Sebbene il Lucca Comics and Games 2025 sia passato alla storia, almeno per quanto riguarda l’ambito videoludico, per la presenza di Hideo Kojima, la kermesse toscana di quest’anno ha visto la presenza anche di altri grandissimi esponenti del settore. Tra di essi John Romero, fondatore di id Software a cui dobbiamo Doom, e Keiichirō Toyama, autore giapponese che ha dato vita a Gravity Rush, Forbidden Siren e, soprattutto, Silent Hill.
Dei veri e propri pesi massimi, capaci di attirare le attenzioni degli appassionati e che si sono prestati a sessioni di autografi e foto. Noi abbiamo in particolare avuto l’occasione di incontrare Keiichirō Toyama insieme a una decina di altri colleghi in un panel dedicato alla stampa, durante il quale il maestro nipponico ci ha raccontato qualche interessante retroscena sulle sue opere e sulle sue fonti d’ispirazione.
La genesi di un mito
L’intervento di Toyama al Lucca Comics and Games 2025 è iniziato proprio con un racconto sulla genesi della sua opera maestra e di come le sue esperienze personali abbiano dato vita a quello che oggi celebriamo come uno dei più grandi videogiochi horror di sempre. Con Silent Hill, il sensei ha infatti cercato di dare vita alla propria paura del buio, raccontandola anche attraverso il contrasto con la luce.
Un buio, però, non totale, in cui è possibile intravedere sempre qualcosa e travisare la realtà. Una semplice macchia, per esempio, nell’oscurità può sembrare tutt’altro e creare paura e timori nel giocatore. Un qualcosa che gioca quindi col bianco e col nero e che Toyama ha imparato dal celebre regista David Lynch, dalle cui opere il maestro giapponese ci ha raccontato di aver preso grande ispirazione.
Sempre sul legame tra giochi e film ha voluto soffermarsi Toyama, sottolineando come siano tanti i punti in contrasto tra i due media, oltre che quelli in comune. L’utilizzo dell’audio, ad esempio, è decisamente differente e nel videogame deve permettere di far entrare il giocatore nel protagonista e accompagnarlo attraverso le sue emozioni in ogni singolo instante e non solo nei momenti clou dell’esperienza.
Presente e futuro
Vi è poi stato spazio anche per la volontà di Toyama di differenziarsi dall’altro grande horror del momento, ossia Resident Evil o, come è conosciuto sul suolo nipponico, Biohazard e per i limiti tecnici della prima PlayStation che, come sappiamo un po’ tutti, sono stati il vero motivo dietro la nascita dell’oramai iconica nebbia.
Se avesse dovuto dare vita a Silent Hill con un hardware più prestante, come candidamente ammesso dal maestro, avremmo ora tra le mani un’opera diversa, basata sempre su certi principi ma manchevole molto probabilmente dell’affascinante e misteriosa nebbia che avvolge l’intera esperienza.
Vi è poi stato spazio per una parola d’elogio verso i Silent Hill non diretti da Toyama, capaci secondo il sensei di raffinare il concept originale senza snaturarlo. Un qualcosa che ha provato lo stesso director a fare anche con il recente Slitterhead, dove la maggiore libertà si è però rivelata un’arma a doppio taglio. Se da una parte il suo ruolo di alto livello gli permetteva infatti di avere l’ultima parola su diversi aspetti, il suo essere il responsabile del progetto l’ha d’altra parte chiamato a fare scelte più ponderate e a non rischiare troppo.
Il tutto, in ogni caso, cercando sempre di creare un’esperienza all'insegna della paura. Il segreto per farlo è quello di basarsi su cose e concetti che non si capiscono e non si comprendono bene. Anche trovarsi in una normalissima città senza indicazioni né modo di riceverle è per Toyama il perfetto esempio di horror, senza per forza scomodare mostri o traumi psicologici.
Degli ultimi pensieri il maestro li ha infine dedicati all’epoca moderna, con i quali ha elogiato i remake e le remastered come ottimi modi per preservare i media e non ha demonizzato l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. L’importante, secondo Toyama, è infatti che alla fine di qualsiasi prodotto dell’IA vi sia sempre il controllo umano e che esso resti il fulcro dell’intero processo. Un concetto sul quale noi siamo perfettamente d’accordo.