Sega ha confermato l'apertura del suo primo negozio flagship a Tokyo, segnando un momento cruciale nella strategia di rafforzamento del brand che ha già portato l'azienda a generare quasi un miliardo di dollari annui dalle sole vendite di giocattoli, abbigliamento e merchandising. L'annuncio arriva in un periodo di forte espansione del business transmediale dell'azienda, alimentato dal successo dei film di Sonic e dalle partnership con marchi come Lego.
La location scelta per il Sega Store Tokyo non è casuale: il complesso Parco di Shibuya, già sede di Nintendo Tokyo, del negozio ufficiale Capcom e di un Pokémon Center. Questa concentrazione di brand videoludici nella stessa struttura commerciale testimonia l'importanza strategica del quartiere per l'industria gaming giapponese. Nelle ultime settimane, i visitatori del centro commerciale hanno notato lavori di costruzione con segnaletica nell'iconico font aziendale, anticipando quello che promette di essere un punto di riferimento per i fan del marchio.
Justin Scarpone, responsabile del team transmediale di Sega, ha delineato la filosofia dietro questa espansione retail durante una precedente intervista. "Una delle cose fondamentali del nostro team transmediale è che siamo davvero focalizzati sull'elevare e rafforzare il brand Sega", ha spiegato, evidenziando come il portfolio aziendale, pur essendo molto ampio, abbia nel marchio Sega il suo filo conduttore comune.
L'apertura estiva del 2025 a Tokyo rappresenta solo il primo passo di un piano più ampio. Sega sta infatti sviluppando un secondo punto vendita a Shanghai, in Cina, attraverso una partnership con un'azienda locale. Questa espansione internazionale riflette la consapevolezza dell'azienda riguardo a una criticità del proprio posizionamento di mercato: la sottorappresentazione del brand Sega nei canali retail tradizionali.
Scarpone ha identificato questa lacuna come una priorità strategica: "Se vai nei negozi oggi, non vedi abbastanza 'Sega'. Sonic sì, ma Sega no". Questa osservazione rivela un paradosso interessante nel panorama videoludico contemporaneo, dove singole proprietà intellettuali possono eclissare il brand che le ha create. L'obiettivo dichiarato è quello di "mettere il timbro di Sega più orgogliosamente" sui prodotti e le esperienze offerte ai consumatori.
Il fenomeno descritto da Scarpone non è inedito nell'industria dell'intrattenimento. Molti brand storici del gaming si trovano a competere con la popolarità delle loro stesse creazioni più iconiche. Nel caso di Sega, il successo planetario di Sonic ha creato una situazione in cui il personaggio blue blur è più riconoscibile del logo aziendale stesso, una dinamica che l'azienda sta ora cercando di riequilibrare attraverso una presenza fisica più marcata.
La crescita esponenziale del business transmediale di Sega negli ultimi anni fornisce il contesto economico per questi investimenti retail. Un miliardo di dollari generati annualmente dalle vendite di prodotti derivati dimostrano l'esistenza di una base di fan solida e economicamente significativa, che l'azienda intende servire meglio attraverso esperienze retail dedicate.
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L'annuncio ufficiale, diffuso tramite un video pubblicato sull'account X giapponese di Sega, ha mantenuto un profilo relativamente sobrio, limitandosi a confermare l'esistenza del progetto senza entrare nei dettagli operativi. Questa comunicazione misurata contrasta con l'entusiasmo palpabile nelle dichiarazioni dei dirigenti aziendali, suggerendo una strategia di marketing che punta a costruire attesa gradualmente.
La scelta di Shibuya come location per il flagship store, però, ha fatto subito scatenare la community videoludica, che ha subito paragonato la futura presenza di uno store Nintendo e di uno SEGA nello stesso posto, al periodo d'oro della console war, dove Super Nintendo e SEGA Genesis combattevano a suon di spot "poco etici" e fanbase agguerrite, per il predominio del mercato.
Un periodo che, a differenza di quanto sostenuto attualmente dalla dirigenza di SEGA, vedeva l'azienda come una presenza fissa sul mercato, propri in virtù di un marketing molto aggressivo che puntava tutto sulle esclusive disponibili all'epoca e, soprattutto, sul fatto di voler essere "una console per teenager", distaccandosi da un'opinione pubblica che voleva i videogiochi essere dei semplici "giocattoli elettronici".