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Insurgency: Sandstorm Recensione, un FPS tattico senza compromessi

Insurgency: Sandstorm è il nuovo FPS tattico di Focus Home Interactive, basato esclusivamente sul gioco di squadra e su una buona simulazione delle traiettorie di sparo e delle caratteristiche di ogni arma a disposizione.

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Avatar di Lorenzo Quadrini

a cura di Lorenzo Quadrini

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Pubblicato il 03/01/2019 alle 14:00

Insurgency: Sandstorm è il seguito del fortunato Insurgency, sparatutto tattico nato dalla solita costola di Half-Life 2 ed evolutosi poi grazie ad una fase early access ben supportata da pubblico e programmatori. Se nel primo capitolo le somiglianze con Counter Strike erano palesi, tanto da poter considerare il videogioco come una vera evoluzione del famoso shooter di Valve, per questo sequel il team di sviluppo ha cercato di spostare leggermente l’attenzione sulla componente tattica e di personalizzazione.

Sandstorm è ambientato ai giorni d’oggi, in una fantomatica zona di guerra mediorentale, contraddistinta da deserto e città piene di macerie. Inutile dire che, sebbene si tratti di una creazione di “fantasia” il richiamo all’ultimo ventennio della storia politica americana ed europea è fin troppo evidente. Il prodotto evita qualsivoglia tipo di modalità storia, offrendo per il single player un’esperienza piuttosto scialba, vista la IA certo non all’altezza delle possibili strategie e tattiche applicabili da una squadra umana.

Multiplayer obbligatorio

Sia che si giochi in PVP, che in PVE quindi, il punto di forza del gioco è il comparto multiplayer, grazie al quale il fruitore può vivere un’esperienza bellica di grandissima qualità, contraddistinta da un buon realismo, un’ottima personalizzazione degli armamenti e una fortissima componente tattica.

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La prima tipologia consigliata è il PVE, nel quale il team di giocatori è chiamato a soddisfare una serie di obiettivi, a difficoltà crescente, che si dividono solitamente in azione di attacco, susseguente difesa a ondate, distruzione di arsenali ed il più classico “search and destroy”. Completare tutti gli obiettivi comporta la vittoria della partita, che altrimenti a prescindere dal tempo trascorso e da quanto si è riusciti a conquistare fino a quel momento sarà irrimediabilmente persa.

A questo punto, una volta iniziato il primo match, ci si rende conto di quanto Insurgency sia punitivo con un neofita, non concedendo nessuno sconto. Una volta morti non si può risorgere a meno che la squadra non completi l’obiettivo attuale, il che tra l’altro è già reso più difficile proprio dal decesso del compagno. Inoltre morire è molto facile, visto il buon realismo dei colpi di arma da fuoco. Se il personaggio viene attinto in un punto vitale o, a prescindere, da un proiettile di calibro alto, la morte è istantanea. Considerando che le variabili in campo sono tantissime (sono possibili i colpi di rimbalzo, il fuoco amico e le esplosioni), ogni piccola scaramuccia viene vissuta dal giocatore con grande tensione.

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Il lato più interessante di Insurgency: Sandstorm è proprio la grande cura del comparto bellico, dall’ottima resa visiva delle armi fino al loro funzionamento perfettamente in linea con la realtà. Rateo di fuoco, “spray” (ossia il movimento dell’arma in fuoco automatico sulla base del rinculo), contraccolpo orizzontale e verticale, penetrazione e danno: sono tutti elementi dei quali tener conto nella scelta della propria compagna di guerra, perfettamente implementati all’interno del titolo.

La personalizzazione del proprio personaggio si basa su due pilastri: quello estetico e quello di gioco. Il primo, che chiaramente non influenza le prestazioni in game, permette all’utente di accumulare punti spendibili nell’ancora poco variegato market, contenente skin facciali, capigliature, vestiti e tatuaggi. Il secondo invece si fonda su un numero prefissato di punti attrezzatura, spendibili nelle diverse armi a disposizione, primarie e secondarie e nelle rispettive modifiche applicabili (oltreché in equipaggiamento di vario tipo).

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Il gameplay vero e proprio trova il suo nocciolo duro nella differenziazione dei ruoli del team, selezionabili all’inizio della partita e contraddistinti da diverse peculiarità (il comandante, in sinergia con gli osservatori, può chiamare un bombardamento mirato, il demolitore ha a disposizione lanciarazzi e lanciagranate, e via di questo passo). Bisogna sottolineare che questa diversificazione è più una guida per la squadra che una vera limitazione: a parte i ruoli più peculiari, con una buona costruzione del PG tendenzialmente chiunque può equipaggiarsi secondo il proprio stile, senza dover rinunciare per colpa di un pick lento.

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Per fronteggiare il potenziale problema di appiattimento che un titolo del genere subisce, in presenza di giocatori troppo esuberanti o poco avvezzi al lavoro di squadra, Insurgency adotta uno stile particolarmente punitivo. Come già accennato morire è facilissimo, ed inoltre il respawn è limitato al raggiungimento del successivo obiettivo. In questo si nota la vera differenza con CS: GO, il quale propone un gioco molto più rapido ed immediato. Certo, alcuni problemi di bilanciamento sono piuttosto evidenti: le armi esplosive ed i lanciarazzi spostano troppo gli equilibri di gioco, tendendo a rovinare anche gli approcci tattici più complessi. Anche i colpi fortunati, soprattutto delle armi più potenti, possono spostare in maniera eccessiva gli equilibri della battaglia, rendendo gli assalti contro i punti di controllo davvero esasperanti.

Qualche difetto di troppo

Per quanto concerne le mappe, non si può evitare di sottolineare un certo piattume, nonostante le stesse siano anche molto vaste rispetto agli standard degli FPS in multiplayer. La grandezza però non rende automaticamente bella la struttura dell’ambiente di gioco, che necessiterebbe in un titolo del genere di una fisionomia più complessa, capace di offrire al fruitore maggiori “trespoli”, strade e vicoli meno scontati e spazi aperti che inseriscano maggiori coperture. Un peccato, perché chiaramente mappe di questo tipo possono portare ad un certo appiattimento del gioco.

I veri problemi di Insurgency Sandstorm quindi, al netto dei piccoli nei di gameplay, si riscontrano nel comparto tecnico. Il titolo, pur con un ottimo miglioramento visivo rispetto al precedente capitolo, mostra il fianco a numerose critiche per quel che concerne la stabilità degli FPS, la qualità delle textures e la bellezza degli ambienti.

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Tendenzialmente Sandstorm soffre tantissimo dell’odioso fenomeno del texture popping, portato in questo caso a livelli estremi, tanto da abituare il giocatore al repentino e improvviso cambio di risoluzione di qualsiasi cosa sia a portata d’occhio. Inoltre, durante le fasi più concitate, il software soffre alcune impennate di lag che risultano particolarmente fastidiose, soprattutto se si considera la sua natura prettamente multiplayer.

Fortunatamente il comparto sonoro tiene molto meglio botta, riuscendo a proporre un’esperienza quasi simulativa, per quel che concerne passi, spari, esplosioni ed in generale tutti i rumori della battaglia. Rumori fondamentali anche per individuare il nemico all’interno di uno spazio chiuso, ingenerando nel giocatore una discreta sensazione di ansia, chiaramente un elemento positivo e di stimolo per un FPS di questa fattura.

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