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Il miglior periodo per essere utenti Xbox

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a cura di Alessandro Tonoli

Pubblicato il 10/11/2018 alle 16:30

Un E3 che va, una GamesCom che arriva. Una GamesCom che finisce, un TGS cominciato e finito in un baleno. Il mondo videoludico è così, come sappiamo non lascia molto spazio ai respiri; l’ossigeno è merce per chi non ha occhi golosi.

In tutto questo marasma estivo e poi autunnale ne abbiamo viste di cotte e di crude. L’uscita di un titolo che si appresta a cambiare per sempre lo standard di produzione dei tripla A videoludici come Red Dead Redemption 2 non ha fatto certo nulla per creare un quieto vivere. E se da un certo punto di vista questa caoticità può essere fautrice di strane débâcle, essa si rivela invece un terreno inaspettatamente fertile per tirare fuori quei pensieri che durante il resto dell’anno non si aveva avuto modo di approfondire per bene.

Il pensiero contraddittorio che in questo momento dell’anno viene liberato, in prossimità di un certo evento che si terrà nei pressi di Mexico City il 10 e l’11 Novembre, riguarda, nello specifico, qualcosa di colore verde. Un colore che rivela immediatamente la sua identità mostrando una X bella grossa ed imponente, marchio che non fatichiamo a riconoscere accanto al nome dell’evento: X018. La festa della famiglia Xbox, tornata finalmente alla ribalta dopo lunghi anni decisamente più conservativi sul piano della comunicazione.

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E la domanda che ci blocca, più che un pensiero, forse galvanizzati dall’evento, forse perchè, indizio dopo indizio, la contraddizione ha perso un po’ di quella sua forza, è la seguente: potrebbe essere questo, inverosimilmente, il miglior periodo di sempre da vivere per un utente xbox? La risposta, se c’è, la trovate qui sotto.

Il viaggio nella tempesta

Freniamo subito tutto. Per entrare ed uscire vivi da un’ipotesi di questo tipo è necessario, e doveroso, effettuare un’analisi di contesto, così da far capire che non si vive sulle nuvole e la realtà in cui tutti abitiamo è stata innanzitutto recepita, prima di essere eventualmente reinterpretata.

Il marchio Xbox vive un momento di crisi innegabile. Tanto il presente, quanto il passato storico di questo ormai (quasi) ventennale brand, ci mostrano indubbiamente quanto le acque in cui naviga si siano fatte difficili. La mancanza di titoli in esclusiva ha creato una profonda lacerazione fra gli utenti e la casa di Redmond. Avvertimento netto percepito alla cancellazione di quello Scalebound eletto a vero e proprio martire dell’azienda, ma che già gli utenti meno avvezzi all’incanto delle dichiarazioni di facciata avevano iniziato a percepire. Quella dell’utenza era comunque una ferita non nuova, le sue origini sono da ricercare direttamente all’alba di questa generazione sciagurata quando, prima che toccasse gli scaffali, Xbox One era stata annunciata con feature assolutamente mal digerite dal pubblico (poi eliminate grazie ad un cambio di rotta a piatti ormai distrutti), ed un prezzo gonfiato da quel Kinect che, dopo le sue ottime prestazioni nell’epoca 360, aveva tutta l’aria di un prodotto trapiantato in un epoca che di lui non sapeva più che farsene. Le basse vendite sono state un risultato naturale, e la crisi attuale nient’ altro che l’ovvio punto di arrivo di un processo doloso che ha coinvolto quasi la totalità degli aspetti basilari che sono parte del rapporto tra pubblico e hardware manufactor, ovvero: comunicazione, price target, software library.

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Proprio su quest’ultimo fronte non si può inoltre evitare di sottolineare come gli utenti Xbox siano stati decisamente ben abituati nel corso della loro “formazione” fra le varie generazioni, con una console di debutto che ha saputo imporsi, se non con le vendite, perlomeno portando fra le sue fila una buona dose di titoli esclusivi di una qualità che ancora oggi riecheggia nei sogni dei giocatori di lunga data, giochi che hanno saputo definire la genesi di saghe dal futuro ancor più roseo (come Kotor e Jade Empire, tramutatisi in Mass Effect) o sdoganare meccaniche di gaming che sarebbero state le basi fondanti della generazione successiva; l’arrivo della seconda ha invece definitivamente stupido un mondo videoludico che non ha più potuto fare a meno di assecondare il percorso di quest’azienda nel settore gaming, arrivando a farla diventare una potenza capace di ribaltare quel “quasi” monopolio di cui Sony, per qualche anno, era stata magistrale artefice.

Posto tutto questo, vi chiederete a maggior ragione voi, come si può ancora sostenere che questo sia il miglior periodo da vivere per un utente Xbox?

Coccole e carezze

Assorbito e digerito il malumore generale i motivi che portano a questo tipo di dichiarazione iniziano direttamente dal momento in cui un utente accede alla dashboard di Xbox One.

Lo spazio pubblicitario offerto ai servizi concessi da Microsoft ai suoi utenti è sempre lì, a ricordarci che esiste quella stupenda cosa chiamata “Game Pass” che, ad un costo contenuto, permette all’utente di accedere ad un catalogo decisamente ampio di giochi, fra i quali anche diverse novità che, con impegno, possono essere iniziate e finite nello stesso mese di prova. Non dovesse bastare quello si passa "all’acquisto con sconto”, il quale permette agli utenti del pass di recuperare praticamente quanto già investito nel servizio, tramite uno sconto applicato sul prezzo gioco. Il servizio lo conosciamo tutti ma forse, nonostante la buona dose di risalto che gli è stata concessa, chi non vive dall’interno l’ambiente Microsoft può avere delle difficoltà a percepire realmente la sua potenza devastante, una forza di cambiamento che coinvolge tutto l’ambiente videoludico, e che va oltre il concetto di semplice e incontrollata abbuffata di titoli.

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La capacità principale del “Netflix dei videogiochi” è quella di farti accorgere per la prima volta di quanti titoli avresti avuto il piacere di giocare (esplorando anche quelli appartenenti a gusti lontani dai propri soliti standard) ma su cui non ti sei mai soffermato per la paura di investire male sia tempo che denaro. Mettendo invece tutto a portata di click and download, Microsoft consente all’utente di allargare il suo palato a dismisura, portandolo ad assaggiare, magari anche per poco (ma liberandolo da qualunque ipotesi di rimpianto) giochi di cui forse era solo parzialmente convinto, o che avrebbe desiderato provare anche solo per assaporare “l’aria” che si respira al loro interno. Elementi che vanno a premiare (finalmente) anche quei titoli che non si sono affermati con giudizi d’eccellenza, ma che non per questo non meritano di essere goduti dall’utenza. Titoli che non raccolgono il fantomatico all-in di voti dalle varie testate giornalistiche, ma che portano comunque in loro quel brillio, quell’intuizione, quella scelta comunque felice che merita di essere trasmessa, e che potrebbe fare le fortune del giocatore che inaspettatamente la incontra: una nuova forma di graphic design, un nuovo modello di gameplay, personaggi che ci hanno catturato a prima vista…sono tutti microelementi che, anche presi a spizzichi e bocconi, possono rivelarsi fondamentali per il proprio percorso di giocatori, e, ancor di più, di persone.

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Il servizio è come se educasse l’utente all’ambiente in cui vive, un ambiente su cui esprime pareri che poi si trasformano in giudizi espressi ingenuamente ma che, in un mondo basato sul making content e sul think and share, comportano importanti conseguenze anche economiche e che vanno poi ad alimentare direttamente l’ambiente stesso, nella fase di acquisto vera e propria.

Per il giocatore si crea inoltre una fase di test-game più spensierata, lontana da quella sensazione di ancoraggio al prezzo di cui molte volte ci sentiamo vittime, e che ci porta quindi tante volte a provare un gioco in una sorta di tensione da valutazione, impegnati come siamo a capire se il gioco vale veramente i soldi pagati per averlo. Come se la giusta relazione fra prezzo e gradimento fosse in grado di influenzare direttamente ,in meglio o in peggio, l’esperienza di gioco, allontanando la propria percezione più genuina, fatta sul valore assoluto del gioco, e sul semplice piacere provato nel giocarlo.

Se tutto questo può sembrarvi comunque troppo poco per il prezzo richiesto, la cosa che la dashboard non si dimenticherà di ricordarvi è che la casa di Redmond molto spesso (davvero – davvero - spesso) permette ai suoi utenti l’accesso in forma scontata a questo servizio, portando il suo costo ad un valore davvero irrisorio, da vera e propria coccola materna.

Coccola che si dimostra addirittura qualcosa di più quando, di fronte a quel catalogo, ci si accorge che il problema principale di Xbox One, ovvero la sua mancanza di esclusive, è cosa principalmente degli ultimi due anni e mezzo. E che questo periodo non cancella affatto l’ottima line-up che la console aveva al suo lancio, le ottime esclusive uscite subito nel periodo successivo, e le poche, ma mirate, attuali. Con l’aggiunta del plus della retrocompatibilità, insomma, viene permesso al giocatore di recuperare tutto lo scibile del mondo Microsoft, rendendo partecipe l’utente al 100%, con l’aggiunta di quelle piccole carezze fatte ai più nostalgici, e a chi all’epoca non aveva dato fiducia al brand (come dimenticare il regalo della remastered di Phantom Dust?).

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Microsoft sta tentando ora di coccolare il più possibile i suoi utenti, conscia del problema di fondo, e ha trovato una strategia virtuosa con cui mantenere alto il valore di gradimento del suo marchio pur in un momento dove, paradossalmente, ha così poco da offrire. Lo sforzo di recuperare un’identità verso i suoi acquirenti trova il suo completamento anche nello stesso lancio di Xbox One X, opera tecnologica fatta e finita proprio per potersi riprendere i pubblico che, all’epoca della prima Xbox (dove il divario tecnico con Playstation 2 era davvero sostanziale), aveva deciso di entrare a far parte della famiglia perché desideroso di una strapotenza tecnica.

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Un’identità che rinasce grazie anche alle rassicurazioni di cui ora gode il suo pubblico. Perché, parliamoci chiaro, per quanto ben incastrati questi tasselli non potrebbero mai aggiustare da soli le falle di una nave che ha scoperto in corso d’opera di avere buchi così grossi. Ma la presentazione fatta all’ E3 dei cinque nuovi studios di sviluppo interni sono un giusto tentativo di riparazione globale, la conferma della presenza di un futuro ricco di novità per tutta la sua utenza. Che ora può attendere decisamente più serena quello che avrà da venire immersa in quello che, piano piano, anche grazie alla leva che fa l’animo umano sul tifo verso i più piccoli, sta muovendo i suoi passi nel territorio di quello che potrebbe acquisire le vesti di un piccolo love brand.

Non so se la provocazione iniziale ha davvero trovato la sua risposta. Ma so che se, alla conta delle carte, non dovesse essere davvero il momento migliore per un utente Xbox, questo sarebbe di sicuro il momento perfetto per un utente che non lo è mai stato. Le porte della famiglia Microsoft sono aperte e non è mai stato così comodo entrare e prendere posto sul divano di casa. E se questi sono i suoi anni più bui, tanto basta per far ben sperare in attesa del prossimo avvento di quelli migliori.

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