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Metaversi e Xbox non vanno d’accordo, ma Phil Spencer dimentica qualcosa

di Alessandro Adinolfi lunedì 27 Dicembre 2021 10:00
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Dopo una vita spesa a favore degli utenti e dei consumatori, è difficile criticare l’Head of Xbox Phil Spencer. Pensiamoci: il dirigente Microsoft ha lavorato durante negli anni non solo per ricostruire l’immagine della divisione gaming della società fondata da Bill Gates, ma anche per provare a portare il videogioco nelle case di tutti. Sarebbe inutile sviolinare e tessere lodi a Spencer, tanto le conosciamo già tutti ma nonostante le qualità e la grande visione di mercato, ogni tanto anche lui sbaglia. Come nel caso dei metaversi, dove la sua ultima uscita è sembrata decisamente un po’ troppo naive.

Phil Spencer

In sintensi: per Spencer i metaversi sono solo delle opportunità per le aziende per guadagnare di più. È vero, il discorso è più complesso ma qui gradiremmo soffermarci di più su questo passaggio del commento: “Penso che sia facile per molte aziende tecnologiche affermare che il metaverso potrebbe fare comodo alla loro azienda. Ma abbiamo appena imparato che se mettiamo i giocatori al centro dobbiamo cercare di costruire un ecosistema che funzioni intorno alle loro esigenze e ai loro bisogni, in quel modo la piattaforma decollerà”. È un punto di vista estremamente rispettabile, ma che dimentica fondamentalmente due cose: anche i videogiochi fanno solo ed esclusivamente il bene delle aziende e che la compagnia per cui lavora ha letteralmente costruito la sua identità sul profitto.

Partiamo da un concetto che tutti dovrebbero avere ben chiaro: qualsiasi settore, ad esclusione del no profit, mira a fare un guadagno, appunto un profitto e i videogiochi non sono da meno. Nel corso egli anni abbiamo assistito a qualsiasi forma di monetizzazione, che andava a completare un’esperienza di gioco. Nel giro di pochissimo tempo abbiamo imparato ad acquistare DLC, a giocare ai così detti GaaS (Giochi a Servizio), a familiarizzare con il termine loot box e molto altro. Si è passati dal gioco fatto, finito e venduto in un negozio ad avere una porzione di gioco, integrata poi con contenuti aggiuntivi a pagamento oppure un titolo completo ma che viene approfondito nel corso degli anni con espansioni, aggiornamenti e molto altro. E questo è stato possibile grazie all’espansione del mercato, alla diffusione di Internet e delle connessioni a banda larga o fibra ottica, ma soprattutto a causa degli alti costi di sviluppo di un titolo, che oramai non sono più così sostenibili. Lo sa bene Arkane, che con Redfall (previsto per l’estate del prossimo anno) lancerà sul mercato un gioco open world con una componente co-op, integrando un sistema PvE. Quello stesso gioco sarà disponibile su Xbox Game Pass ma si potrà anche acquistare e seguiranno, per ovvie ragioni i mercato, espansioni, DLC e probabilmente anche eventi in-game, esattamente come ogni produzione moderna ed è chiaro che Xbox Game Studios (publisher) e Arkane (team di sviluppo) mirino a fare un profitto. Esattamente come accade nei metaversi.

Su una cosa Spencer ha ragione: un videogioco mira ad offrire un’esperienza di gameplay e soprattutto punta a dare qualcosa al giocatore, ma è così oggi. Negli anni ’80 e ’90 la maggior parte dei giochi erano cloni di un particolare genere, in grado di offrire un’esperienza minima, duravano di più perché non erano previsti checkpoint o salvataggi ma erano prodotti meno complessi, lanciati sul mercato anche con tanti errori che post release non si potevano correggere. Nel giro di quarant’anni però le esperienze offerte dai videogame sono cambiate, sono più profonde e si allineano ad un mercato dove una software house e un publisher lanciano un prodotto per guadagnare, per rientrare dei costi di sviluppo e successivamente espandere anche l’universo, magari producendo libri, serie TV, film e fumetti. Ad oggi i metaversi non possono offrire esperienze così profonde e così ramificate come un videogioco semplicemente perché sono cose nuove, inedite, che si affacciano sul mercato quasi in punta di piedi, riservati a pochi eletti con una grande disponibilità di denaro. Già, perché oggi giocare ad un gioco basato sulla blockchain e che sfrutta gli NFT vuol dire avere diversi soldi da investire per acquistare una land e creare o noleggiare le proprie esperienze.

The Sandbox

Il mondo dell’intrattenimento è vasto e spesso cambia anche in base ai gusti dei giocatori, degli spettatori o degli ascoltatori. Affermare che ad oggi i metaversi non siano una grande esperienza di gioco è un dato di fatto veritiero, ma non si può pensare che solamente i videogiochi abbiano senso di esistere. Il videogioco inteso come una grande storia single player oppure una fantastica esperienza multiplayer ci ha messo anni ad arrivare. Sempre più spesso definiamo quest’epoca come quella migliore per questo settore e tranne i pochi temerari che hanno il coraggio di guardare indietro siamo tutti d’accordo che questo periodo è probabilmente uno dei più belli per essere dei videogiocatori.

Di nuovo, però, ci abbiamo messo anni prima di poter arrivare a questo punto e forse non ci ricordiamo neanche com’era la vita prima. Non ci ricordiamo, ad esempio, dell’invasione di first person shooter che ha caratterizzato la generazione PS3 e Xbox 360, dove anche prodotti dal dubbio gusto come Haze vedevano la luce esclusivamente per profitto, agguantando il treno di una particolare categoria. Oppure di Crysis: il titolo Crytek era più apprezzato e chiacchierato per il comparto tecnico e come dargli torto? Nel 2007 si cominciava a parlare di fotorealismo e grafica “spacca mascella” e tutti erano concentrati su come ottenere la miglior resa visiva possibile.

Red Dead Redemption 2 (2018)
narrazione nei videogiochi

Cosa succederà in futuro nessuno può dirlo con certezza. Il rischio di una grande bolla c’è ed è concreto, ma questo vale per ogni settore. Sicuramente però i metaversi stanno prendendo sempre più piede ed è molto probabile che nel corso dei prossimi anni la grande platea dei giocatori ne entrerà in contatto a più riprese e in maniera ancora più continuativa, ma non possiamo sapere che forma avranno tra quattro, cinque o dieci anni. E d’altronde basta osservare i due progetti più conosciuti in ambito gaming per quanto riguarda i metaversi e gli NFT: da una parte Ubisoft con Quartz, piattaforma di scambio di skin numerate ed esclusive, dall’altra gli autori di STALKER 2 con un progetto completamente diverso, basato sull’emettere NFT e far entrare persone umane all’interno del gioco rendendole degli NPC con le loro fattezze. Come non potevamo sapere, ovviamente, che cosa sarebbe diventata Xbox grazie alla guida di Phil Spencer. “These things, they take time”, diceva Gabe Newell. E abbiamo probabilmente tutto il tempo di scoprire come si evolveranno, caro Phil. E non vediamo l’ora di scoprire la tua nuova opinione in merito appunto tra quattro, cinque o dieci anni.

Potete abbracciare la visione di Phil Spencer acquistando Xbox Series S su Amazon.

di Alessandro Adinolfi
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