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Il mercato dell'usato uccide i giochi single player di valore

L'acquisto di giochi usati complica la vita a chi vuole fare giochi single player di valore. È questa la tesi di David Braben, boss di Frontier Developments, che racconta come le software house siano quasi costrette a puntare sul multiplayer per fare cassa e lancia un monito ai videogiocatori.

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Avatar di Manolo De Agostini

a cura di Manolo De Agostini

Pubblicato il 20/03/2012 alle 07:13 - Aggiornato il 15/03/2015 alle 01:39

Il mercato dei titoli usati, in particolare quelli riportati in negozio dopo averli giocati, contribuisce a uccidere i giochi single player di valore. È questa il succo della teoria di David Braben, sviluppatore di Elite (negli anni 80) e boss di Frontier Developments, che tra le sue creazioni annovera Kinectimals e RollerCoaster Tycoon 3. Tra l'altro è uno dei progenitori del progetto RaspBerry Pi, progetto di "PC Linux" a basso costo che sta riscuotendo un forte successo.

Intervistato da Gamasutra, Braben ha dipinto i tratti di quello che sembra un circolo vizioso. Secondo il suo punto di vista, i negozi sono meno inclini a riordinare i giochi single player perché i giocatori hanno maggiori probabilità di scambiarli una volta terminati. Questo non permette agli sviluppatori di incassare denaro e di conseguenza li induce a concentrarsi su esperienze più remunerative.

"Conosco editori che hanno bloccato lo sviluppo di giochi perché la maggior parte dei negozi non voleva riordinare copie dopo il debutto iniziale, perché temevano le rivendite. [...] Questa situazione sta uccidendo in particolare i giochi single player. Le prenotazioni rappresentano gran parte delle vendite del primo giorno e questo li mette su un livello di rischio molto elevato".

Giochi usati, come resistere?

Braben spiega come uscire dall'impaccio: i giocatori dovrebbero frenare i loro acquisti, evitando le corse nei negozi. Questo potrebbe contribuire a frenare la crescita del mercato dell'usato e consentire ai prezzi dei giochi nuovi di scendere più rapidamente.

"Dopo aver pagato tutti quei soldi la gente pensa che il gioco è loro e può farci ciò che vuole, ma il problema è che ciò che fa è mantenere alti i prezzi di vendita. I prezzi sarebbero scesi molto tempo fa se l'industria avesse raccolto una quota delle rivendite". "Sviluppatori ed editori hanno bisogno di quelle entrate per continuare a realizzare giochi di valore, e così continuiamo a vederne sempre meno".

Il discorso di Braben non è un'esternazione estemporanea, ma nasce perché lo sviluppatore è stato toccato personalmente alla vicenda. Frontier stava infatti sviluppando The Outsider, un gioco di azione/avventura che recentemente è stato accantonato.

"La natura fondamentale del gioco è che si tratta di un titolo con una storia e da un punto di vista del design, la storia stessa non si adatta molto bene al multiplayer. […] È un gioco molto buono del quale siamo orgogliosi e la storia è fantastica, ma giustificarlo al momento è molto più difficile. […] Questo non vuol dire che non vedrà la luce del giorno. Ho intenzione di lavorarci e mostrare pubblicamente ciò che abbiamo".

Le parole di Braben fanno riflettere e gli argomenti messi in campo non sono del tutto ingiustificati, almeno dal nostro punto di vista. Questo ragionamento però non è sempre applicabile e ci sono due casi che lo dimostrano, anche recenti, che forse indicano la via per uscire dal circolo vizioso appena descritto.

Lasciate ogni speranza voi ch'entrate!

Partiamo da Alan Wake. Microsoft si aspettava maggiore successo su Xbox 360, ed è vero che un gioco simile si presta a essere scambiato più di altri. Su PC però grazie alla distribuzione via Steam, il titolo ha ottenuto un ottimo riscontro: che il segreto sia gestire direttamente la distribuzione passando dal supporto fisico a quello digitale?

L'altro caso è rappresentato da Skyrim, il gioco single player di Bethesda che continua a raccogliere "adepti". In questo caso parliamo però di un mercato ben preciso, fatto di giocatori che spendono molte ore di gioco e sono spesso maniacali. Per queste persone Skyrim non è un gioco, È il gioco da rigiocare con diversi personaggi e applicando mod. Alla fine ci si gioca per mesi o anche anni e difficilmente si riporta in negozio dopo aver stretto un legame simile.

Perciò esistono delle eccezioni al discorso di Braben, che non si può applicare a tutto, anche se c'è un fondo di verità nelle sue parole. Interessante anche la soluzione proposta: costringere negozianti ed editori a tagliare i prezzi evitando la corsa all'acquisto del day one. La ritenete una strada percorribile oppure pensate sia troppa la smania di avere il gioco nuovo appena uscito o un metodo del tutto inefficace? Dite la vostra.

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