Daymare: 1994 Sandcastle | Provato

Abbiamo provato in anteprima il nuovo Daymare: 1994 Sandcastle, il prequel tutto italiano di Daymare: 1998

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a cura di Andrea Riviera

Managing Editor

Vi ricordate Daymare: 1994? Il titolo tutto italiano uscito nel 2019 che si presentò con scelte originali, ma anche alcune criticità piuttosto evidenti. Dopo quasi due anni, Invader Studios ci riprova con Daymare: 1994 Sandcastle, un prequel che prova a migliorare in tutto e per tutto il suo predecessore. Per l'occasione abbiamo avuto di provare una piccola demo del gioco e ora possiamo finalmente dirvi la nostra.

Un seguito promettente

Come si può intuire dalla dicitura cronologica, Daymare: 1994 Sandcastle è un prequel, che cerca di aggiornare e migliorare l’impianto tecnico e stilistico del suo predecessore. In generale questo brand trova in Resident Evil 2 un chiarissimo ispiratore: survival horror in terza persona, dinamiche miste di esplorazione e combattimento, gestione delle risorse, jump scare ed atmosfere orrorifiche.

Per quanto concerne la demo, il videogioco introduce un nuovo personaggio: Dalila Reyes, agente speciale di H.A.D.E.S. Imbracciato il solito fucile a pompa, Reyes verrà mandata ad esplorare la sede di un’agenzia militare top secret, all’interno della quale sembra si stiano portando avanti degli esperimenti per nulla convenzionali (come si può immaginare con conseguenze nefaste praticamente per tutti).

Ferma restando la necessità di esplorare la struttura narrativa di Daymare: 1994 Sandcastle a cosiddette “bocce ferme”, il risultato odierno non sembra brillare per originalità. L’agente Reyes è un miscuglio di stilemi classici, per colpa di una serie di linee discorsive prese di sana pianta dagli standard del genere. Anche il pretesto della base militare segreta è a dir poco trito e ritrito.

Gameplay solido sin dalla demo

Fortunatamente la struttura di gameplay restituisce un feedback molto più stimolante, risultando per ora sufficiente a reggere l’intera produzione, con esiti di indubbio divertimento. La grande evoluzione del titolo, rispetto a quanto visto nel 2020, è il Frost Grip, una specie di “cannone da polso” che eietta proiettili di ghiaccio. L’utilizzo di questo strumento è variegato, passando dalla funzione prettamente offensiva (come congelare i nemici) a quella più ambientale (risoluzione dei puzzle, disvelamento di aree segrete tramite l’interazione con ostacoli apparentemente insormontabili, ecc).

Un sistema certo non nuovissimo, ma in linea con le esigenze di dinamismo e compenetrazione che sono richieste ad un survival del 2022 per poter competere all’interno del mercato. In generale comunque il feedback delle armi e delle interazioni violente è ottimale, soprattutto per una produzione certo non milionaria, la quale riesce a giocare agilmente nello stesso campionato dei rivali più blasonati. Sarà interessante capire, nella versione definitiva, quanto regga il prodotto in termini di longevità e capacità di tenere alta la concentrazione del giocatore, soprattutto in vista del rischio (per ora non paventato, ma sempre in agguato) della ripetitività del gameplay.

Un punto per ora dolente è forse l’ambientazione di questo Daymare: 1994 Sandcastle, o per meglio dire la sua scarsa capacità di terrorizzare. Sicuramente le scelte stilistiche sono consone all’impianto narrativo, eppure la demo non ha fatto emergere situazioni davvero paurose, non come altri titoli perlomeno. Chiaro, si tratta alla fin fine di preferenze: da questo punto di vista la scelta di proporre un survival “nero” ma non tachicardico potrebbe aprire la commercializzazione ad un’utenza più ampia. Oppure, e questo è ancora più probabile, la demo non è riuscita a trasmettere il grande piano del videogioco. Effettivamente i nemici e le armi proposte erano ancora troppo scarni, così come gli enigmi e gli ambienti esplorati. Siamo ancora davanti all’ignoto, ma le prospettive sono buone.

Se tecnicamente è meglio riservare commenti drastici con dei test più lunghi, siamo già piuttosto soddisfatti del lavoro svolto. Innanzitutto le luci e le ombre, gestite meravigliosamente (e con grande furbizia, riuscendo spesso molto di più una zona al buio di un’intera impalcatura di texture). Comunque Daymare: 1994 Sandcastle risulta bello da vedere e da giocare, senza emozionare forse, ma con grande dignità. Ottimo il lavoro audio, sul quale è sempre bene puntare all’interno di videogames che fanno della tensione e della paura un elemento fondante della narrazione.

Tirando le somme

Daymare: 1994 Sandcastle sembra essere un videogioco solido, più del suo predecessore (che però si pone avanti in termini di narrazione) ed in linea con gli standard qualitativi di produzioni molto più blasonate. Si tratta di un titolo indubbiamente promettente, che aiuta senza dubbio il panorama italiano ad avvicinarsi a quei giganti che sembrano irraggiungibili, ma sono molto più vicini di quanto sembra. La speranza, al netto di un lavoro tecnico già più che sufficiente, è che emerga un po’ più di carattere e di originalità, non tanto e per forza in termini di rivoluzione di gioco, quanto di impronta di sviluppo.