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Esport Palace: 9 mesi dopo tra sanzioni, licenze temporanee e lo spettro della chiusura

Da aprile a novembre, ecco cosa è successo all'Esport Palace e quali scenari si prospettano per il futuro della società.

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Avatar di Alessandro Adinolfi

a cura di Alessandro Adinolfi

@Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 16/11/2022 alle 10:13
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Nonostante la relativa tranquillità a livello mediatico, il "LanGate" italiano che ha coinvolto l'Esport Palace ad aprile 2022 non è ancora finito. Nel corso delle ultime ore, infatti, Alessio Cicolari, fondatore e CEO di AK Managament e AK Informatica, ha emanato un comunicato stampa che fa una breve panoramica sulla situazione attuale di questo intero settore e sui rischi che corre la sua società, da anni diventata un punto di riferimento nel mondo dell'intrattenimento italiano. Un comunicato stampa che punta il dito contro la burocrazia italiana, le multe e la difficoltà di fare impresa, tutti problemi già noti ai cittadini italiani ma che diventano letteralmente insostenibili quando il settore colpito è stato ignorato per anni da tutta la sfera politica.

Dalle nuove licenze alle sanzioni: cos'è successo all'Esport Palace?

Andiamo con ordine: ad aprile 2022 l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha assimilato (almeno nei locali dove si sono svolti alcuni controlli) i dispositivi utilizzati per il gaming e l'Esport a quelli normati per altri usi, come per esempio le slot machine. Un vuoto normativo, che ha sollevato diverse polemiche tra i giocatori italiani. La risposta mediatica ha avuto un grande effetto, come per esempio l'istituzione di un regime transitorio per tutte le sale LAN d'Italia, in attesa ovviamente di una legge dedicata, da emanare entro il 30 giugno 2023. Se tutto sembrava risolto, però, l'Esport Palace ha dovuto fare i conti con l'iter burocratico, da sempre un grande problema di questo paese.

Come recita il comunicato stampa, infatti, l'intero iter burocratico si è trovato in una fase di stallo, risolta in maniera favorevole grazie all'intervento dei comuni di Azzano San Paolo e Bergamo, ma ad altre realtà italiane non è andata bene. Se però il regime transitorio sembra aver apportato una toppa al buco creato, le sanzioni hanno fatto fin troppo male piuttosto che bene.

Le multe che rischiano di far crollare l'intero castello

Il comunicato stampa di Cicolari ha steso nero su bianco il motivo per cui l'intera azienda è al momento a rischio. E questo motivo sono le sanzioni. Al momento, come recita la press release del titolare, ci sono diverse ingiunzioni di pagamento che ammontano a 40.000 Euro, e la confisca con distruzione di più di 100.000 Euro di materiale informatico. Tutto questo va sommato al pagamento delle relative spese, con un'ulteriore chiusura da 30 a 60 giorni che arriverebbe con un atto separato. Tutto ciò dopo la chiusura forzata per due mesi e mezzo prima di avere le nuove licenze di spettacolo viaggiante.

"Per noi questa situazione non è accettabile, anche se ci era stato annunciato che sarebbe avvenuta comunque: è evidente che è la norma applicata (a nostro avviso in modo palesemente errato) ad avere problemi e non il nostro operato né i nostri dispositivi", si legge nel comunicato stampa.

Guarda su

Chiaramente le contromisure sono già state prese e con lo studio legale FCLex di Bologna è già cominciato il ricorso presso il Tribunale di Bergamo. Si tratta però di una speranza accompagna dalla consapevolezza che sanzioni del genere possono far crollare un'intera industria, e nonostante tutti gli sforzi di ADM e dei parlamentari e dei senatori che hanno provato a esporsi, lo scenario non è cambiato. Cicolari ha chiuso il comunicato stampa palesando l'interesse di trasferimento delle attività all'estero.

Il "vero" colpevole dietro questa situazione

In una vicenda così amara e difficile da commentare, dovete permetterci però di esprimere un pensiero piuttosto personale. Al di là delle responsabilità oggettive, il "vero" colpevole dietro questi fatti è sicuramente una parte di politica, sia interna che estera, che ha deliberatamente ignorato un intero settore, causando danni inimmaginabili. Per decenni i videogiochi non sono mai stati oggetti di norme concrete. Dal mancato supporto al mercato italiano dei videogiochi, che non ha mai concesso all'industria di esplodere creando realtà simili a quelle che si vedono nel resto d'Europa, fino alle antitrust di tutto il mondo, in palese stato confusionale quando bisogna concedere l'ok ad acquisizioni importanti come quella di Activision Blizzard da parte di Microsoft. E con un po' di amaro in bocca, forse ci siamo accorti che ora è davvero troppo tardi per fare qualcosa di concreto.

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