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Diablo II, è ancora il migliore della serie

In questo speciali vi raccontiamo, perché, secondo noi, Diablo II è ancora il migliore della serie made in Blizzard.

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Avatar di Lorenzo Quadrini

a cura di Lorenzo Quadrini

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Pubblicato il 20/02/2021 alle 12:30

A conferma di alcune voci, partite dal solito fantomatico leak in casa Blizzard, ecco annunciata la riedizione di uno dei titoli più amati dagli appassionati di videogiochi di tutti i tempi: Diablo II.

Le differenze tra videogioco e cinema sono numerose, prima fra tutte la stessa modalità di fruizione. Un’altra grande distinzione, sicuramente meno importante ma altrettanto evidente, è quanto sia difficile trovare un sequel addirittura più bello del primo capitolo sul grande schermo, cosa invece frequentissima nel settore videoludico. Diablo II è un ottimo esempio di questa mia stravagante riflessione, avendo semplicemente spazzato via il suo “genitore” dopo pochi mesi dal suo rilascio.

diablo-2-144507.jpg

A ben vedere, con un senno di poi lungo più di venti anni (eh si, Diablo II appartiene al lontano 2000), il titolo è risultato essere forse il più bel action RPG che abbia mai riempito gli schermi dei PC degli appassionati. Un’affermazione forte, per qualcuno esagerata, ma credo anche ben contestualizzata con l’importanza sia tecnica che culturale del gioco Blizzard nei confronti di tutti i successivi competitors. Un successo che ha contribuito a creare un vero e proprio metro di paragone - “un gioco Diablo-like”, “una sottospecie di Diablo II” - nonché aspettative sempre più alte per il futuro della serie.

Non entrerò neanche di sfuggita in quel paludoso campo di battaglia che è Diablo III o la versione mobile: diatribe talmente tanto accese e sanguinose da far capire quanta responsabilità abbia il secondo capitolo nell’aver influenzato un’intera community, anche a distanza di decenni.

L’affermazione che ho fatto già a partire dal titolo di questo mio scritto nasce quindi da una domanda: cosa ha reso Diablo 2 il capolavoro che è?

La risposta non è semplice ed anzi passa attraverso un mix davvero eterogeneo di aspetti e caratteristiche. Innanzitutto un primo dettaglio non indifferente è che Diablo 2, ancora adesso, sia un gran bel gioco. Certo, l’HUD è spartana, alcune missioni sono frustranti, in altre si capisce poco, altre ancora hanno dungeon leggermente ripetitivi. Niente di tutto questo riesce a fiaccare il giocatore, non certo più di una run di un hack&slash qualsiasi dei giorni d’oggi. Il prodotto insomma, forse non si rivelerà immortale, ma per ora è a malapena invecchiato, ed in maniera percettibile giusto per quel che concerne il fisiologico aspetto grafico. Cosa che si potrà risolvere agevolmente con questa nuova edizione, tra l’altro.

diablo-2-63434.jpg

Il secondo punto a favore di Diablo II è indubbiamente la sua natura elastica e cangiante. Per gli amanti delle etichette (e io non lo sono), il gioco dovrebbe essere un action RPG hack&slash. Questo perché, effettivamente, sono presenti tutti questi elementi, tutti assieme, certo con momenti di picco a favore a volte di uno, a volte dell’altro. Ad essere preciso, ma ne parlerò meglio tra poco, Diablo 2 è anche un’importante esperienza multiplayer. Quello che è sicuro, però, è che il videogame Blizzard riesce ad offrire un’esperienza perfettamente sinergica. Da un lato i dungeon randomici e la mappa ibrida, che permette di avere punti di riferimento (necessari in un’esperienza ruolistica), senza abbandonare del tutto l’approccio più scanzonato proprio dell’hack&slash. Dall’altro lato una narrazione adulta, matura, coinvolgente e perfettamente integrata con gli elementi di gameplay, un’esecuzione da manuale di quello che viene comunemente definito gioco di ruolo, il tutto senza dover combattere con tonnellate di righe di testo, numeretti e appendicoli vari.

La trama di Diablo II passa per dei canoni direi quasi biblici nella loro mancanza di originalità, ma talmente tanto ben espressi e connessi al mondo di gioco, da raggiungere livelli di pura eccellenza (tanto che il terzo capitolo, sempre al netto delle critiche più becere, risulta essere un pallido simulacro del suo predecessore). Attraverso un racconto nero, sporco e intriso di malvagità, il nostro eroe/anti-eroe si muove con passo pesante lungo una pletora di quest ispiratissime e tese verso un climax eccezionale. Ancora oggi, e lo affermo quasi senza diritto di replica, il livello narrativo di Diablo II si erge come regola aurea per lo sviluppo di un mondo di gioco vivido, plausibile e ben costruito.

Il terzo e ultimo punto a favore di questa tesi che vede questo videogame quale pietra miliare nella storia del medium  è indubbiamente il suo aspetto online. Certo, non possiamo parlare di MMORPG, già solo per il semplice fatto che una partita online di Diablo II, che si tratti di PVE o PVP, non poteva ospitare il numero enorme di giocatori richiesti per la prima M dell’acronimo, ossia “massive”. Allo stesso modo, però, il titolo è stato letteralmente un’apripista sia per sviluppi futuri (tra tutti World of Warcraft, sempre a firma Blizzard), che per approcci di gioco online più blandi ma caratterizzati da una forte socialità. Spiegare in poche parole il coacervo delle sinergie e degli artifici di gameplay che hanno reso l’esperienza multigiocatore del titolo così memorabile è tanto difficile quanto controproducente.

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Mi preme comunque ricordare, a volo d’uccello, alcune delle features più ispirate. Il sistema di loot degli oggetti unici, che erano tali per ogni singola partita e che permettevano al giocatore di essere stackati con un nuovo gioco, incentivando la rigiocabilità senza dover inserire necessariamente contenuti ultronei (leggasi, i DLC a cascata). Il Cubo di Horadrim, un artefatto che il metagame trasformò da “semplice” strumento di crafting a vero e proprio inventario suppletivo. Lo scambio di oggetti ed il market, attraverso il quale si creò una community solidissima, sempre molto affaccendata e, in numero minore, ancora presente a distanza di un ventennio (nonché spesso colpevole di acquisti con valuta legale, ovviamente non ammessi). A tutto questo Blizzard aggiunse un azzeccatissimo sistema di ladder, che aveva il compito di rendere stagionale la giocata online, permettendo ad intervalli regolari il ricircolo dell’utenza. Insomma, per chi non l’avesse sperimentato, invito a fidarsi sulla parola o a fare un giro sui numerosi Reddit dedicati: Diablo 2 ha segnato una generazione di gamers ed ha impresso un marchio indelebile nello sviluppo dei titoli successivi.

Questo annuncio esplosivo di Diablo II Resurrected non potrà quindi che fare felici tutti gli appassionati e anche tutti coloro che non hanno ancora avuto modo di provare con mano il software Blizzard. Nonostante personalmente io venga mosso molto di rado a felicità per le numerose remastered degli ultimi tempi, credo che con Diablo 2 (sperando in un buon lavoro) si renda un favore prima di tutto culturale: giochi di questo calibro andrebbero sempre provati, magari con qualche features adatta ai tempi contemporanei.

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