cuphead, donandogli uno scopo ben preciso all’interno dell’ecosistema del gioco e lasciando il loro completamento alla volontà del giocatore, rendendoli opzionali e non indispensabili per terminare l’avventura. Tutti questi stage, infatti, saranno necessari per ottenere delle monete che vi permetteranno di acquistare, presso il negoziante presente sulla World Map, le varie abilità atte a potenziare l’arsenale delle vostre tazzine. Una soluzione decisamente interessante e capace di donare quel minimo di varietà fra uno scontro e l’altro senza snaturare l’intera esperienza di gioco.

L’inserimento di questi stage più canonici, in grado di dimostrarsi degli ottimi esempi di Level Design vecchia scuola, riesce a variare sapientemente l’azione di gioco. Se si volesse additare un difetto a questi livelli, sarebbe solamente da imputare nel loro numero ridotto. Nei confronti delle mini-sfide presenti nei Mausolei, invece, non abbiamo riscontrato lo stesso stupore delle soluzioni precedenti. Le abbiamo trovate più come un breve “divertissement” giustificate in maniera maggiormente forzata rispetto alle altre attività disponibili in Cuphead. Attenzione, non si tratta di livelli brutti ma la loro facilità, unita alla loro struttura molto basilare, li rendono sicuramente la parte meno ispirata di tutto Cuphead.

Analizzando la longevità, e la difficoltà, della prima opera degli Studio MDHR, ci troviamo sicuramente di fronte a un prodotto solido, divertente e appagante ma che lascia definire questi due importanti elementi totalmente alle abilità del giocatore che deciderà di affrontarlo. I tre livelli di difficoltà presenti per ogni Boss Battle (uno dei quali sbloccabile al termine della prima run), gli stage opzionali, le missioni secondarie e l’ottenimento di tutti gli obiettivi, offrono sicuramente una sfida impegnativa, specialmente se si vorrà completare il gioco al 200%. Una prima partita a Cuphead potrebbe occuparvi dalle cinque alle sette ore, molte delle quali le spenderete a memorizzare gli attacchi dei Boss, resta però da considerare che una volta terminato il gioco, ripetere uno scontro vi impegnerà una manciata di minuti, andando a ridurre sensibilmente la longevità post titoli di coda. Non siamo di fronte a una longevità incredibile ma che rispecchia perfettamente i canoni del genere di appartenenza.

Ottimo risulta, invece, il bilanciamento della difficoltà del gioco. La curva con cui viene incrementata la complessità degli scontri contro i Boss non porterà mai il giocatore ad avere un senso di frustrazione a causa di una sfida all’apparenza impossibile. Nonostante le battaglie contro i Debitori del Diavolo, riceveranno un costante incremento nel numero delle differenti fasi e nella quantità dei loro pattern d’attacco, non si assiste mai a impennate del livello di difficoltà, permettendo al giocatore di poter affinare le proprie abilità scontro dopo scontro, senza mai offrire una sfida impari o sleale. Molto interessante anche il mutamento degli scontri in caso si volesse affrontare l’avventura in Co-Op locale, poiché la possibilità di resuscitare all’infinito il proprio partner, e la doppia potenza di fuoco ottenibile giocando in coppia, viene bilanciata da una difficoltà maggiore realizzata incrementando la velocità d’esecuzione delle offensive nemiche e raddoppiando i punti vita a disposizione dei vostri avversari. Cuphead, in sintesi, non è sicuramente un gioco che si possa definire “facile” ma l’ottimo bilanciamento del livello di difficoltà riesce a renderlo un titolo complesso, appagante e mai frustrante.

Silly Cuphead Symphony

Si è discusso molto, negli ultimi due anni, sul fatto che il meraviglioso comparto artistico di Cuphead sia il suo pregio più grande, in grado di annebbiare l’occhio critico dell’utenza con il suo accattivante stile retrò. Resta indubbio però che Cuphead si dimostri una gioia per gli occhi. Il gioco e una costante celebrazione sia alle Silly Symphonies di Walt Disney che allo stile di Max Fleischer, animatore di origini polacche naturalizzato statunitense, che vanta nel suo curriculum l’aver portato su schermo personaggi come Betty Boop e Popeye (Braccio di Ferro per noi italiani). L’intero gioco è stato disegnato a mano, colorato ad acquerello e animato in un secondo momento per dare la costante impressione di controllare attivamente un cartone animato interattivo del 1930. 

La cura dei dettagli è minuziosa e trasuda l’amore e la passione di Jared e Chad (i due fratelli ideatori del titolo) verso i corti animati dei primi trent’anni del novecento. Addentrandosi con occhio clinico nei fondali di Cuphead si possono scorgere citazioni ai celebri The Old Mill e The Paneless Window Washers, entrambi corti animati del 1937, così come le animazioni dei personaggi riescono a rappresentare una tradizione puramente americana che richiedeva corpi in perenne movimento per trasmettere un senso di azione anche nelle situazioni più statiche. Vi basterà soffermarvi a osservare il porcello venditore per capire di cosa stiamo parlando. La fisicità data dalla semplice animazione di quest’ultimo riesce a restituire un senso di costante movimento anche in una semplice schermata statica atta a farvi selezionare le vostre abilità.

Non basterebbero le poche righe a nostra disposizione per elencare tutti i particolari che ci hanno colpito del comparto artistico di Cuphead ma sicuramente siamo di fronte a uno dei picchi più alti dell’unione fra videogioco e arte. L’accompagnamento musicale dell’intero titolo rispecchia completamente gli stilemi tipici di quegli anni e comprende oltre tre ore di brani inediti incisi per l’occasione da un ensemble rag-time di 10 elementi, una big-band di 13 musicisti, un quartetto barber shop e un ballerino di Tip-Tap. Un dispiegamento di forze impressionante per conferire una colonna sonora "Jazzy" di ottima qualità e che si amalgami perfettamente a ogni fotogramma presente nel gioco.

Cuphead in Mobilità

La conversione di Cuphead per Nintendo Switch, però, non è solo l’emblema di un’inaspettata alleanza ma mostra ampiamente come vadano realizzate le conversioni per la console ibrida del colosso di Kyoto. Tecnicamente il titolo offre una risoluzione che varia dai 720p utilizzando la console in mobilità, ai 1080p collegando la Switch a un monitor esterno. Il framerate rimane ancorato a 60 fps in entrambe le modalità e l’input dei comandi resta immediato come nelle controparti uscite precedentemente.

Cuphead per Nintendo Switch, però, non si presenta solamente come un porting 1:1 delle versioni precedenti ma porta in dote tutte le migliorie dell’ultimo aggiornamento rilasciato da Studio MDHR, offrendo una localizzazione in 12 nuove lingue, la possibilità di scegliere fra Cuphead e Mugman a inizio partita, la sostituzione delle cutscene con delle animazioni effettuate in locomotion e una pletora di migliorie grafiche atte a rendere il titolo esattamente come lo avevano ideato originariamente i ragazzi di Studio MHDR. Notevole come la traduzione nei nuovi idiomi sia stata curata seguendo le terminologie in uso negli anni trenta, un'ulteriore accorgimento in grado di mostrare, ancora una volta, l’encomiabile cura dei dettagli rivolta a questo piccolo classico contemporaneo.